venerdì, agosto 19, 2011

GOVERNI E MERCATI

Sono ormai diversi mesi che i Mercati ci danno indicazioni chiare sulle prospettive finanziarie ed economiche del Mondo e nonostante i fatti di crisi finanziaria che si sono verificati negli anni scorsi - trasformatisi puntualmente in crisi economica - i Governi, tutti i governi hanno cercato di schivare per quanto era possibile operazioni di intervento politico che avrebbero certamente creato parecchi scontenti, ma avrebbero dato, a loro volta risposte chiare e decise ai Mercati.
Forse l'unico sono stati gli Usa dove Barak Obama ha cercato di usare la leva del debito dello stato per cercare di raddrizzare quella economia, che ricordo è la prima al mondo, ma poi il percorso non si è completato perchè con le elezioni di middle terms si sono rovesciati gli equilibri politici tra repubblicani e democratici, ridando in mano il "boccino" ai primi.
La situazione è in questi giorni ancora più drammatica e chiara poichè riscontriamo una depressione quasi generalizzata dei Mercati (che non escudono però operazioni fantastiche come quelle di Google su Motorola), i Pil dei principali stati che si arrestano o rallentano vistosamente e i debiti dei vari paesi che influscono sui rispettivi Pil, a prescindere dal rapporto con i Pil medesimi.
Intendo dire cioè che le incertezze prodotte dai tanti debiti sovrani esulano dalla loro entità tanto che rischiano di andare in crisi, o sono andati in crisi economica e finanziaria, non solo economie fragili come Grecia e Portogallo, ma ora anche Spagna ed Italia e si preannunciano problematiche da non sottovalutare anche per stati come Francia e Germania dove il debito di stato è certo più ampio del passato, ma largamente al di sotto all'ammontare dei rispettivi Pil.
I Mercati si muovono verso posizioni altamente recessive perchè rilevano che la crescita dei rispettivi Pil si sta arrestando anche in quei paesi ad alta crescita come la Germania, ma il fenomeno si sta estendendo anche agli stati emergenti come il Brasile, l'India e la Cina.
Questi stati possono sempre meno competere sui mercati internazionali giocando sulle enormi differenze economiche interne, poichè se i paesi storici si fermano nella crescita e nei consumi, si
ferma pure sia il loro export che l'import, enorme, dei paesi appunto emergenti.
Certo la Cina si è cercata nuovi mercati come quelli africani (impianti e infrastrutture contro materie prime) per cui riesce a sostituire i consumi dei paesi più maturi, ma poi se non crescono adeguatamente anche le economie africane, il "cavallo" continuerà a ber poco.
Tutti questi fatti i Mercati li registrano e li trasformano in fatti, distogliendo risorse dagli stati o dai settori produttivi che, ad oggi, non sembrano più dare vantaggi finanziari e nello stesso tempo, comprendendo bene che la crescita di molti paesi - pur solidi - nel prossimo decennio non potrà essere robusta, accettano di finanziare i loro debito a tassi decisamente modesti: la Germania al 2,3%, gli Usa poco sotto il 2%, il Giappone all'1% !
Occorre dire poi che questi crolli ripetuti dei vari Mercati sono segnali certamente preoccupanti, ma occorre aggiungere che le depressioni dei Mercati stessi registrano il trasferimento di finanza da chi vende a chi compra a prezzi decrescenti, per cui le convenienze devono necessariamente esistere poichè la Finanza globale non può essere stata colpita improvvisamente da follia irreversibile.
Caso mai c'è da domandarsi quanto di questo sconvolgimento dei Mercati dipenda effettivamente dalla convinzione da parte dei vari operatori di prospettive recessive che impongono la liquidazione delle posizioni (a favore, si badi bene, di chi è altrettanto disposto ad accollarsele a minor prezzo) e quanto invece non dipenda da anomalie di Sistema che creano differenze tali da accentuare le proprie scelte di vendita o di acquisto.
Mi spiego: se a puro titolo d'esempio il titolo Fiat crolla nelle Borse, questo potrebbe dipendere dal fatto che pur avendo sostanzialmente completato l'integrazione con Chrysler, per produzione e gamma di modelli nuovi e vecchi, il fatto che gli Usa e l' Italia non crescano come atteso o auspicato, questo può significare una minor entità dei consumi e quindi degli acquisti di autovetture, con riverberi negativi su Fiat stessa.
Ma se a questi fatti inconfutabili, che possono mutare per nuove o diverse situazioni di mercato in modo anche assai veloce, si aggiungono diversità di tassazione sulle rendite finanziarie o addirittura dei cambiamenti delle stesse, ecco che le scelte di vendita e di acquisto non sono più soltanto legate a fattori commerciali e produttivi, ma ad elementi di disparità finanziaria che influenzano negativamente il Mercato stesso.
Altro esempio: se in Italia si decide la tassazione delle rendite finanziarie dal 12,5 al 20% questo deve avvenire su qualsiasi titolo in circolazione nel nostro paese, oltre che sui capital gains; se si fanno invece operazioni parziali - con aliquote diverse quindi - queste creano disparità di trattamento fiscale ingenerando attrazioni di investimento non valutando o valutando meno la rischiosità dell'emittente, ma semplicemente la diversa tassazione delle cedole maturate !
Ancora: l'ipotesi studiata da Angela Merkel e Nicola Sarkosy per l'introduzione della "Tobin tax" ( stiamo parlando di 1 dollaro ogni mille di valore della transazione soggetta da dividere tra le parti, del tutto paragonabile alla commissione di borsa) ha contribuito a creare turbolenza sul mercato, perchè se introdotta non è ancora chiaro per che finalità e soprattutto non è chiara l'area di applicazione.
E questo mezzo cataclisma isterico si muove ,mentre si sta studiando di unificare le piazze borsistiche di Hong Kong e Shangai, il che significa una grossa riduzione del numero delle piazze finanziarie!
Su questi aspetti, che non sono di poco conto, non sono certo i Mercati che possono dettar legge, ma sono i governi a dover, insieme e coraggiosamente, spuntare le unghie a questo tipo di speculazione che è la più deleteria e negativa.
Gli Usa, con Barak Obama, dovrebbero per parte loro, prendere il coraggio a due mani e tagliare le diversità abissali che esistono nel Fisco americano (Warren Buffet docet !) perchè i fatti stanno dimostrando al mondo (e quindi anche a noi) che non è assolutamente vero che la bassa pressione fiscale favorisca la crescita: la ricchezza e i grandi patrimoni si muovono in modo del tutto autonomo rispetto all'andamento economico e finanziario dello stato in cui sono posizionati.
Le risorse così ottenute andrebbero però sempre utilizzate con attenzione e realismo per la crescita degli Usa, fermo restando che non è accettabile che i possessori dei grandi patrimoni debbano recriminare sul fatto che queste risorse possano essere utilizzate anche per dare assistenza sanitaria alle classi meno abbienti.
Ma venendo all'Europa, anche qui, le scelte vanno fatte con coraggio sia studiando la trasformazione coraggiosa dei vari debiti sovrani in un unico debito europeo (eurobond) sia imponendo agli stati aderenti operazioni coerenti, per modernizzare gli stati, per economizzare e efficentare l'apparato statale, sia sciogliendo, con azioni coraggiose, le tante contraddizioni che appesantiscono alcuni stati come l'Italia.
L'Europa ha una unica banca, la Bce, ma deve trovare il coraggio per avere una unica politica sul lavoro e sull'impresa, tenendo conto delle particolarità economiche di stati e distretti; si è fatto il primo grande passo della moneta unica ormai da 10 anni, ma poi i passi conseguenti sono rimasti nel limbo, e queste nostre debolezze il Mercati le sanno riconoscere e le sanno tenere in debita considerazione, sfruttando i punti deboli.
Abbiamo situazioni da un lato paradossali come il Belgio, colpito da un immobilismo politico da oltre un anno, per cui con un governo di ordinaria amministrazione, abbiamo addirittura un'economia che gira ed il debito statale che cala; dall'altro abbiamo Francia e soprattutto Germania che dovrebbero essere (con l'Italia) i veri battistrada dell'economia e della finanza europea che si vedono ridotti sempre più i loro vantaggi competitivi: in un batter d'occhio la Germania che cresceva con ritmi "asiatici" si è improvvisamente fermata: per forza se il mondo si ferma o frena non è più in grado di consumare come un tempo ed importare dagli stati a forte e storica vocazione industriale.
L'Italia infine è quella sempre in mezzo al guado, quella che vorrebbe e saprebbe fare come ha dimostrato in pochi anni per entrare nell'euro, ma poi le scelte conseguenti sono sempre raffazzonate, ibride, cercando, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, di accontentare tutti, riuscendo però alla fine a scontentare un tutti.
Le manovre da decine di miliardi di euro piovono come noccioline, ma poi di risultati se ne vedono ben pochi e miserelli.
Anche la manovra in discussione dal 13 agosto per come è impostata e per come si prannunciano i numerosi emendamenti, rischierà di essere ancora una volta un bel compitino, ma senza risultati apprezzabili e segnali chiari al mondi ed ai Mercati che evidenzino che il vento è veramente cambiato.
Continuiamo a dire, soprattutto dalla nascita della seconda repubblica, che abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi e che abbiamo ipotecato il futuro delle nostre generazioni a venire: è vero perchè un tempo c'era la reale speranza di un futuro di lavoro sino alla pensione, mentre ora le incertezze cominciano molto spesso sin dal primo giorno di lavoro.
La seconda repubblica ha detto e fatto tante promesse, ma nei fatti il debito dello stato non si è nemmeno arrestato (forse solo nella stagione delle grandi liberalizzazioni) e nulla si fa per bloccarlo e cominciare progressivamente a ridurlo: risulta molto più comodo muovere un di leve, di titoli del bilancio statale, per mirare al suo pareggio, facendo finta che basti soltanto ridurre ad un filo il flusso d'acqua, ma dimenticando però che occorre un bel tappo affinchè quel poco liquido non vada disperso !
Si sta a ragionare, discutere e baruffare sulla migliore soluzione su piccoli capitoli di spesa o di entrate, ma nessuno ha il coraggio di far chiedere allo Stato, con equità a tutti di accollarsi con continuità un pezzetto del debito che tutti abbiamo contribuito a generare (senon noi chi ci ha preceduto).
Finalmente si pensa di tassare le rendite finanziarie al 20%, ma già qui cominciano i distiguo relativamente alla tassazione dei titoli di stato; lo dicevo prima in altri esempi: nulla di più sbagliato perchè con le differenze si creano le speculazioni e si differenziano i costi di provvista degli emittenti.
Per di più sarebbe diseducativo continuare a tassare in modo differenziato, premiando le rendite finanziarie al 12,5% che è la metà della tassazione delle rendite immobiliari e ancor di meno della tassazione del lavoro e dell'impresa.
Con i suoi titoli lo Stato tiene a galla l'apparato, ma con quelli emessi dalle banche queste tengono a galla l'economia e se si favoriscono vantaggi fiscali, come rovescio della medaglia si appesantisce il sostegno alla economia, visto che si ragionerebbe in termine di tassi netti e non lordi !
Intendo dire che con un differenziale di tassazione di 7,5 punti verrebbero penalizzate le obbligazioni bancarie che dovrebbero avere un tasso nominale più alto (per avere una rendita netta pari a quella dei titoli di stato) con conseguente aumento dei tassi di prestito a imprese e famiglie e minor accesso al credito.
Si parla di evasione e di grandi ricchezze: ebbene se si vuole avere il coraggio di tassare le grandi ricchezze (o meglio ancora una patrimoniale progressiva e generalizzata) destinando queste risorse al progressivo abbattimento del debito sovrano, bisogna avere il coraggio di far pagare il giusto agli evasori di modo che non ci siano scusanti per nessuno: chi ha grandi patrimoni paga la sua parte, mentre chi evade, ravvedendosi, paghi quel che avrebbe pagato se non avesse evaso.
Ciò vale ben inteso per gli scudi fiscali passati (ai grandi tecnici del ministero dell'Economia o del Parlamento tanto abili nelle leggi ad personam il compito delicato per trovare la soluzione giuridicamente inataccabile), mentre gli attuali evasori vanno perseguiti senza misericordia.
Intendiamoci non si tratta di pura rivalsa, ma di riportare allo Stato quello che gli è stato sottratto per di più in modo irriconoscente; peraltro le iniziative sulle tracciabilità introdotte già nel Secondo Governo Prodi ( disinnescate prontamente dal successivo Governo Berlusconi quater) non sono sinonimo di "stato di polizia", ma sono un modesto scopiazzamento delle regole vigenti da tempo negli Usa, dove chi tratta denaro contante viene visto come il fumo negli occhi.
Rammento infatti che nel 1973 (quando un buon stipendio era di 175 mila lire, un litro di benzina costava 165 lire ed il debito dello stato era il 55,1% del Pil) la riforma fiscale del Ministro Vesentini introdusse l'Irpef che come aliquota minima faceva il 10% e quella massima faceva il 72%; ebbene l'Italia di allora non era certo un paese povero (anche se imminente sarebbe giunta la prima grande crisi petrolifera che cominciò ad inguaiarci), ciò non di meno con una serie progressiva di nuove leggi tributarie siamo arrivati in circa 40 anni ad un Irpef calata di 30 punti nel suo massimo e cresciuta di 13 nel suo minimo (al di la dei "giochi" delle deduzioni detrazioni).
Pur con questa operazione di diminuzione della progressività fiscale si è avuto il bel risulato di incrementare il debito dello stato e di incrementare l'evasione fiscale; questo sta a dimostrare che le campagne velleitarie del "meno tasse per tutti" oltre che irrealizzabile è una colossale bufala, visto che nella realtà non accenna a diminuire .
E' la stessa cosa degli Usa dove la bassa pressione fiscale, peraltro altamente "contraddittoria", a parole avrebbe dovuto favorire la crescita economica, mentre il realtà ha fatto crescere il debito e non ha servito adeguatamente allo sviluppo del paese.
La minor pressione fiscale, insomma e a patto che ce se lo possa permettere, può esser utile per circoscritti momenti storici (congiuntura), ma non può essere mai perenne (strutturale), visti i danni che ha prodotto anche recentemente in tanti stati.
I nodi in Italia stanno prepotentemente ed inesorabilmente venendo al pettine e quello che la politica può offrire in cambio di questi sacrifici ormai ineludibili (tenendo pur conto delle differenze economiche e familiari) è una seria rivoluzione fiscale e contributiva accompagnata da una altrettanto tenace riduzione di tutte quelle spese - cresciute in modo esponenziale - che hanno contribuito a generare il debito dello stato.
Se si toccano i due rami del Parlamento va affrontato sia il numero dei parlamentari che retribuzioni effettive ed omni comprensive; se si toccano le regioni anche qui non ci possono essere sconti sul numero degli assessori e sulle loro retribuzioni e rimborsi spese; se si vuole affrontare lo scopo e la funzione delle provincie, pur con la necessaria progressività temporale, se necessaria, queste vanno smontate tutte senza eccezione alcuna perchè eliminare gli apparati e le funzioni significa effettuare una rivoluzione enorme ed assai costosa.
Se si vuol combattere la corruzione vanno introdotte velocemente norme legislative che riguardano sia l'eleggibilità del ceto politico sia le pene e sanzioni per corrotti e corruttori (ricordate il blocco dei beni dei familiari dei sequestrati ?).
Non ci si può cioè permettere di sbagliare nella ripartizione delle funzioni che influenzeranno a loro volta cambiamenti in comuni e regioni, delle risorse umane e tecniche, elementi forse ancora più delicati delle prime.
Quanto infine alle liberalizzazioni anche queste andranno fatte inesorabilmente secondo un piano ben architettato poichè con questi chiari di luna si corre il rischio di privatizzare male funzioni e servizi di largo uso comune e per di più, con mercati così repressi, di rischia di svendere per un tozzo di pane apparati che sono costati alle comunità, montagne di denaro.
Mi si contesterà che queste azioni potrebbero essere elemento depressivo per la crescita economica del paese: niente di più sbagliato perchè tutte queste risorse esistono comunque, mentre non esiste una equa ripartizione delle stesse per cui vi sia maggior circolarità della ricchezza stessa.
Le imprese straniere, si dice, investono poco in Italia perchè c'è troppa burocrazia (nonostante il capital gain sino ad oggi così favorevole); sarà anche vero e per questo la politica e lo Stato possono far molto se veramente vogliono, ma in realtà quel che spaventa è la poca concorrenza legata ad un sistema di risorse ingessato da tempo.
All'imprenditoria sia italiana che straniera è questo che interessa, non la facoltà di licenziamento senza giusta causa o la facoltà di contratti di lavoro incerti per imprese e soprattutto lavoratori che son poi alla fine quelli che consumano quel che producono.
La vera imprenditoria non ha bisogno di questi mezzucci per campare perchè se vuole avere un radioso futuro deve puntare su processi, su prodotti, ma con adeguate risorse umane.
Troppo tempo si è perso per non aver avuto il coraggio di modificare tutte queste strutture ed ora è giunto il momento per dimostrare al Mercati le nostre capacità e la nostra coerenza.

mercoledì, agosto 03, 2011

TUTTO BENE MADAMA LA MARCHESA !

Sono rimasto veramente allibito, dopo aver assistito in diretta tv al discorso fatto alla Camera dal Premier Berlusconi e agli interventi dei vari gruppi parlamentari di maggioranza ed opposizione.
La situazione economica e finanziaria della terra è sconquassata da tanti focolai critici che presentano elementi diseguali, ma che sono ciò non di meno assai preoccupanti, perchè si possono influenzare a vicenda nonostante ed anche se se le singole ricette di miglioramento hanno formule ed ingredienti diversi.
Il Premier è intervenuto minimizzando sostanzialmente la situazione critica dell' Italia imputando da un lato ai mercati internazionali gli effetti che si riversano sul nostro paese e sostenendo, dall'altro, che i fondamentali economici strutturali sono solidi e che sono del tutto sufficienti le azioni politiche intraprese e quelle programmate.
In sostanza la lettura è esclusivamente a tinte rosee, e questa viene ribadita, come uno slogan calcistico, anche dagli interventi dei rappresentanti dei gruppi parlamentari di maggioranza.
La realtà è invece un'altra: il programma di questo governo è in larga parte disatteso, perchè troppo tempo è stato impegnato ad acclamare un radioso futuro o ad occuparsi di temi assolutamente non utili alle necessità del paese.
Gli esponenti delle opposizioni in vario modo, con varie argomentazioni, con vari stili e proposte
hanno cercato di riportare sulla terra questa maggioranza di governo e questa maggioranza parlamentare, ma il risultato è stato vano poichè solo a parole il governo si dichiara disponibile a tener conto dell'apporto delle opposizioni, ma anche in questa sede se è fatto un largo baffo delle proposte sinteticamente avanzate.
Sono, è vero, state fatte manovre di bilancio con risvolti finanziari utili a tranquillizzare i mercati e a rispettare gli impegni della Ue, ma il fatto che dopo pochi giorni i mercati pongano sacrifici ulteriori e salati al costo del nostro debito sovrano vuol dire che le decisioni non sono state sufficienti.
Non si capisce infatti che la crisi finanziaria internazionale alimenta gli andamenti negativi delle varie borse valori perchè rischia di diventare una crisi economica, tanto che una crisi influenza l'altra e viceversa.
Sulla struttura economica e finanziaria di un paese contano ovviamente sia le realtà sia le pospettive e l'Italia come talune altre nazioni non da ai mercati che finanziano anche il nostro debito la dovuta tranquillità di rischio che consentano tassi di debito contenuti come nel passato.
Se 10 anni fa i Btp emessi dall' Italia avevano un tasso nominate del 3/3,5%, oggi giunti a scadenza trovano copertura con analoghi Btp riemessi sempre a 10 anni ma con un tasso di debito per l'Italia raddoppiato 6/7%.
Qui non si tratta di noccioline perchè se quest'anno dovremo, per esempio riemettere 100 miliardi di Btp a questi nuovi e più onerosi tassi significa che se in passato, complessivamente nel decennio passato si son pagati 3o miliardi di euro ( tasso 3%: 3 miliardi l'anno) significa che per i prissimi 10 anni se ne pagheranno 60 (tasso 6%: 6 miliardi l'anno).
Dal rapido calcolo si comprende bene che l'assenza di decisioni e scelte attuabili velocemente che modificano l' economica nella sua struttura prospettica produce un incremento di spesa che erode gli effetti della manovra approvata per 48 miliardi nei giorni scorsi.
Questo Governo soprattutto non ha ancora capito che questa Italia non è più quella della lira dove le politiche - drammatiche - di inflazione portavano da un lato alla crescita attraverso svalutazioni competitive, e dall'altra alla crescita del debito che aveva un peso specifico decrescente appunto per effetto delle inflazioni (il costo effettivo era composto sia dal tasso che dal corso della lira).
Con questa politiche dissennate ci siamo trovati con una eredità di debito mostruosa, ma quel che è peggio è che anche questo governo in poco più di tre anni non ha compiuto politiche per ridurlo, anzi è cresciuto sia in termini nominali che reali (oltre 250 miliardi).
Attaccare i mercati e le sue regole quindi è una operazione del tutto infantile e bugiarda: qualsiasi soggetto economico cerca di ottimizzare la resa della sua azione tenendo in debito conto il rischio del debitore per cui i finanziatori del debito italiano sono disposti - non per cupidigia, ma per maggior rischio - a continuare il finanziamento, ma hanno meno fiducia sulle capacità di rimborso di debito e interessi per cui pretendono che gli venga corrisposto un maggior tasso di interesse.
Il Governo insiste e persiste nel nascondere questa cruda realtà a se stesso e agli italiani sostenendo che tutto quel che si poteva e doveva fare è stato fatto e che quanto era in programma o è stato già fatto o lo sarà entro la fine della legislatura.
Il Governo sostiene che va quindi tutto bene così, invocando da un lato eventuali resposabilità a carico dell'opposizione che non collaborerebbe o, dall'altro ad effetti finanziari internazionali sui quali nulla può fare l'Italia ed il suo Governo.
Quanto alle opposizioni la realtà è ben altra: questa maggioranza e questo governo di cdx ha fatto della sua autosufficianza una bandiera, relegando in una riserva indiana le opposizioni e snobbando sistematicamente qualsiasi loro proposta.
Quanto alla crisi finanziaria nel passato è stata minimizzata (anche se le responsabilità non dipendono dall'Italia) al punto tale che si è preso sotto gamba il fatto che questa avrebbe prodotto una crisi economica (questa si tutta nostra) puntualmente presentatasi.
Ancora una volta, come nel governo Berlusconi del 2001-2006 si è considerata la crisi economica come congiunturale anzichè strutturale com'è in realtà, usando, quando l'ha fatto, strumenti inadatti, ma premianti sul piano elettorale.
Oggi Il Governo confessa candidamente che già nel 2007 (guarda caso nel governo Prodi) sono emerse le prime avvisaglie della crisi finanziaria più grave della storia moderna, smentendo di fatto quanto sostenuti sino a ieri !
Il Governo non ha il coraggio di ammettere l'eccezionalità della crisi alla quale rispodere con iniziative eccezioni ed ampiamente condivise da tutto il Parlamento ed accettate anche dagli italiani.
Lo scopo dell'intervento nelle aule parlamentari di Camera e Senato del Premier era quello di rappresentare una realtà ideale e sognante e non c'è nessun elemento per pensare che vi possa essere nel futuro più prossimo un cambiamento che si connetta strettamente alla realtà e alle soluzioni più efficaci ed utili all'Italia.
Il Premier sostiene che va tutto bene così e i suoi sostenitori parlamentari come un programma già scritto sostengono la loro fiducia sino a fine legislatura, non muovendo un dito nel proporre migliori idee per affrontare la realtà in continua mutazione.
Tutto bene madama la marchesa !