giovedì, dicembre 30, 2010

LA LEGGE 300 VA IN SOFFITTA !

I recenti accordi Sindacati con Fiat per gli stabilimenti di Torino-Mirafiori e Pomigliano appaiono "rivoluzionari" per certi versi, ma non lasciano presagire nulla di buono per l'economia italiana in quanto occorre anche guadare al passato per poter ipotizzare gli effetti su prossimo futuro.
Occorre premettere che i Governi Berlusconi hanno tentato invano più volte di minare alla base le fondamenta della più moderna legge sui rapporti lavoro-impresa (anche se il20 maggio scorso ha compiuto 40 anni), ovvero Lo statuto dei Lavoratori (1) cercando di cassare uno degli articoli ardine come il 18.
Ma in realtà ci ha pensato, sempre con il suo placet, la Fiat di Marchionne introducendo in sostanza il principio che i lavoratori rappresentati sono solo quelli delle organizzazioni sindacali che firmano gli accordi.
Ma procedendo con ordine occorre dire che negli anni passati i rapporti Fiat e Sindacati ed anche tra Sindacati e lavoratori sono stati investiti da profondi momenti assai critici come nel 1977 con la violenta contestazione di Luciano Lama alla Sapienza di Roma (2) e il 14 ottobre 1980 con la "marcia dei 40mila" (3) preceduta dal comizio di Enrico Berlinguer ai cancelli Mirafiori del 26 settembre dello stesso anno.
Certamente la Fiat nei momenti più critici della sua vita ha deciso ed è riuscita a porre in atto le più grandi novità strutturali dell'azienda e stravolgere i rapporti di lavoro e i riflessi occupazionali e produttivi.
Nel 1980 le era necessario licenziare 14 mila dipendenti, farsi aiutare nel compito dalla marcia dei 40 mila quadri, mentre i Sindacati, Cisl inclusa valutavano - chiedendo anche a Berlinguer se con il suo Pci era disposti ad aiutarli - di occupare persino le fabbriche.
Ancora prima, a cavallo degli anni 50-60, la Fiat discriminava i suoi dipedenti in ragione delle credenze politiche(Pci.Psi) e sindacali (Cgil) per non avere intoppi sul suo modo di governo delle fabbriche e delle produzioni.
Tutta questa premessa per dire che nei momenti critici sia la Fiat che i Sindacati (non solo la Cgil) hanno compiuto errori madornali; infatti se queste azioni avessero avuto effetti positivi sperati la Fiat non si troverebbe oggi a varare ulteriori azioni dirompenti e dall'altro i Sindacati, tutti i Sindacati, non cadrebbero nell'errore di radicalizzare le relazioni, nè di accettare comunque un cambiamento radicale nei rapporti.
Sostengo infatti che la colpa non è mai da una sola parte per cui se vi è stato l'errore di non saper ascoltare e comprendere le ragioni degli altri, vi è stato anche l'errore l'inverso cioè quello di non saper farsi ascoltare.
La riprova è appunto il fatto che oggi si rivoluzionano i rapporti in forma più moderna, ma del tutto simile alle "rivoluzioni" precedenti.
Certo negli anni 50-60 la connotazione era sempre e del tutto politica (non certo produttiva visto che si stava preparando il boom economico che avrebbe messo i auto milioni di italiani), negli anni 70-80 oltre che politica era produttiva (l'inflazione viaggiava a due cifre), mentre oggi è ancora produttiva, ma il ceto politico di maggioranza parlamentare la cavalca per consevare un potere inetto.
Gli acordi di questi giorni sono rivoluzionari perchè si modificano alla radice i diritti sanciti dalla Legge 300, perchè nei fatti non tutela più direttamente i diritti dei lavoratori, ma quelli del Sindacato, o meglio dei Sindacati che firmano gli accordi.
A ben guardare è un abominio oltre che giuridico anche sociale perchè gli accordi sindacali, qualsiasi accordo sindacale, vale erga omnes per gli iscritti e per i non iscritti, per gli iscitti ai Sindacati firmatari, ma anche per gli iscritti a sindacati che non si sono accordati.
Con questo accordo si vuole cristallizzare lo status dei rapporti sindacali che avrebbe la presunzione di scartare chi non ci sta (un pò come il Premier in carica che governa in funzione della maggioranza relativa e parlamentare ottenuta dall'elettorato, mentre il restante elettorato risulterebbe del tutto ininfluente ed inutile); a ben pensare è un obbiettivo non perseguibile perchè vorrei ben vedere se ai dipendenti non iscritti, ai futuri neoassunti ed anche a coloro che sono iscritti ai Sindacati firmatari, fosse precluso il diritto individuale e costuzionale di cambiare idea.
Penso che questo non si potrà verificare e se lo fosse sarebbe perseguibile penalmente (con querala di parte) e sicura condanna come avvenne per le discriminazioni degli anni 50-60, costate a Fiat una valanga di denaro.
Peraltro la Cgil su questi principi non ha desistito ed ha reagito anche recentemente negli accordi per la nuova Alitalia qandro gli altri partner sindacali volevano escludere dall'accordo i sindacati autonomi che rappresentavano la maggioranza dei dipendenti.
Dove sbaglia oggi la Fiat di Marchionne ?
Sbaglia nel non aver avuto la dovuta pazienza nel ricercare un accordo unitario, proprio perchè nelle azioni simili del passato queste si sono rivelate innefficaci e non risolutive, perchè non sono solo le caratteristiche dei rapporti e accordi sindacali che contano e perchè le innovazioni di processo e di prodotto si sono fatte, si fanno e si faranno sempre e comunque.
Intendo dire che alla "novità" produttiva non c'è nè ci sarà mai fine perchè questo è lo scopo fondamentale di qualsiasi impresa(mai dormire sugli allori) per cui appare sproporzionato usare come un grimaldello la leva della discriminazione per produrre nuovi modelli di autovetture o riorganizzare turni, orari e pause.
I Sindacati sbagliano perchè innazitutto hanno accettano - anche implicitamente -il principio che i diritti individuali siano da loro avocati ( sia chi ha firmato l'accordo sia chi si è astenuto); inoltre hanno permesso ancora una volta che riemergessero antiche discriminanti (18 aprile 1948) dimenticandosi che i migliori risultati si sono attenuti con l'unità presso chè totale, come nel 1993 con il Governo Ciampi; mentre gli accordi con i Governi di Centrofrestra per ben due volte hanno mostrato la loro vacuità.
Cisl e Uil da un lato si sono dimostrate in realtà intransigenti, tanto quanto la Cgil, con il bel risultato che i lavoratori in realtà sono tutti in realtà senza tutela sindacale, visto che l'accordo non gli piacerà senz'altro, ma se lo dovranno sorbire anche se ben comprendono, come io sostengo, che non sarà risulutivo e fra qualche tempo vi saranno altre proposte per ridimensionare il perimetro dei diritti individuali perchè gli effetti "benefici" si saranno esauriti.
Sostengo infatti che la rincorsa al ribasso proseguirà ben presto perchè non sono ben chiare le prospettive produttive e qualitative, visto che il raffronto con concorrenti europei mostra notevoli diversità sulle quantità e qualità prodotte e pochissime differenze sui tempi e modi di produzione.
Il Sindacato, sia Cgil che Cisl e Uil, invece, proprio per effetto dei fallimenti del passato di Fiat e per le loro cocenti partite perse, avrebbero dovuto avere il coraggio di trasformare, proponendolo ai lavoratori, un cambiamento radicale nei rapporti sindacali, tenendo conto delle esperienze, in un mercato globale, delle esperienze degli altri sindacati europei e nord americani.
Un solo esempio: Marchionne ha imposto il principio che solo chi firma gli accordi rappresenta gli operai, come in Canada e negli Usa con una piccola differenza che in quei paesi i Sindacati sono in azienda (il 55% della Chrysler è detenuto dai Sindacati); cose simili accadono in Germania ed i risultati si vedono chiaramente poichè con il convolgimento tramite le rappresentanze nelle aziende gli obbiettivi risultano maggiormente e stabilmente raggiungibili.
Forse questa idea farebbe veramente preoccupare il mondo delle imprese in Italia, perchè troppo gelose del proprio ruolo, che non sempre ha dimostrato di essere proficuo per loro, per i lavoratori e quindi per il paese tutto!
Pur avento militato in Cgil per tutta la vita lavorativa, ho sempre sperato che si potesse ricostituire in Italia un Sindacato unico, come le Trades Union del Regno Unito, per cui questa poteva essere una buona occasione per rivoluzionare la struttura sindacale italiana, non dimenticando peraltro che gli accordi e gli approcci simili a quelli tedeschi, inglesi e nord americani hanno pure il vantaggio di circoscrivere ed annullare le "cattive" abitudini di parte degli operai, cattive abitudini che dequalificano gli accordi sindacali raggiunti con tanta fatica.
Intendo dire che negli accordi di Pomigiano e Mirafiori è emerso il fatto che parte degli operai (a prescindere dalla loro appartenenza sindacale) proprio per effetto del tipo di rapporto esistente tra Sindacato e Fiat utilizzano con discutibile disinvoltura, impropriamente, i loro diritti (di sciopero e di salute), mentre un maggior coinvolgimento negli obbiettivi, pur rispettando i ruoli, risolverebbe fortemente queste cattive abitudini, senza dover ridimensionare alcun diritto.
Si è persa quindi una nuova stagione possibile, una nuova grande occasione per cercare di ribaltare, proprio con un accordo unitario e rivoluzionario con Fiat (che farebbe scuola) il modus operandi del sistema delle imprese, costringendolo a confrontarsi veramente sul Mercato, con i Lavoratori svolgendo appieno così in sul compito "istituzionale" nel nostro paese.
Il pericolo reale, allo stato dei fatti, è che questo accordo possa aver efficacia nello "spazio di un mattino" per cui fra qualche tempo ci troveremo, imprese, lavoratori, sindacati e quindi tutta l'Italia, ancora più poveri !!
Note:
(1) Con la denominazione di Statuto dei lavoratori ci si riferisce alla legge n. 300 del 20 maggio 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", che è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro;
(2)Con la locuzione "Cacciata di Lama" si fa riferimento all'episodio della contestazione del segretario della CGIL Luciano Lama durante il comizio sindacale del 17 febbraio 1977, tenutosi presso l'Università La Sapienza di Roma, da parte degli studenti dell'Autonomia Operaia. Generalmente si identifica con questo evento la nascita del movimento del '77, anche se il movimento era già attivo dal mese precedente.
(3)La marcia dei quarantamila, anche detta marcia dei quarantamila quadri FIAT, è una manifestazione svoltasi a Torino il 14 ottobre 1980[1].Migliaia di impiegati e quadri della FIAT scesero in piazza per protestare contro le violente forme di picchettaggio che impedivano loro di entrare in fabbrica a lavorare, da ormai 35 giorni. La manifestazione, secondo l'analisi di molti storici, segnò un punto di svolta nelle relazioni sindacali: il sindacato a breve capitolò e chiuse con un accordo favorevole alla Fiat la vertenza, iniziando una progressiva perdita di potere ed influenza che si protrasse per tutti gli anni ottanta non solo in Fiat ma nel paese. lo storico Nicola Tranfaglia ha scritto, «gli storici oggi non hanno dubbi sul significato di quelle vicende in cui colgono gli errori, da una parte, della grande impresa e, dall'altra, anche del movimento sindacale come dello stesso PCI. In ogni caso è difficile, per non dire impossibile, accettare le tesi di Romiti che insiste a sostenere che la Fiat non poteva agire diversamente e che, se non avesse proceduto al massiccio licenziamento, sarebbe andata di filato al fallimento. Oggi si vede con maggiore chiarezza che la Fiat, per salvarsi, dovette ricorrere alle banche che a poco a poco hanno attuato il ridimensionamento e poi una completa trasformazione che ha dato luogo alla Fiat di oggi e a una radicale trasformazione della città che è diventata una capitale del terziario, del pubblico e, almeno in parte, del turismo»[2].

giovedì, dicembre 23, 2010

COUPS DE THEATRE DI FINE ANNO

Non c'è che dire, ieri, la contestazione studentesca a Roma ha letteralmente preso per i fondelli i neofascisti La Russa e Gasparri in primis che, a seguito, dei fatti criminosi del 14 dicembre, criminalizzando il mondo sembravano voler gettare benzina sul fuoco, quasi ad auspicare una escalation della contestazione che la mettesse all'inferno e sugli altari questo "grande" governo democratico e liberale.
La contestazione studentesca invece con intelligenza e fantasia se ne è stata bel lontana dal triangolo rosso, con le mani bianche e con fiori e piccoli regali donati alle forze dell'ordine che hanno l'ingrato compito di tutelare pure gli illiberali e antidemocratici presenti nella coalizione di maggioranza.
E sì perchè abbiamo visto un Ministro della Repubblica come La Russa muoversi ancora una volta come un avanguardista della prima ora e Gasparri - Capogruppo dei Senatori della Repubblica - tornare alle vecchie abitudini giovanili di provocatore, tanto che ieri oltre agli studenti in piazza c'erano pure i genitori!

Ma il coup de theatre non è solo questo: ieri la Lega, su mandato evidente architettato dal Capo del Governo in carica, si imbarca in una iniziativa che rasenta l'assurdo quando decide di porre all'attenzione della Camera dei Deputati la questione relativa al fatto se la terza carica dello Stato, On. Fini, abbia o meno le caratteristiche di imparzialità per proseguire nel suo mandato elettivo.
E' sostanzialmente un bel "vorrei ma non posso" dettato dalla necessità di creare polveroni pre elettorali, perchè proporre un simile dibattivo serve solo e soltanto a ricompattare il proprio elettorato, far vedere che ci si muove e non ultimo cercare appunto di tenere la scena.
Ammesso che questa iniziativa abbia seguito è fuori di dubbio che sarà tempo perso.
La Lega deve sapere - e cosi' pure tutti gli italiani - che la Costituzione prevede, anche per le cariche ad elezione indiretta, l"inaffondabilità" del nominato (sia esso Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera, ecc) proprio per mantenere la sua assoluta autonomia, anche nei con fronti del gruppo parlamentare che lo avesse eletto.
L'unico caso in cui il nonimato può essere messo sotto accusa è solo nel caso di attentato alla Costituzione ovvero di alto tradimento; diversamente solo la rinuncia del tutto autonoma, la sopravvenuta elezione ad altre funzioni, oppure la fine del mandato può vedere la fine della nomina stessa.
Cari Leghisti, nel caso del Presidente Fini o siamo di fronte ad una palese imparzialità nell'esercizio della sua funzione e prendete i coraggio di denunciarla e soprattutto provarla, oppure sarà meglio che lasciate perdere queste sceneggiate d' avanspettacolo.

Il più succoso ed ultimo - per oggi - coup de theatre è quello della "conferenza stampa di fine anno" del Capo del Governo Berlusconi.
Come fatto in se è del tutto lecito e dovuto, ma una filippica di oltre due ore sul primo canale Rai, mi sembra un filino esagerata e presuntuosa.
Per non parlare poi dei contenuti già sentiti in svariate occasioni sin dalla sua discesa in campo nel 1994 e mi son visto costretto a seguirla a spizzichi e bocconi per evitare una ubriacatura ed anche qualche avvelenamento di eccesso televisivo.
Si è trasformata così in una sceneggiata esagerata appunto perchè lo scopo del tutto evidente è tenere, anche in questo caso, la scena, dimostrare la propria possenza mediatica secondo un canovaccio già visto tante altre volte e non aggiungere proprio nulla di nuovo su quanto fatto e sulle cose in programma.
Le cose sentite in questa lunga maratona trasudano presunzione e le chicche profferite dal Premier hanno dell'incredibile e del grottesco.
Non saprei da dove cominciare: la solita azione contro i comunisti o più modestamente la Sinistra che vorrebbe sovvertire la volontà elettorale, il fatto che di leggi ad personam non ce ne sono state perché non le ha chieste Lui, ma i suoi accoliti preoccupati, che la sua azione di governo (e di potere) fosse infasidita dal doversi difendere da accuse.
Buon ultima, e gravissima, quella di attaccare un' altra istituzione dello stato come la Consulta perchè composta in parte da nominati da precedenti governi che non sono il suoi.
Innanzitutto una istituzione che ne attacca un'altra è un fatto grave perchè mina l'architettura della struttura costituzionale e la sua stabilità ed indipendenza (se non vuoi essere condizionato, non puoi condizionare a tua volta) inoltre se per paradosso così fosse, il Premier confesserebbe implicitamente che vorrebbe che i giudici della Consulta fossero di sua nomina e quindi rispondenti alle sue esigenze non a quelle di tutta la nostra comunità !
La storia continua con l'attacco a certa magistratura (per l'ennesima volta) che lo perseguiterebbe; anche questa una gravissima affermazione intanto perchè ciò presupporrebbe che si ritiene super partes eppoi, se per assurdo fosse vero, non dovrebbe far altro che deenunciare un eventuale sopruso a suo carico.
Il fatto di affermarlo ad ogni piè sospinto senza mai denunciare dimostra chiaramente che è una affermazione, un settebello insomma, da giocare ad ogni possibile favorevole occasione.
I fatti poi dimostrano che questa persecuzione sarebbe spuntata visto che è sulla scena comunque da 16 anni.
Falso infine che la Magistratura, certa Magistratura che non si sa bene che cosa e chi sia, si sia interessata al Premier solo dopo la discesa in campo: per esempio nel 1988, il giorno della nascita dell'ultimo genito Luigi, partecipò al Tribunale di Verona ad una causa intentata da lui contro Panorama per una serie di articoli che sostenevano una sua certa vicinanza con la mafia e nel 1991 nacque una lite fiscale con l' Agenzia delle Entrate circa il criterio di tassazione per plusvalenze sorte dalla fusione tra la Arnoldo Mondadori Finanziaria e la Arnoldo Mondadori Editore, lite sanata recentemente in terzo grado con una sanatoria pari al 5% del contestato, grazie ad un emendamento ad personam inserito in una legge nella scorsa primavera (con due gradi di giudizio vinti puoi sanare il terzo grado pagando il 5% del contestato).
Vogliamo continuare ?
La lite con il gruppo De Benedetti per l'acquisto della Arnoldo Mondadori è sorta nel 1987 e su questa "guerra di Segrate" ne sono avvenute di utti i colori, dalla corruzione di giudici (ma non erano contro di lui ?) alla causa civile che lo ha condannato recentemente (Fininvest per la verità) a risarcire chi aveva perso nel lodo telecomandato.
Ma di che stiamo parlando ?
Di fatti non certo splendidi e diamantini che possono riguardare la vita di un grande imprenditore, ma ora che è in politica non può con questi piagnistei da chiagne e fotte" gridare
al complotto.
Ma questo indecente show prenatalizio è continuato con altre novità negando il calcio mercato di voti alla Camera dei Deputati, ma segnalando comunque a chi vuol intendere che con le fuoriuscite di questi giorni si sono liberati un pò di posti nel Governo che potrebbero essere occupati dai "volenterosi".
Ma ancora sul ruolo e sulla affidabilità del Presidente Fini sul quale implicitamente ammette di avere diritti di prelazione; cioè sostiene implicitamente che siccome è stato eletto con la maggioranza di centrodestra è un uomo del centrodestra per cui se se ne va dalla coalizione, dovrebbe lasciare la cadrega.
Siccome il Premier sa perfettamente che non è così (chi è nominato alle più alte cariche dello Stato - anche la sua - può essere eletto da qualsiasi maggioranza parlamentare, ma una volta eletto acquisisce la sua totale autonomia perchè la nostra non è una dittatura sudamericana) s'arrampica sugli specchi per cercare di insinuare ( a chiara voce non lo può sostenere nè provarlo) che possa essere imparziale perchè non la pensa più come prima!
E' la vecchia tecnica di attaccare sempre trutto e tutti colpevoli di essere le cause dei suoi pochi successi e dei suoi insuccessi, una pubblicità comparativa insomma che mettendo in cattiva luce il prossimo, fa automaticamente rilucere e risplendere di luce propria la sua posizione e le sue idee.
Mah, questo ha certo il suo effetto ed efficacia in politica, ma per un aziendalista come il Premier questo dovrebbe farlo inorridire poichè la prima regola che si insegna ai managers o ai dirigenti d'azienda è quella di non accusare mai, anche se fosse vero, gli altri per alcunchè perchè con questo si ammettere di essere deboli, fragili e senza carattere.
L'indecenza di questa ulteriore sceneggiata attuata con l'occupazione della tv di stato temo non avrà presto fine, come la sfacciataggine del nostro Premier che continua a ricercare consenso per restare a galla e non per governare perchè il suo interesse è soltanto per un potere personale fine a sè stesso.

martedì, dicembre 21, 2010

RIGUADAGNARE LA SCENA

I fatti recenti dimostrano che il Cavaliere è ancora in piedi, con una maggioranza risicata (relativa) e la prospettiva che la campagna acquisti rimpingui le schiere di centrodestra per cui c'è veramente il rischio che questa maggioranza tenga, ma soprattutto che questo governo del dire continui fino a fine legislatura senza combinare un fico secco, anzi, proprio facendo poco e nulla, producendo all'Italia danni incalcolabili.
Per tutta risposta le opposizioni cercano di smarcarsi uno dall'altro dando un segnale al elettorato di insipienza e di inconcludenza.
Logica vorrebbe che sui temi principali vi fosse una aggregazione da parte delle opposizioni con proposte da mettere alla attenzione del paese e contrapporre a quelle, quando ci sono, del Governo in carica.
Invece no: già nell'aggregazione di Centro si infilano le sirene per creare un polo di desistenza che faccia da stampella al Governo, o le sirene che seminano zizzania facendo leva sulla dualità laica e cattolica quale elemento di fragilità, dimenticando però che questa dualità esiste da sempre anche nel Centrodestra al quale va però il plauso della Chiesa.
Della stessa dualità come elemento di fragilità si parla anche per il Pd, dentro e fuori, per cui gli ex di qualche cosa non sono mai morti, tanto che la fucina di idee rischia di immobilizzare il partito stesso.
E' evidente quindi che se non ci sono forti ed aggreganti proposte alternative al Governo, magari su poche cose, ma consistenti e convincenti, sostenute con forza e determinazione ecco che le varie sirene del Centrodestra hanno buon gioco a dettare il calendario di ciò che si può dire e di cio che si potrebbe fare.
La scena è occupata da tutte le incessanti affermazioni ( tanto da sembrare studiate a tavolino) che spaziano su tutti i temi come quelle da sfascista di Gasparri o buon ultime quelle del Premier che accusa la terza carica dello Stato di essere culo e camicia con il Associazione Nazionale Magistrati, mentre sul dramma della morte di Calipari, svelata da Wikilicks, scende un velo di assordante silenzio.
Il Centro non trova di meglio, dopo la resistenza di pochi giorni fa, di cercare di attivare prove di dialogo sentendo le affermazioni di Casini e Moffa, ma rischiano, pur connoscendolo, di cadere nel tranello del Cavaliere al quale interessa avere il potere della maggioranza e non governare.
Tra l'altro questa azione non favorisce certo l'aggregazione con Api che con il Premier non vuol avere nulla a che fare e men che meno a Fli e a Mpa che si son appena staccati.
La stessa solfa riguarda il Centrosinistra dove Idv e Sel si affannano a voler trovare la aggregazione anche tramite le primarie, mentre è sui programmi che bisogna prima trovare la quadra.
Le primarie sono infatti l'ultima operazione che suggellerà la scelta del candidato premier in vista delle elezioni.
Qui invece, tirando per la giacchetta il Segretario Bersani, si vuol mettere il carro davanti ai buoi utilizzando le primarie per scegliere la linea politica e le proposte, con il pericolo, tra l'altro, che una volta scelta una linea ed un programma, comincino le solite fasi, prevedibili, di scollamenti e distinguo e si rischi pure di precludersi allenze che potrebbero far più agevolmente vincere.
Di Pietro continua a sollecitare non una azione comune, ma la definizione preventiva di alleanza; la stessa cosa propone Vendola con la ricerca delle nuove "narrazioni", ma tutto questo non fa che confondere le acque e dare segnali di fragilità al elettorato.
Non siamo difronte a primarie di partito dove le varie mozioni e relativi leader si confrontano si scontrano in un gioco tutto interno e del tutto comprensibile, ma saremo difronte alla scelta del candidato leader, quando programmi, strategie, idee, proposte saranno già ben definite, dove saranno già ben definite - sulla scorta delle convergenze - pure le alleanze.
Il PD e Bersani hanno (anche se è comprensibile visto che la scena è occupata da mesi dal Centrodestra e dal Premier) aspettato anche troppo a mettere sul tappeto idee e proposte e mi auguro compaiano finalmente il prossimo gennaio.
Su queste deve aprirsi il confronto ed è attraverso questo che si potrà riscontrare la capacità di aggreegagione e le conseguenti possibili alleanze.
Diversamente chi vuole cercare di precorrere i tempi non fa altro che aumentare la confusione che rappresenta una zavorra enorme per la crescita del consenso elettorale.
Non c'è nulla da fare: la scena è occupata da lustri dal Cavaliere secondo la sua chiara tecnica di dominus del Centrodestra; il Centrosinistra ed anche il Centro non possono pensare di rubargliela con lo stesso motodo perchè di dominus così, uno basta ed avanza!
La riporova che la strada migliore per vincere è la aggregazione di programmi, proposte ed idee (e quindi la creazione di coalizioni solide) lo confermano anche i recenti sondaggi dove si riscontra che alla fatidica "quota quaranta" sono vicini il Centrodestra e il Centrosinistra, ma significa anche che il Centro vale perlomeno un 15-20% per cui, la recente storia passata ha dimostrato che con maggioranze risicate la barca non va avanti!
Per riguadagnare la scena non resta che trovare proposte convincenti ed aggreganti, liberandosianche di riserve mentali e preconcetti!

sabato, dicembre 18, 2010

LE POLITICHE INDUSTRIALI CHE SERVONO ALL' ITALIA

I Governi Berlusconi si sono in tutti questi anni limitati ad esercitare una politica monetaria di conteni mento tramite l'azione del ministro Tremonti, ma non hanno mai avuto il coraggio di predisporre strumenti idonei a rilanciare l'assetto industriale del paese, dimenticando che la nostra è una vocazione manifatturiera e su questa vocazione occorre puntare.
Anche i governi di csx, Prodi in testa, hanno attuato una politica monetaria, ma questa era destinata ad un preciso scopo, cioè quello di rientrare velocemente nell'area Sme dapprima (nel 1992) e poi nell'area euro con la lunga marcia intrapresa nel 1993 sino al 2001; a questa va aggiunta l'azione del breve biennio 2006-2008 per cui è mancata per ben due volte l'azione per rilanciare l'assetto produttivo del paese.
I Governi Berlusconi invece hanno sempre cercato di galleggiare con la sola politica monetaria invocando sempre le cause di forza maggiore come nel quinquennio 2001-2005 e ancor di più nel biennio 2008-2010, cause congiunturali extranazionali che avrebbero imposto soltanto azioni di contenimento.
In realtà, proprio nei momenti critici, vi è l'occasione ghiotta di programmare il riassetto economico ed industriale di un paese, per essere pronti con nuove armi e con nuovi mezzi nella fase della ripartenza, anzi armi e mezzi assai utili per stimolare appunto una ripresa vigorosa.
La realtà economica ed industriale del paese, in questi ultmi 16 anni, dimostra che la struttura produttiva si è ripiegata perchè maestranze ed imprese si sono sentite assai incerte ed insicure nei rapporti contrattali da un lato e nella ricerca su innovazione e maggior valore aggiunto.
Il risultato è che il sistema delle imprese continua a essere fragile e poco innovativo - per processo e per prodotto - e le maestranze si trovano in una progressiva situazione di incertezza sia per l'entità netta delle retribuzioni sia per l'insicurezza dei rapporti di lavoro, aggravati ulteriormente in questi due anni dal ricorso massiccio alla cassa integrazione.
Da un lato quindi le imprese stentano a ritrovare mercato e livelli produttivi robusti e redditizi, mentre dall'altro troppi sono gli occupati con rapporti incerti e parziali e altrettanto sono coloro che tendono addirittura a desistere nella ricerca di un lavoro.
Si è quindi innestato un circuito perverso per cui si produce poco e se si producono prodotti di qualità tendono a soddisfare maggiormente la domanda esterna, mentre i consumi interni hanno crescite ridicole, quando ci sono, proprio perchè il reddito disponibile è appunto quello che è.
In aggiunta la struttura produttiva, peraltro assai parcellizzata, puntando poco sulla innovazione, si accontenta di maestranze estremamente intercambiabili per cui si arriva al paradosso che i giovani in cerca di prima occupazione possiedono una preparazione professionale sproporzionata - per eccesso - a quella richiesta dal mondo delle imprese, tanto che la necessità di manodopera a bassa qualificazione viene soddisfatta molto spesso dai lavoratori stranieri anche extra comunitari.
Si parla nella scuola e nel lavoro giustamente di merito, ma poi questo criterio serve come scusante per selezionare ciò che di merito non ha proprio nulla.
La produzione spesso viene ideata puntando ancora sulla quantità, per cui la la qualità del lavoro è caratterizzata dalla sua marginalità e dalla sua intercambiabilità.
Persistere su questa strada poi significa confrontarsi con le produzioni straniere a basso costo di manodopera, a tal punto che anche in settori di qualità come quelli tecnologici vediamo che i prodotti di largo consumo non sono molto spesso prodotti in Italia.
In questo quadro le due parti dell'economia, impresa e lavoro, continuano ad essere come un sordo che parla ad un muto, perpetrando riserve mentali che invece la politica dovrebbe sciogliere, favorendo intese di lungo periodo e conseguenti assetti che facciano accrescere la ricchezza prodotta a livelli consistenti (il Pil della Germania rispetto al 2008 è calato quasi del 5% nel 2009, ma nel 2010 è cresciuto del 3%, sempre sul 2008 !).
Le colpe vanno divise quindi tra Governo, imprese e lavoro.
Le imprese sin con gli accordi del 1993 (Governo Ciampi) hanno avuto una "pax" che è stata utilizzata solo in parte (allora si parlava di maggior produttività); si sono riorganizzate, ma non hanno rilanciato puntando su maggior qualità e valore aggiunto, preferendo, nonostante i bassi tassi di credito successivi al 1996, spesso delocalizzare.
I grandi regali fatti dal secondo Governo Berlusconi, costituiti da una sequela di condoni e scudi hanno soltanto contribuito una tantum a sostenere le casse dello stato, ma non a rilanciare e modernizzare fortemente l'assetto produttivo.
Nemmeno la riduzione del "cuneo fiscale" del secondo Governo Prodi ha prodotto riconoscenza; per non parlare dei rapporti di lavoro "flessibili" introdotti per primi dal Governo D'Alema.
La situazione attuale lo dimostra in modo evidente anche se il secondo Governo Berlusconi sosteneva a torto che i rapporti flessibili erano una condizione assolutamente temporanea.
Questo stato di pura convenienza e di contemporanea miopia si perpetua anche nel terzo Governo Berlusconi, nonostante l'ennesimo scudo, visto che l'evasione fiscale procede imperterrita a livelli indecenti.
Il mondo del lavoro certamente è preoccupato delle "novità" sul fronte dei rapporti contrattuali sia perchè le novità possono preoccupare o spaventare, sia perchè si stenta a mollare vere o presunte rendite di posizione, sia, soprattutto perchè non ci si fida molto spesso della controparti aziendali, vito l'uso inappropriato che molto spesso hanno avuto delle opportunità dategli.
E' vero che occorre distinguere tra settori produttivi e tra tipologie di aziende: in quelle - medio piccole - manifatturiere di vario tipo i rapporti sono molto più fluidi, ma mancano gli incentivi per migliorare i processi e le aggregazioni per masse critiche.
In quelle di grandi dimensioni (non sono poi molte in Italia)effettivamente si gioca talvolta troppo spesso sul concetto di diritti acquisiti, tanto che i lavoratori stessi dovrebbero una buona volta sbarazzarsi di vecchi modelli e mettersi inequivocabilmente e definitivamente dalla parte della ragione.
Certo è che gli eventi di questi giorni su Fiat e sul Polo di Marghera assistiamo a fenomeni incomprensibili; la rigidità di Fiat sembra non avere lo scopo dichiarato, ma se il Sindacato non deve far politica, non lo deve fare nemmeno l'azienda!
In realtà - Fiat a parte - assistiamo a troppa partigianeria da parte delle imprese e degli impreditori troppo benevoli sulla azione mancata del Governo in carica, ma pronti a domandare interventi che mai non arrivano, proprio per l'insipienza del Governo (quando lo faceva un governo di csx ovviamente era tutto giustamente dovuto).
Su Marghera assistiamo (come già visto nel recente passato) a decisioni di dismissione di grandi impianti (Vinyls) altamente tecnologici per la produzione di PVC la cui utilità ed appetibilità permane visto l'interesse all'acquisto da parte di imprese straniere.
Forse si tratta semplicemente di cambio di strategia a parte della prima fornitrice di materia prima Eni che ha quadruplicato i prezzi; forse è troppo impegnata nella costosa impresa di nuovi gasdotti e partnership internazionali alla quale è stata "invitata" dal Premier in carica ?
Ecco qui il Governo ha fatto vedere i muscoli riempendosi la bocca di accordi superlativi e travolgendo le impostazioni date dal precedente governo.
Ricordate la crisi del gas, via Ukraina, del 2006 ?
Allora si disse che eravano troppo "russo dipendenti" e si doveva puntare sui rigassificatori da un lato e sul potensiamento dei gasdotti con il nord Africa dall'altro; morale: i rigassificatori ci sono fatti o sono in via di installazione, ma stiamo rischiando di predisporre approvvigionamenti di energia (gas) sproporzionati rispetto al nostro fabbisogno sul medio periodo e per di più il gas russo ci verrà a costare - per i meccanismi contrattuali - molto di più di quello da rigassificatori o da gasdotto africano (per non parlare delle energie provenienti dall' eolico, fotovoltaico e in prospettiva nucleare)!!
Se questi devono essere gli interventi spot del Governo in carica, forse sarà meglio che continui piuttosto a raccontar favelle.
La politica industriale ed economica di cui abbiamo bisogno passa invece, visto il momento critico, per una operazione di riordine che metta tutti difronte alle proprie responsabilità, accettando anche politiche impopolari, dalle quali non si potrà però avere il coraggio di sfilarsi.
La prima leva è quella fiscale dove per fare perequazione occorre dare la preferenza significativa alla disponibilità netta delle retribuzioni (non c'è modo di alzarle per ora vista la situazione produttiva delle imprese) prelevandola dalla maggior imposizione sulle rendite (il 12,50% è veramente poco e in questa fase di tassi bassi non dovrebbe infastidire più di tanto tutti i risparmiatori senza distinzioni demagogiche).
Questo consentirà una ripresa dei consumi interni.
Inoltre va pianificata la lotta continua alla evasione fiscale (che mira pure alla base la libera concorrenza), alla corruzione ed alla riduzione - selettiva - della spesa pubblica.
Queste risorse vanno destinate a sostegno delle iniziative imprenditoriali sia dirette, sia indirette come un piano di opere pubbliche necessarie, realistiche ed economiche.
Quando dico iniziative dirette mi riferisco ad iniziative che favoriscano gli accorpamenti e le riconversioni per creare masse critiche o riqualificare produzioni con maggior valore aggiunto; tutto questo con assoluto rigore e controllo per evitare errori e furbizie del passato.
Va aggiunto inoltre che questi interventi devono consentire riqualificazione e stabilità delle maestranze perchè altrimenti sacrifici e politiche di sostegno andrebbero solo a favore dell'impresa.
Non ultimo, le risorse vanno anche indirizzate nella formazione scolastica delle nuove generazioni nella ricerca con una stretta correlazione tra università ed imprese o raggruppamenti di imprese, ne più ne meno di quanto avviene in Germania; facendo attenzione anche qui che lo studio e la ricerca devono essere correlate reciprocamente con le imprese.
Intendo dire che il sistema delle imprese può certamente dare indirizzi, suggerimenti ed anche risorse a scuola e università, ma rammentando sempre che queste ultime hanno una funzione pubblica e collettiva prioritaria ed imprescindibile.
Ecco, penso proprio che i raggruppamenti di opposizione (di centro e di csx)che si stanno delineando (la coalizione di maggioranza ha più volte dimostrato con i suoi limiti di non esserne capace) debbano evitare di folleggiare su modelli che assomigliano più a "voli pindarici" e con centrarsi su progetti concreti e fattibili, senza avvitarsi nella ricerca di distinzioni ideologiche nelle quali tutti i conservatori (che si vogliono far passare per liberali)si possono infilare.
Guardate in questi giorni nei quali si sta formando il polo di centro: subito sono apparsi i più scaltri a infilarsi nelle differenze - tra credenti e laici - dei leaders; se poi si guarda il polo di centrosinistra la solfa è la stessa: emergono distinzioni icomprensibili ai più, mentre gli obbiettivi più importanti ed urgenti vengono solo toccati di striscio.
Intanto l'Italia sta a guardare ed aspettare arrangiandosi come può, forse ormai delusa, ricorrendo alle risorse ancora in cascina ed accettando tutto pur di tirare avanti!

giovedì, dicembre 16, 2010

C'E' POCO DA FESTEGGIARE

In attesa della resa dei conti del 14 dicembre scrivevo ("ride bene chi ride... per ultimo") e mi domandavo a quando la resa del Governo Berlusconi.
E' fuori di dubbio che la tenacia del Premier e dei suoi sodali è tata decisamente efficace, capace di tutte le astuzie - queste si - di palazzo per cercare di non farsi sfiduciare, riuscendoci e se Fli in particolare ha deciso di sfilarsi dalla maggioranza confidando in una riuscita della sfiducia c'è da pensare che l'abbia fatto con la ragionevole convinzione di riuscirci.
Fli avrà certamente messo in conto anche di non riuscirci ed ha, a detta dei suoi esponenti, ipotizzato anche questi negativo risultato, prevedendo - nell' ipotesi - comunque distacchi assai contenuti.
Così è stato: nonostante l'esagono irregolare costituito dai sei lati, PD, IDV,UdC, FLI, MPA e LIB, i saltafossi (una volta, a voto segreto, si chiamavano franchi tiratori) hanno favorito il galleggiamento della coalizione che ha raggiunto una maggioranza relativa(314), ma non quella assoluta (317).
Tutto questo il Premier lo sa benissimo e continua nella sua azione politica: delle annunciazioni da un lato e delle acquisizioni a qualsiasi costo dal'altra.
Nel suo discorso ha aperto ai partiti di centro, ma avuto il diniego, afferma "candidamente" di procedere alle acquisizioni singole prospettando, per il lavoro che da fare, posti di governo ai vari livelli.
Non c'è che dire: è una macchina schiaccia sassi che procede inarrestabile per cercare di mantenere il potere.
Parlo di potere e non di governo proprio perchè di cose da fare per l'Italia ce ne sono parecchie ed urgenti, ma quel che interessa al Premier è restare in sella il più a lungo possibile; cerca di resistere in qualsiasi modo perchè i timori che lo minacciano non saranno sciolti prima di metà gennaio quando la Consulta si pronuncerà sulla regolarità della legge sul legittimo impedimento.
Se la Consulta sancirà che è tutto regolare potrà tirare un sospiro di sollievo (dovendo comunque pensare a sostituire la legge con un lodo costituzionale) su un tema che lo ha mandato in affanno dall'ottobre 2009, affanno che ha imposto al Parlamento e all'Italia di preoccuparsene incessantemente per tutto questo tempo.
Se la Consulta dovesse dichiarare che la legge va cassata ecco che dovrà pensare, inventarsi, qualche cosa di nuovo per cercare di non andare davanti al giudice.
In entrambi i casi la sua campagna "acquisti" dichiarata ha chiaramente il senso di precostituirgli una maggioranza ben più ampia di quella ottenuta il 14 dicembre perchè senza quella non gli sarà possibile predisporre contro mosse e significherà quindi elezioni anticipate in una campagna avvelenata dalla situazione giudiziaria critica in cui si verrà a trovare.
Gli eventi di questi giorni comunque dimostrano un fatto del tutto evidente: qualsiasi situazione personale e politica scabrosa in cui si è venuto a trovare il Premier è ininfluente sul livello di apprezzamento da parte dei parlamentari che lo continuano a votare.
Intendo dire che degli scandali emersi, delle azioni di disinformazione, delle annunciazioni mai seguite dai fatti relative alla sua azione di governo il suo schieramento non è nemmeno sfiorato dal dubbio se sia etico o meno sostenerlo; il suo schieramento se ne fa un largo baffo, anzi a chi, folgorato sulla via di Damasco si sfila ecco che ci sono altri uomini pronti a rinnegare il voto ottenuto ed andargli in soccorso, attendendo ovviamente adeguata gratitudine.
Questo fenomeno accade anche nella società civile, nell'opinione pubblica, perchè i sondaggi certamente severi rispetto alla sola primavera scorsa riconoscono al Pdl e alla Lega ancora un forte riconoscimento, come se quanto è accaduto e quanto sta accadendo non avesse alcun significato alcun peso.
Forse ciò dipende dal fatto che non si intravedono alternative all'orizzonte per cui qualsiasi peccatuccio o nefandezza viene trangugiato in attesa di tempi migliori.
Il modello proposto dal centrodestra è decisamente logoro ed inconcludente, ma ciò nonostante, pur riproposto, viene accettato o tollerato.
Le forze di Centro e quelle di Centrosinistra si devono rendere conto una buona volta che se intendono fare una azione politica nell'interesse dell'Italia e degli Italiani si devono mettere al lavoro per cominciare ad elaborare un modello convincente e compatibile fra i due poli perchè altrimenti il pericolo è che che questa maggioranza di centrodestra continui all'infinito, per di più non combinando un bel fico secco.
Se non si è capito il Premier agisce per concretizzare mire personali e la sua politica, mai confessata, è proprio quella di far credere che la eserciti, che amministri, mentre in realtà il suo scopo è proprio quello di non far nulla.
Quindi apprezzo la nascita di questa aggregazione di centro che dovrà avere l'accortezza di elaborare una strategia compatibile con quella del centrosinistra; cercare insomma un modello aggregante evitando i temi di conflitto (sappiamo che Casini e Fini la vedono in modo diverso su tempi molto delicati come quelli legati alla vita) ed evitando altresì le conventio ad escludendum.
Non mi piacciono infatti le affermazioni (sulle quali gli esponenti Pdl/Lega gongolano) con il Pd si, ma non con l'Idv o il Sel perchè se si tratta di modus operandi o di strategie, sarà bene parlarne a quattrocchi studiandole insieme (su queste il Cdx è abilissimo); se invece si tratta di temi delicati (che guarda caso sono importanti ma non urgenti e generalizzanti) sarà bene prendersi tempo ed occuparsi invece di temi ampi ed urgenti su cui trovare più facilmente convergenza.
Sia chiaro che l'atteggiamento deve essere reciproco ed in questo senso il PD, che è il partito più ampio, ha il compito più complesso ed impegnativo per cercare nel Cdx aggregazione compatibile con il Gruppo di Centro.
Mi spiego meglio: l'urgenza oggi è metter mano a tutti i fattori economici (e sociali conseguenti) per cui urge una riforma fiscale ed una politica industriale ed economica che favorisca il rilancio del paese; andare ad arenarsi come avvenuto in passato per esempio sui Dico e magari arrivare ad una spaccatura sarebbe una follia che l'elettorato non capirebbe mai.
Non si tratta certamente di riproporre una nuova Unione o un nuovo Ulivo: si tratta da parte di Pd+Idv+Sel da un lato e di Udc+Fli,Mpa dall'altro di definire proposte compatibili che possano aggregare la maggioranza dell'elettorato perchè con questi chiari di luna non è assolutamente prevedibile poter modificare la legge elettorale eliminando l'anomalia del premio di maggioranza assegnabile alla coalizione e non al partito che ha preso più voti (il Cdx sta pensando addirittura di introdurlo anche al Senato: sono curioso nel vedere come ciò sia possibile poichè la nomina dei senatori è su base regionale!).
Certo se fosse possibile cambiare la legge elettorale sarebbe più facile proporre progammi da "incrociare" poi con le alleanze successive (non scandalizziamoci poichè è successo di recente anche nel Regno Unito patria del bipolarismo), visto che l'attuale favorisce ampie maggioranze (fin che durano), ma non automaticamente ampia governabilità.
Concludendo: c'è poco da festeggiare sia per il Centrodestra che per il Centro e il Centro sinistra.
Il primo ha ottenuto una vittoria di Pirro, mentre gli altri hanno la possibilità di rimontare pur con le differenze che li possono caratterizzare.