sabato, dicembre 29, 2007

L'ITALIA DEI PIAGNONI

In queste ore salgono sempre più forti le proteste del tutto prevedibili sia sui risultati espressi dal Governo in carica sia sulla decisione del Consiglio dei Ministri di dar corso alle trattative per cedere (o fondere) Alitalia in Air France - Klm.
Sul primo tema, ai soliti ragli espressi in più toni dagli esponenti dei partiti di opposizione (è il loro mestiere) si sono aggiunti i reiterati tentativi del gruppo cappeggiato dal Senatore Dini tendenti a dimostrare che la maggioranza che sostiene il Governo non c'è più (al Senato).
Ebbene il Senatore Dini sostiene di aver predisposto un suo documento che indicherebbe i punti di un nuovo (?) programma sul quale vi dovrebbe essere la totale convergenza pena il ritiro del suo appoggio (per fortuna che Prodi è ostaggio delle sinistre!).
Nel contempo starebbe cercando di creare un suo gruppo parlamentare ed in tal senso (almeno 10 senatori) sarebbero in corso trattative per attrarre aderenti nei gruppi parlamentari (soprattutto di Forza Italia ) per dar maggior forza alla sua proposta.
Nel frattempo non si tira certo indietro nell'attaccare, come tanti dell'opposione, il Presidente Prodi usando termini da buon toscanaccio che nel resto d'Italia hanno un significato molto più pesante.
Cerca in buona sostanza, o dice di voler cercare, un accordo che consenta alla coalizione di maggioranza di ritrovare maggio forza, consenso ed efficacia (abbiamo perso le precedenti elezioni del 2001, rischiamo di perdere la maggioranza e richieremo di perdere pure le prossime)
ma nel contemo assesta certe picconate attendendosi che il Predisente Prodi porga l'altra guancia.
La sua posizione non è per nulla chiara agli italiani; in taluni casi sembra quasi che tra lui ed il premier ci sia qualche cosa di personale, in altri sembra invece che, non si sa bene per che recondito scopo, faccia di tutto per creare le condizioni per una caduta del Governo.
Infatti non si è capito come il Senatore Dini intenda presentare il suo programma: al Consiglio dei Ministri ? Al vertice dei partiti di maggioranza ? O al Senato contando nel voto favorevole dei senatori dell'opposizione (o sfavorevole di qualche senatore di maggioranza)?
Ed in aggiunta, nel caso lo presenti, possiamo sperare che indichi precise scelte o nonrappresenti invece semplici enunciazioni di principio ?
Sul secondo tema i ragli continuano (a proposito non sento voce da parte del Senatore Dini) ed appaiono in larghe schiere, insospettate, come coloro che tengono all'italianità, quelli che tengono ai lavoratori che potrebbero essere soggetti a riduzioni occupazionali, quelli che si interessano degli effetti economici sugli aereporti, quelli che si riferiscono alla legittimità delle decisioni prese dal Consiglii dei Ministri e dal Ministro dell'economia; a questi si aggiungono ovviamente le reazioni di chi è stato escluso.
Ebbene tutto questo puzza di bruciato da almeno un miglio !
Alitalia che è stata il nostro fiore all'occhiello non può più andare avanti così anche se tutti gli italiani lo volessero, poichè la commissione Ue ce lo proibirebbe; non resta quindi che ricercare la migliore soluzione posibile affinchè da un lato riacquisti solidità e dall'altro continui a prestare servizi di qualità a prezzi concorrenziali (oggi pur con quasi 50 milioni di passeggerri l'anno, più vola più perde ed i biglietti non sono certo leggeri) ulilizzando gli impianti aereoportuali che sono cetamente validi.
Per l'occupazione, purtroppo, già secondo i piani concordati da Alitalia e Sindacati, si prevede un alleggerimento non di poco conto (cica 1700 esuberi da attuare gradulamente).
Conseguentemente l'evenuale acquirente sapeva sin da subito quali erano i vincoli ed obiettivi che la vendita comunque presupponeva.
Questi sono i valori e gli obbiettivi in campo ed in tal senso è stata aperta la gara al mercato ed in quanto tale i pretendenti potevano apparire da qualsiasi angolo della terra per cui chi oggi sostiene l'ialianità è perlomeno in malafede perchè ciò presupporrebbe che sin dall'inizio già si sapeva chi avebbe dovuto vincere la gara.
Di competitori stranieri se ne sono visti molti, ma altrettanto velocemente si sono ritirati e se ben ricordate il Governo, questa estate, fu accusato di aver posto troppi vincoli al negoziato, quasi a voler significare che la messa in vendita era solo una mossa,ma che in realtà non aveva il coraggio per procedere alla vendita.
Resta il fatto che acquisire la compagnia di bandiera presupponeva progetti industriali credibili ed una dotazione finanziaria decisamente solida per rispettare gli interessi del paese.
Sostenere oggi che si va verso una svendita è quindi decisamente strumentale perchè a suo tempo i tentativi di matrimonio furono tentati anche con Klm che ricercava sinergie per potenziare ed apmliare il suo raggio operativo (poi si accasò con Air Frnce) sapendo perfettamente che non avrebbe, anch'essa, avuto futuro se non travalicava i confini nazionali
(ne sa qualche cosa Swiss Air,falllita, ora di proprietà di Lufthansa, mentre per Sabena è stato più facile risollevarsi grazie al traffico passeggeri con i paesi di lingua ispanica).
Per questo avvenne l'incontro con Air France la quale tentò pure l'approccio con la nostra compagnia di bandiera; oggi, visto che purtroppo di validi competitori nazionali non ce ne sono, si ripresenta l'opportunità di entrae nel primo network aereo mondiale, ma escono le "lacrime di coccodrillo" da parte di chi nel recente passato nulla ha fatto e si strappa oggi le vesti temendo che Air France possa considerare un mercato da 50 milioni di clienti come semplice provincia.
E' evidente che i motivi sono altri perchè non è ragionevole pensare che con sano masochismo la compagnia franco olandese ridimensioni questo mercato riducendo i voli intercontinentali da Malpensa solo per il gusto di razionalizzare o ricercare economie di scala che le riducano a sua volta la clientela.
Se anche così fosse esiste sempre la sana concorrenza per cui i clienti del nord italia non resteranno certamente a piedi visto che a Malpensa ci sono scali di altre compagnie per voli transcontinentali.
Conseguentemente non è assolutamente prevedibile che il traffico nei nostri aereoporti possa diminuire anzi, se le politiche dei vettori saranno attente, potrà continuare la sua crescita.
Sono quindi veramente singolari le reazioni e le perplessità anche di amministratori locali ed anche qualche ministro.
Quanto al problema occupazionale è veramente curioso che una parte sia stata bene accolta l'apertura delle trattative (Uil e piloti) mentre altri reagiscono in maniera opposta; che ci sta sotto ?
E' una questione di rappresentanza, o un mettere le mani avanti per evitare che gli accordi presi possano saltare ?
Certo è che più tempo passa e più aumenta il pericolo che il problema occupazionale si acutizzi; quindi se si tratta di contribuire ad un accordo conveniente per le maestranze, nulla da dire, ma se lo scopo invece è quello di far fallire il negoziato ecco che la cosa si potrebbe trasformare in un boomerang perchè poi nessun altro pretendente si sentirebbe tranquillo nel riprendere l' eventuale futura trattativa.
Sulla legittimità, per finire, emerge ancora una volta la strumentalità degli interventi perchè per prima cosa se la tesi che oggi si sostiene e di pura prassi (deve decidere il Parlamento) questo andava detto sin da subito, non solo oggi poichè appare del tutto funzionale al tipo di scelta fatta(se la scelta cadeva su Air One sentivamo la stessa solfa ?).
Quanto alla sostanza (caro On. Maroni) da che pulpito: quando si trattò di Telecom (il sistema fu giusto l'opposto applicato dal governo di centrosinistra) non andava bene come fu fatto , ma quando si è trattato di sistemare il bilancio dello stato con la vendita (e riaffitto) di centinaia di palazzi occupati da ministeri, enti, e strutture locali, come la mettiamo ?
Bastò una indicazione in finanziaria votata dalla vostra maggioranza e il gioco fu fatto(solo che oggi quegli stessi venditori, oggi affittuari, pagano locazioni da capogiro a tal punto che qualche ente ha pensato di ricomprarsi il palazzo dove risiedono i suoi uffici).
Quindi come sempre in italia il macchiavellismo impera e riuscire ad individuare i reali motivi che sostengono la posizione ora dell'uno ora dell'altro rischia di diventare un'impresa ciclopica.
Non resta a questo punto che stare a vedere per quel che conta sono sempre e comunque le decisioni prese e mai quelle che avremmo voluto, se potuto, eventualmente prendere, qualora noi fossimo stati al posto di chi oggi decide (nel bene e nel male)!

giovedì, dicembre 27, 2007

Lettera aperta al Senatore Lamberto Dini

email inviata il 26 dicembre 2007


""Illustre Senatore Dini,
dal suo intervento (ricordando il suo vecchio adagio:" quando la lotta si fa dura...i duri cominciano a giocare!") di oggi su La Stampa può apparire chiaro a tutti che cosa Lei ha in mente: contribuire a cambiare il quadro politico in quanto l'Italia avrebbe bisogno urgentemente di una reale politica economica che il Governo Prodi per sua presunzione non intenderebbe o non vorrebbe attuare.
Ci anticipa pure che la formula sarebbe un governo di larghe intese per fare tutto quello che l'Italia ha bisogno.
Sembrerebbe cioè che la formula migliore sia quella che Lei stesso ha attuato e condotto con maestria dopo la caduta del Governo Berlusconi nel 1994 (se non ricordo male).
Quello che non è per nulla chiaro è quanto ha fatto o non ha fatto in questi ultimi 18 mesi in quanto la sua posizione di dissenso è chiaramente emersa solo dopo la nascita del Partito Democratico ed in occasione delle votazioni di fiducia poste dal Governo in queste ultime settimane.
Lei infatti, ora, attacca a brutto muso Prodi sostenendo che avrebbe la presunzione di essere l'unico a poter governare ora, emettendo nel contempo l'assoluzione sull'operato dell' On. Berlusconi.
Questa posizione infatti non è per nulla chiara all'opinione pubblica perché sostenere, ora, che nell'aprile 2006 avremmo dovuto, senza nemmeno provarci, Lei compreso, accettare la proposta della Cdl di un governo di larghe intese finalizzato a rimettere in sesto lo stato, mi sembra assai azzardato e non tenga in minimo conto di quello che in tutto questo tempo è avvenuto sia sul piano politico che sociale (per carità: errare è umano...).
Berlusconi, da buon oppositore, ha messo sul piatto della politica di tutto e di più: Governo di Larghe intese, elezioni truccare, verifica dei voti, colpo di stato strisciante dei comunisti, pressione fiscale alle stelle, ecc. e nessuno della coalizione dell'Unione ha detto nulla, Lei compreso.
Ribadisco che Berlusconi ha fatto bene l'oppositore, ma attenzione, gridare ogni giorno alla spallate, o al colpo di stato strisciante non ha fatto bene certamente al paese: dire ogni santo giorno che Prodi è alla frutta, che sta per cadere (e questa solfa continua ogni giorno) crea delle percezioni (è di moda ora usare questo termine) nell'opinione pubblica che poi si trasforma nei sondaggi in risultati severi, ma crea anche una attesa sfibrante in tutti,( cambiamenti non se ne vedono) utile ad invelenire soltanto i rapporti.
Le ricordo anche non si governa con i se e i ma e ne nemmeno con i sondaggi (ce lo insegna la Cdl in grave svantaggio nella primavera 2006 e poi si è visto come è finita).
Quanto alla coalizione tutti sapevate che la mediazione all'interno dell'Unione sarebbe stata complessa e defatigante e che comunque qualunque fosse stato il risultato, comunque non avrebbe accontentato tutti anche per la maggioranza al Senato risicata (subito messa ulteriormente in difficoltà con il Sen De Gregorio che, forte del fatto di non avere vincoli di mandato, ha pensato di voltar gabbana) e l'opposizione avrebbe fatto il suo gioco dicendo sempre che qualsiasi soluzione non andava.
Quanto al dissenso interno alla attuale maggioranza nessuno ha avuto mai il coraggio, nemmeno Lei, per senso di responsabilità o per altro mettere il crisi l'attuale governo per cui accusare oggi Prodi di avere retto, di reggere o addirittura di aver spadroneggiato come denuncia ora Lei, mi sembra francamente scorretto politicamente.
Ora Lei si propone, (e ne ha tutto il diritto) di perseguire il progetto di Governo di Larghe intese e se questo è realmente attuabile, non penso proprio che il Prof. Prodi non ne voglia prendere atto; caso mai ho dei riveriti dubbi che questo si possa attuare proprio perché i contenuti che Lei si ripropone di attuare sono molto più distanti dalle opinioni e prospettive politiche della attuale opposizione che da quelle della restante attuale maggioranza.
Lei sostiene che la politica economica si sviluppa meglio attuando rigorose politiche di contenimento della spesa piuttosto che promettere (specchietti per le allodole) la riduzione della pressione Irpef sui redditi dei lavoratori dipendenti sino a 40 mila euro: bene, su questo voglio vedere come i partiti dell'opposizione si atteggerebbero visto che il loro cavallo di battaglia è meno spese=meno tasse (la sua strategia è invece meno spese per ridurre il debito e poi, in futuro, ridisegnare le aliquote irpef, visto che quelle Irpeg sono già al 29%)!
Sulle riforme costituzionali ed istituzionali come pensa di sviluppare l'azione di cambiamento ?
Lei è proprio convinto che in un cotanto governo, Fi in particolare, si vorrebbero modifiche che consentano effettivamente la miglior governabilità del paese, lo snellimento delle procedure di voto con doppio passaggio (la finanziaria occupa ogni anno circa 4 mesi di lavoro) o la modifica dei regolamenti parlamentari ?
Spero, come uomo accorto quale appare, abbia fatto le opportune verifiche perché le aspirazioni del Cavalier Berlusconi sembrano andare in altra direzione cosi riassumibile: " prima Prodi a casa e poi si discute!"
La sua aspirazione (di Berlusconi), del tutto legittima, è quella di ritornare in sella, ma il passato governo, anch'esso, ha preso la situazione economica per congiunturale anziché strutturale, e si è visto il risultato.
Quanto all'andamento economico del paese penso occorra far chiarezza e non giocare sui distinguo o sulle informazioni ad approssimazione successiva; gli italiani oltre che riscontrare l'andamento dell'economia sulle proprie spalle che hanno però sopportabilità riverse non hanno nessuna indicazione chiara di come vanno realmente le cose; si debbono fidare solo delle informazioni dei media, ma sfido Lei a capirci qualche cosa!
Ne vuole un esempio? L'inflazione è più bassa in Italia, ma il pil cresce meno che nel resto d'Europa; l'esport italiano, nonstante l'apprezzamento dell'euro, supera quello del Regno Unito e sopravanza di gran lunga quello spagnolo (mentre il pil pro capite spagnolo supera quello italiano); le famiglie italiane non arrivano alla terza settimana, ma basta lo sciopero degli autotrasportatori ed ecco che vuotano, per precauzione, i negozi, oppure ci informano ben che 15 milioni di italiani sono in viaggio per Natale e tre milioni passeranno le feste all'estero !!
L'ultima chicca è la tirata d'orecchie della Ue alla legge finanziaria 2007 immediatamente smentita dalla Ue stessa !
Si sono proposte liberalizzazioni di tutti i tipi, ma poi tutti si inc....no perché non deve toccare a loro, ma agli altri.
Anche ora che si sta decidendo sul destino di Alitalia ne vedremo delle belle perché ci informeranno solo dei più scontenti, non delle migliori motivazioni che sottendono alla scelta!
A chi credere quindi ?
Egregio Senatore lasci perdere quindi le assoluzioni e le condanne, ma se ha filo tessa la sua tela, con chiarezza però.
Non penso proprio che se Lei ha contributi interessanti ed importanti da proporre, i partiti della coalizione della attuale maggioranza non la stiano ad ascoltare (anche la sinistra a suo tempo non l'ha certo snobbata) ed abbia il coraggio di portarle al vertice di maggioranza il 10 di gennaio per migliorare la sua efficienza ed efficacia (chi si estrania dalla lotta...).
Non è piaciuto a molti il tono dei suoi ultimi interventi con terminologia molto simile a quella giornalmente udita da altri pulpiti, al punto che molta opinione pubblica non ha ancora capito dove vuol andare a parare !
Vedremo gli sviluppi imminenti(?) futuri.
Distinti saluti.
""

domenica, dicembre 23, 2007

ALITALIA IN DECOLLO ?

Ci risiamo !
Anche sul rilancio della compagnia di bandiera attraverso la sua completa privatizzazione cominciano i minuetti tra maggioranza ed opposizione ed anche all'interno della maggioranza per la scelta del migliore partner a cui cedere Alitalia.
La storia non ci ha ancora insegnato nulla: nella privatizzazione di Telecom infatti tutti hanno in più riprese attaccato il governo per le scelte fatte, ma non c'è nessuno che abbia sottolineato il modo in cui la compagnia telefonica sia stata acquisita.
L'acquisto è avvenuto essenzialmente utilizzando la leva finanziaria, crescente ogni volta che passava di mano; conclusioni: la redditività riusciva a malapena a rimborsare interessi e quote di debito per cui sono venue a mancare le risorse per lo sviluppo della compagnia in un mercato sempre più competitivo , se non procedendo ad un'opera di dimagrimento (attuata con la conduzione Pirelli).
Alla fine, dopo tante schermaglie a livello politico (ricordate il Caso Roversi) e tanti niet ad imprenditori venuti da molto lontano (vi rendete conto dal Messico) ecco la soluzione con Telefonica,compagnia molto più giovane,che in poco tempo ha raggiunto una capitalizzazione di borsa 2,5 volte più grande di Telecom.
Per la verità l'operazione non è ancora conclusa perchè in questa fase le banche italiane ci hanno messo una pezza subentrando ai soci che volevano fare impresa senza rischiare mezzi propri.
La tanto agognata italianità si è scolorita perchè quel che conta sono gli indici economici,finanziari e patrimoniali attorno ai quali girano gli interessi sociali (dipendenti) e commerciali (clienti) ai quali interessa la sostanza, non la proprietà (Omnitel, pur essendo il secondo gestore nazionale è passata a Vodafone senza alcuna levata di scudi).
Ed ora tutti questi giri di valzer ricominciano con Alitalia sul ui destino il ceto politico italiano (senza distinzioni di sorta) negli ultimi 15 anni non ha saputo far di meglio che dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, ma rinunciando al suo vero rilancio (come avrà fatto Airfrance che nei primi anni novanta era nella stessa situazione di Alitalia oggi, a diventare la prima compagnia a livello mondiale ?).
Si è vivacchiato per anni non proponendo e realizzando un vero piano di rilancio, preferendo accontentare un po tutti, ma non accontentando nessuno a tal punto che una delle espressioni del boom italiano si è ripiegata sempre più in se stessa sino ad arrivare, comunque alla cessione a privati a condizioni che non possono comunque soddisfarci.
La colpa è comunque nostra perchè pretenderemmo di vendere a prezzi e soluzioni folli un palazzo al quale non abbiamo mai messo mano.
Questa storia infinita della privatizzazione che si trascina da mesi ha viso fuggire (per fortuna) acquirenti che, quelli si (a parte forse Luftansa) avrebbero fatto sparire la compagnia integrandola in pocessi poco chiari e lontani.
Sono ora rimasti due competitori e deve vincere quello più forte, che da sicurezza su alcuni aspetti importanti (occupazione, marchio, scali, ecc) e che presenti un piano industriale convincente, sostenuto finanziariamente in primo luogo dalla sua forza implicita, non dalla sua capacità di ottenere credito.
Sollevare ora problemi sulla italianità sembra cosa veramente folle: andava detto prima che non si volevano acquirenti stranieri (ma non si poteva in rispetto al libero mercato).
Per l'occupazione poi si sono già concordati piani di riduzione del personale; ora riproporre il problema quando viene assicurato che verranno mantenuti gli impegni presi che cosa vuol significare ? Ripiantare la bandierina a testimonianza del proprio impegno dimenticando che se questa posizione crerà intralci i rischi occupazionali saranno ancora più ampi ?
E' vero che è importante gestire le problematiche di chi già lavora, ma un pensiero ad un futuro incremento di posti di lavoro legato al rilancio della società, chi ci pensa ?
Naturalmente un'opposizione che si rispetti deve per forza farsi sentire; ed ecco che il Presidente della Regione Lombardia monta sulla sedia, quello della Lega minaccia mobilitazione per le strade, gli altri sono sulla stessa lunghezza d'onda per influenzare il Governo che nicchia ancora perchè anche al suo interno non c'è timore di sbagliare, bensi esistono forze che tirano indietro non si sa bene per quali reali motivi.
Nn credo infatti che le posizioni espresse contro la scelta indicata, badate bene, dal Cda di Alitalia (gli amministratori hanno dato la preferenza all'offerta di Airfrance sulla quale occorre lavorare per mettere nero su bianco)da parte dei partiti siano nell'interesse del loro elettorato, ma nell'interesse del loro peso politico, nella capacità di condizionare (o mettere in difficoltà) la scena politica o la maggioranza.
Ma fin qui poco male; occorre però che le scelte si trasformino in miglioramenti per la collettività siano essi lavoratori del settore, clienti, turisti, imprenditori che utilizzano Alitalia o che servono il modo del trasporto aereo; intendo dire che se ci deve essere battaglia questa deve in modo inequivocabile portare dei miglioramenti ulteriori e non a scelte raffazzonate o sostenute finanziariamente in modo poco armonico.
Poco importa a noi tutti a chi fa capo la proprietà, ma importa invece moltissimo la qualità del servizio, i prezzi, le possibilità di volo ed in questo senso integrare Alitalia nella prima compagnia mondiale dovrebbe dare migliori garanzie rispetto a quelle che, purtoppo, solo Air One è riuscita a mettere in campo.
L'imprenditoria italiana non ha saputo, voluto o potuto impegnarsi adeguatamente in questa opportunità (forse perchè non ha adeguata esperienza nel settore o non ha capitali adeguati da investire); peccato veramente, ma nonostante l'impegno messo da Air One, è obbiettivamente migliore (perchè più solido) quello di Airfrance-Klm e se siamo onesti con noi stessi dobbiamo saper accettare la soluzione migliore, no quella più conveniente (per noi).
Speriamo che queste festività imminenti facciano rinsavire un pò tutti e che questa storia infinita
finisca con logica strettamente economica; diversamente si rischia un pateracchio che ci potrà scoppiare fra le mani fra qualche anno (proprio come è avvenuto con Telecom).

domenica, dicembre 09, 2007

EVOLUZIONI (E INVOLUZIONI) DELLA SINISTRA ITALIANA

Partendo per semplicità di analisi storica dal 18 aprile 1948 la sinistra italiana, costituita da Pci e Psi, ha patito per molti anni per una posizione politica che pur forte per ruolo politico, per iscritti e riscontri elettorali, le precludeva la possibilità, comunque, di competere per il governo del paese; le era consentito, in buona sostanza, soltanto il governo amministrativo locale, ove ne avesse la capacità politica ed elettorale per poterlo fare (regioni rosse).

Sul piano politico sia Pci che Psi erano partiti sostanzialmente classisti, ma pur rappresentando una buona fetta della classe operaia non la rappresentavano comunque totalmente poichè anche il principale partito di governo, la Dc, ne rappresentava una parte di tutto rispetto; inoltre anche altri partiti, più interclassisti, avevano riferimenti in questa grande classe che rappresentava, nel mondo economico e sociale, oltre il 70% del lavoro dipendente ed il 50% di tutto il mondo del lavoro.

Dal 1948 la sinistra italiana ha ricominciato ad accumulare consensi crescenti sino a che nel 1963 sorse il primo governo di centrosinistra, dove la Dc cominciò a governare con coalizioni alle quali partecipò soltanto il Psi; il Pci continuò il suo ruolo di opposizione pur contando su un riscontro elettorale di tutto rispetto (circa un quinto), ma escluso comunque da qualsiasi possibilità di creare alleanze che gli permettessero di alternarsi alla maggioranza di allora, che come oggi, presentava un folto gruppo di partiti.

Il balzo in avanti avvenne con la Segreteria di Enrico Berlinguer che capì la necessità di superare il concetto di partito egemone della classe operaia perché anni di lotte condotte nelle fabbriche non avevano dato adeguati riscontri: in buona sostanza il ruolo egemone del Pci era fuori discussione, ma incrementi determinanti sul piano elettorale, a livello nazionale, non se ne vedevano, ne se sarebbero potuti prevedere.

L'apertura quindi a tutto il mondo del lavoro, anche quello intellettuale (dipendente o autonomo), portò ad un incremento significativo, anzi portò sul piano politico ad una serie di aggregazioni con partiti più piccoli (Psiup) o del rientro (dal Psi) nel partito di molti ex comunisti, usciti nel 1956 con i fatti di Ungheria.

A prescindere che questo cambiamento fosse frutto del nuovo disegno politico costituito dal "compromesso storico", resta il fatto che sin dagli iscritti al Pci, si poteva riscontrare che anche impiegati, intellettuali, artisti, studenti trovavano convergenza sotto la linea politica del partito che alle europee del 1984 raggiunse i massimo storico di consensi elettorali (un terzo).

Il Pci non era più un partito di classe, di lotta e di opposizione, ma si stava trasformando in partito interclassista e con chiare aspirazioni di governo impedite soltanto dalla "convenzio ad escludendum" sostanzialmente imposta dal "patto atlantico" ed dalla divisione in blocchi decisa a Yalta da Usa, Urss e Regno Unito.

La genialità politica di Berlinguer, assecondata dal partito, anche dalle componenti più scettiche, sta proprio in questo: allargare i consensi e su questi innestare l'ideologia marxista che trovava attuazione in una politica che coinvolgesse e rispondesse alle aspettative di più classi sociali e quindi maggior peso politico per l'aggregazione così ottenuta.

Le novità politiche e sociali successive avvenute negli anni a seguire hanno imposto ulteriori evoluzioni del partito: la società economica era sempre meno statica, sempre più dinamica con le grandi fabbriche che diventavano sempre più piccole, la crescita consistente della piccola media industria, la nascita di nuove professioni, arti e mestieri, la tecnologia applicata, l'informatica per cui la società è divenuta sempre più articolata, frastagliata, con la nascita di nuovi bisogni e la morte di altri.

La divisione in blocchi del mondo è scomparsa con la liquefazione dell' Urss per cui anche nella comunità italiana avevano sempre minor peso le ideologie e sempre di più le politiche: le progressiste da un lato e quelle conservatrici dall'altro.

Ed ecco che il Pci (il Psi aveva da tempo imboccato una strada evolutiva più liberista) si prepara ad un altro cambiamento più aderente ai tempi ed accelerato dallo scandalo di "mani pulite" il quale portò alla disgregazione di molti dei partiti storici che avevano governato dal 1948.

Con la svolta della Bolognina nasce il Pds, nasce la sinistra, non più rigorosamente marxista, che si popone di aggregare tutte le componenti progressiste, tutte le classi sociali, e non più e soltanto, quella operaia a tal punto che convergo anche esponenti ed iscritti della sinistra extra parlamentare (operaisti).

Nello stesso tempo però, mentre nasce dal nulla il partito di Berlusconi (forse suggerito da quegli esponenti messi fuori gioco dallo scandalo del 1992), ecco che invece comincia la stagione delle diaspore: i nostalgici della sinistra dura e pura, con mille distinguo se ne escono per formare nuove entità partitiche.

Il percorso ideale ipotizzato nel 1970 (cioè quello che prevedeva la nascita di nuove classi sociali con il ridimensionamento implicito di quella operaia) comincia ad infrangersi perché da un lato si vuol spingere per sviluppare politiche progressiste e di sinistra che coinvolgano le necessità e le aspettative della maggioranza possibile degli italiani, mentre dall'altra, attorno a specifiche strategie emergono linee politiche collaterali (non necessariamente avverse) che cominciano a indebolire e polverizzare non solo lo schieramento di sinistra.

Nel momento storico in cui emergono nuovi soggetti politici che obbiettivamente sono sottovalutati (Fi) o riacquistano vigore e consensi partiti rimasti nell'angolo per decenni (An) ecco che la sinistra non trova di meglio che, sull'onda dei distinguo, scindersi, non essendo in grado di trovare una convergenza che consenta comunque di mantenere le varie identità (anche nel vecchio Pci esistevano le componenti).

La sinistra italiana non si guarda nemmeno intorno ( o se lo fa, lo fa con disinteresse o sufficienza): i partiti comunisti portoghese,francese e spagnolo spariscono, mentre rimontano i partiti socialisti con politiche progressiste e il partito laburista in Gran Bretagna ritorna al governo (pur mantenendo al suo interno anche le componenti trozkiste)e le nuove iniziative come quella della fondazione del Partito Democratico creano nuove scissioni: troppo spostato al centro si dice.

Ma anche qui è forse più la necessità di mantenere la stretta identità con i padri, che la volontà di sviluppare politiche, non progetti, reali ed soddisfacenti.

Parlare quindi di componente di centro nel Pd appare sempre più una scusa che un reale pericolo; nel nuovo partito oltre a quelle ex marxiste o ex comuniste ci sono le componenti cattoliche di sinistra che hanno sempre guardato con occhio benevolo quelle cattoliche comuniste del vecchio Pci; ci sono ex radicali, ex verdi per cui l'identità di sinistra del partito non rischia di essere affievolita.

Pare comunque che questa fase involutiva sia in via di superamento, non certo con il rientro nel nuovo partito dei transfughi (come avvenne durante la segreteria Berlinguer nel Pci), ma con una fase di riaggregazione tra ben quattro partiti di sinistra (il Psi fortemente ridimensionato sembra voler rimanere solitario nella coalizione dei partiti di maggioranza parlamentare).

Affermare che questo evento sia il riconoscimento, implicito, di errori commessi al momento delle diaspore sarebbe ingeneroso, ma è fuor di dubbio che non sta avvenendo per nulla quello che ha preceduto la nascita del Pd: siamo ancora alla fase della confederazione, non alla nascita di un nuovo partito che, compatto, costituisca una entità di sinistra "alternativa".

Sembrerebbe più una operazione di aggregazione in funzione di nuovi e prossimi cambiamenti della legge elettorale, più una operazione con prospettive da utilizzare ai prossimi (imminenti ?) confronti elettorali che il tentativo di verificare convergenze politiche che portino alla fusione ed alla creazione di un programma politico da mettere sul piatto della scena politica italiana.

Certamente il primo innegabile vantaggio sarebbe la semplificazione dello schieramento dei partiti progressisti, ma sono le linee politiche che si possono (tatticamente e strategicamente) realizzare che contano, e soprattutto la rispondenza sul piano elettorale (e quindi di rappresentanza) che si possono conseguire, nonchè - e non ultima - la stretta correlazione con le esigenze dei vari settori della società italiana .

I veti ideologici sono, sembra, caduti definitivamente; tutto sta ora in chi ha più filo per tessere la migliore tela dello sviluppo economico e sociale del paese.

domenica, dicembre 02, 2007

Partito Democratico e Walter Veltroni: prospettive

Il Partito Democratico comincia i suoi primi passi, guidato del segretario , e occorre quindi prestare molta attenzione su le azioni che si stanno sviluppando in questi giorni.
Concentrarsi quindi solo e soltanto sul modo in qui questo partito è nato (ed è stato nominato il suo segretario) può essere solo una analisi teorica perchè ha poca importanza se si è trattato di una "fusione fredda" o se era tutto predisposto sul nome che sarebbe uscito come segretario.
Conta molto di più analizzare invece fatti sui quali il partito potrà dimostrare o meno spessore politico e capacità di aggregazione nell'arco della coalizione di maggioranza che oggi governa il paese.
Il progetto, in gestazione da molti anni, di veder confluire nel nuovo soggetto per prima cosa il partito della Margherita e dei Democratici di Sinistra ha chiaramente indicato che questa operazione ha lo scopo di cercare di evolvere il quadro politico perchè i fatti, nella seconda Repubblica, hanno dimostrato che il sistema bipolare, che pur va mantenuto, sta mostrando i suoi limiti, sensa chiari vincitori e vinti; pertanto lo sviluppo del governo in carica - pro tempore - è a sua volta limitato ed i progetti conseguenti che son chiari in teoria, poi nella pratica arrancano e trovano minor attuazione.
Le prove "di volo" sono iniziate in questa legislatura già con i gruppi unici, di Margherita e Ds, al Senato e alla Camera e bisogna riconoscere che sono stati elemento di forte stabilità della coalizione pe cui traslare questo modello in un nuovo partito appare, quasi vasi di compensazione alle forse centrifughe che oggettivamente rendevano ancor più fragile la coalizione di maggioranza.
Walter Veltroni, in questo quadro politico, ha cominciato la sua azione che deriva o deriverebbe dal mandato ricevuto; è questo il terrreno sul quale si deve misurare affinchè il nuovo partito dia il suo apporto al quadro politico ben sapendo che il riscontro obiettivo di questa azione verrà sia dal livello di apprezzamento da parte degli altri partiti della coalizione, sia dal riscontro elettorale che sino ad oggi avverrà nella primavera 2009 alle elezioni europee.
In questo contesto le disponibilità al confronto affermate dai principali partiti dell'opposizion di centrodestra andavano verificate non lasciando nulla di intentato; nello stesso tempo questo non significa che si sia voluto tagliare fuori dal dibattito e dal confronto i partiti del centrosinistra.
Innanzitutto perchè i temi trattati sono proposte di cambiamenti elettorali, costituzionali e parlamentari (regolamenti) che in via di principio debbono coinvolgere la maggioranza del Parlamento; al riguardo poi i partiti del centrosinistra già hanno affrontato in parte questi temi predisponendo bozze di disegni di legge, mentre sugli altri hanno lasciato trapelare solo modeste considerazioni su temi sul tappeto.
In questo senso l'iniziativa di Veltroni può aprire nuovi orizzonti costringendo l'opposizione e Fi in particolare a confrontarsi su queste tematiche; nel contempo, se non si da seguito ad un dibattito complessivo anche all'interno della magioranza, vi è il rischio che questo vantaggio iniziale possa procurare divisioni al suo interno.
Nella settimana trascorsa gli incontri hanno registrato risposte in effetti disarticolate nel senso che alcune trovano una certa convergenza, menre altre sono in parziale disaccordo, altre infine molto scettiche visti i tempi ristretti che ci separano dal referendum o al fatto che circolano notizie, ma non fatti.
A completamento del quadro occorre evidenziare che Fi, o meglio Berlusconi, da un lato ha rilasciato dichiarazioni di apprezzamento, ma subito dopo, c'era da aspettarsela, insiste all' interno della sua disgregata coalizione proponendo nuovi gazebo uniti all'invito a ricoalizzarsi; inoltre, anche se con tono minore, rispolvera slogan cantati sino all'altro giorno relativi alla tenuta della maggioranza (implosione?), alla necessità di cambiare l'esecutivo con nuove elezioni (ritornello peraltro recitato anche da An, Ud e Lega), o alle maggioranze bulgare emerse dai sondaggi (che ridurrebbero a minimi insignificanti l'apprezzamento della attuale coalizione di maggioranza ed assegnerebbero apprezzamenti enormi prevalentemente a Berlusconi).
Questo atteggiamento ondivago non è certamente frutto di incertezza da parte del Cavaliere sulla straegia da seguire, ma è un percorso, molto articolato, tendente da un lato a rafforzare il partito da lui creato riassorbendo le allenze con Udc, An e Lega e dall'altro cercare di dividere il fronte opposto, vista la sua composizione assai articolata.
A questo punto conta molto la velocità da parte dei partiti della maggioranza, Pd in primis, a realizzare una covergenza su i temi progettati da Veltroni, riproponendoli a quei partiti dell'opposizione che già li stanno apprezzando (Lega, Udc ed in parte An) sfruttando quindi la divisione che in questo schieramento risulta a tutti molto marcata (molto più che in quella opposta di centrosinistra), tagliando l'erba sotto i piedi a Berlusconi costringendolo quindi a scelgliere una sola strada molti piu lineare.
Staremo a vedere