venerdì, settembre 21, 2012

"MANI PULITE" ATTO SECONDO

Dopo i fatti giudiziari del 1992 si diceva che "Mani Pulite" non era stata spazzata via dagli interventi della Magistratura, ma che il malaffare era semplicemente diventato molto più caro di prima.
Niente di più vero: infatti anche i recenti fatti avvenuti alla Regione Lazio sono l'ennesima riprova di quanto sta ancora accadendo.
Eventi indecenti che fanno incavolare non poco gli italiani (e inorridire l'opinione pubblica e politica internazionale) perchè tutto questo deriva dal fatto che le politiche applicate in questi ultimi venti anni si sono rivelate inefficaci ed anzi hanno costituito un propellente prodigioso per creare malaffare e situazioni indecenti ed inacettabili.
A livello regionale oggi avviene nel Lazio, ma ieri è avvenuto in Sicilia, Calabria, Abruzzo, Lombardia (da Penati a Formigoni) e chi sa dove e quando ne potremo, purtroppo, riscontrare ancora.
Per non parlare dei Comuni grandi e piccoli dove da un lato tutti questi nuovi politici si credono dei vicerè e dall'altro il loro intervento ha favorito la screscita esponenziale della corruzione, del malaffare e dei comportamenti da ricchi parvenu.
No parliamo poi dei partiti, anche se non tutti, dove abbiamo riscontrato nei mesi scorsi comportamenti indecenti come nella Lega dove i privilegi risiedevano addirittura nel suo vertice (per quanto ne sappiamo), nella Margherita con il caso Lusi, nell' Udc (con  Cuffaro in Sicilia),ma poi anche seppure con casi sporadici nel Pd (Penati) e soprattutto nel Pdl dove l'elenco si fa veramente lungo sia a livello comunale (Roma fra tutti), sia a livello complessivo, comprese le leggi ad personam.
Il primo errore della politica, di certi schieramenti in particolare, ma non gli unici purtroppo, è stato quello di premiare in modo indecente tutti i managers di stato, o gran commis, ricoprendoli di privilegi e ricchezza, in modo esponenziale rispetto a quanto non avvenisse nella cosiddetta prima repubblica (dove il fatto di essere un gran commis costituiva di per se un privilegio).
La seconda, del tutto analoga, è stata quella di mettere a disposizione dei politici risorse smisurate in tutte le forme, dagli assegni connessi alla loro elezione, sia nazionale che locale, al funzionamento dei gruppi consigliari locali e parlamentari allo scopo di spingerli a fare bene il loro dovere.
Queste due grandi scelte si sono rivelate fallimentari intanto perchè non è assolutamente vero che dare più sicurezza e tranquillità economica, non significa produrre miglior lavoro o migliori risultati.
I fatti stanno dimostrando proprio il contrario e cioè che la tranquillità economia ha invece favorito sia a livello di managers di stato, sia a livello di politici a tutti livelli (anche nei comuni più piccoli) comportamenti e malaffare molto diffusi, fatti di cui forse non percepiamo l'entità complessiva, perchè ne veniamo a conoscenza a poco a poco.
Anzi i politici si sono inventati sistemi ancora più sosfisticati, moltiplicando gli esistenti, per drenare ricchezza a proprio favore per scopi che si sono rivelati poi del tutto fittizi ed impropri.
Nella Margherita i fondi per aver partecipato alle elezioni del 2006 sono stato versati in 4 annualità (la quinta per tutti i partiti è stata annullata in Parlamento con apposita legge) e quese risorse sono rimaste inutilizzate poichè questo partito ha contribuito alla nascita del Pd, fino a chè il tesoriere Sen. Lusi ha pensato bene di spenderne per fatti personali circa 25 milioni  ed oggi è in grado di ritornarne solo 15 milioni perchè sul denaro trafugato ci ha pagato le tasse sia sul trasferimento (fatture fittizie a carico della Margherita) sia sul loro investimento (iva ed altre tasse) !
Alla Regione Lazio si è scoperto che il finanziamento al gruppo consigliare del Pdl, che aveva lo scopo, come per gli altri, di sostenere sia l'attività consigliare che quella politica dei vari cosiglieri, è stato utilizzato soprattutto per feste e sperperi vari sotto forma di un rivolo inarresabile a favore dei vari esponenti grandi e piccoli del Pdl.
A differenza del Parlamento in Regione Lazio per fare gruppo consigliare basta un consigliere con tutte le prebende che ne derivano ( i circa 4 mila euro in aggiunta servono pe la segreteria personale del consigliere)per cui le somme messe a disposizione si dilatano in modo indecente; peraltro la loro inutilità pressochè totale è giustificata daloro utilizzo appunto molto spesso indecente.
Questo che cosa ci insegna ?
Fa capire a tutti che non sono sufficenti le punizioni politiche 8oltre a quelle giudiziarie) che volta volta, ma solo sui casi che si scoprono mano mano, i partiti somministrano ai politici del malaffare.
Le risorse copiose oltre che ad essere improduttive e pesare sempre di più sul bilancio dello Stato (vale per i politici ma anche per i managers di stato) costituiscono una sorta di vademecum per operare in grande sul malaffare, favorendo anche la corruzione più generale.
Certificano il fatto che sono sproporzionate agli scopi per cui sono state istituite; un molto di più insomma che porta a scialaquare risorse senza alcuna forma di controllo da parte delle istituzioni.
Il denaro derivante dai finanziamenti alla politica costituisce una sorta di anestetico, di una droga che può sollecitare ( i casi noti si presentano sempre più numerosi)  la ricerca di ulteriori risorse a tutti i costi per soddisfare necessità crescenti; dall'acquisto di ville hollywoodiane, ai panfili, alle vacanze da nababbi, per politici nababbi, che nababbi non sono.
L'assioma che il ricco politico non può essere portato a rubare  (ha già del suo) è quindi fasullo, visto che un parlamentare o un consigliere locale ricco continua la sua professione tranquillamente incrementandola con gli effetti derivanti dal suo ruolo, e chi ricco non è cerca di trovare il modo per diventarlo velocemente approfittando del proprio status.

Per quanto riguarda i managers di stato il Governo Monti ci ha messo già un bello stop, introducendo la soglia dei 300 mila euro di retribuzione annua lorda (mancherebberono ancora una ventina di gran commis da far rientrare sotto questa soglia).
Ha inoltre introdotto la non cumulabilità delle retribuzioni alla quale nessuno in passato ha avuto il coraggio di metter mano; cioè ad alti dirigenti assegnati ad altri incarichi (fuori ruolo) percepivano due retribuzioni per un lavoro solo ! 
Tocca ora alla Politica ad attuare una vera e propria rivoluzione con decisione selezionando tutte le anomalie indecenti che sono emerse progressivamente in tutti questi anni.
I primi timidi interventi non sono sufficienti quindi; costituiscono una linea certo positiva, ma che va percorsa, accellerando, con grande coraggio.
Il Parlamento ha già stoppato il finanziamento pubblico ai partiti esistente, bloccando l'erogazione della quinta rata annuale, modificando entità e termini di erogazione futura; per i gruppi parlamentari ha introdotto la certificazione dei bilanci da parte di agenzie specializzate esterne.
La Regione Lazio su proposta della Polverini sta rivedendo la sovvenzione ai gruppi parlamentari, mentre il Pdl starebbe cacciando  i consiglieri "indecenti".
Ma tutto questo non basta assolutamente per altri casi, come la Lombardia, dove l'operazione di pulizia non è stata completata assolutamente.
Sono le regole che vanno rivoluzionate riscrivendole e in questo senso i partiti, ed il Pd in particolare, ne possono fare tema centrale nella imminente campagna elettorale, olte che con iniziative da mettere in cantiere sin da subito.
Non si tratta grillescamente di puntare ad una vita del sistema politico che viva d'aria, ma per prima cosa occorre rivedere le entità delle sovvenzioni che si stanno rivelando, proprio perchè sempre più copiosamente sperperate, veramente eccessive e saproporzionate rompendo il principio della comparazione che ci ha portato a questi livelli, con una rincorsa all crescita del tutto proporzionale alla crescita del debito dello Stato.
Che cosa centra parificare il compenso di un parlamentare - e via discendendo di un consigliere regionale, provinciale, comunale, ecc - con u magistrato di altro grado ?
Noi ci dobbiamo domandare quanto denaro si può permettere di spendere lo Stato (cioè tutti noi)per sostenere la vita personale degli eletti che si devono dedicare esclusivamente al loro compito e al loro collegio di appartenenza.
Se non si fa così ci troviamo di fronte al fatto che emergono cifre assegnate individualmente mastodontiche (tra una cosa e l'altra parliamo di 13/15 mila euro il mese !), alle quali si accompagnano le risorse assegnate ai gruppi parlamentari o consigliari.
Si dica quel che si vuole, ma cifre del genere sono per l'opinione pubblica incomprensibili ed inaccettabili.
Le proporzioni sono in grado di farle tutti per cui qualsiasi lavoratore fa i suoi conti per compiere il suo ruolo in famiglia, sul lavoro e nella società e l proporzioni devono per forza esistere quando si parla del sostegno agli eletti.
Il giochetto poi che queste sovvenzioni servano al sostentamento, alla attività politica istituzionale e a quella di eletto nel proprio collegio, costituisce elemento per giustificare il livello del finanziamento, ma è evidente che questo si somma a quello attribuito ai partiti e quindi molto spesso per le stesse funzioni arrivano più aiuti da parte delle casse dello Stato; sempre sulle stesse persone che ovviamente risultato freddamente ubriacate da tanta ricchezza.
Il finanziamento dei partiti serve quale contributo alla campagna elettorale sostenuta e queste somme vanno quindi spalmate sulle loro strutture territoriali in aggiunta alla logica dell'autofinanziamento da parte degli iscritti e degli eletti, logica  che con questo sistema molto spesso è divenuto infinitesimale.
Poi ci sono i gruppi consigliari, parlamentari o degli enti locali ed anche qui la musica non cambia con situazioni paradossali come nel Lazio.
Ne consegue che gli eletti ricevono invece denaro da varie fonti per lo stesso identico scopo e a tutta questa montagna di denaro si aggiungono le spese di funzionamento delle strutture amministrative e legislative.
Districarsi da questo ginepraio e mettervi ordine diventa un lavoro improbo che va a toccare interesi diretti da parte degli interessati per cui ci troviamo di fronte ad una situazione paradossale per cui il Governo in varie forme punta al risparmio della spesa; il che significa che le strutture locali in particolari ricevono meno contribuzioni, ma questo trova un tappo perchè la prima cosa che si fa è bloccare i servizi, evitando virtuosisti sul fronte di disparmio delle spese di funzionamento e del sistema di governo locale.
Ora che questo marciume sta emergendo prepotentemente solo i partiti che hanno  la posizione diaciamo così più virtuosa, possono avere l'opprtunità di metter mano ad una riforma veramente rivoluzionaria.
In particolare il Pd ed altri partiti di centro-sinistra hanno la possibilità di trovare molti meno ostacoli al loro interno per utilizzare soluzioni draconiane costringendo i meno virtuosi al cambiamento, pena lo svergognamento ufficiale nell' opinione pubblica.
Addirittura può costituire un terreno formidabile in campagna elettorare per la moralizzazione della vita politica, ma nello stesso tempo per sottrarre a malaffare e alla corruzione una montagna di denaro che si può alloccare sia per diminuie il debito sia per rilanciare la nostra economia incidendo su poche ma determinanti leve che la possono far ricrescere in modo significativo.
Qui le idee dei giovani o dei "vecchi" hanno la più ampia cittadinanza: sta a loro trovare la formula migliore per proposrle e soprattutto per attuarle.
Si tratta di operare per linee "verticali" cioè Parlamento, Regioni, Provincie (quelle che restano) e Comuni con regolamenti dalle caratteristiche analoghe, che seguano pertanto la stessa filosofia strutturale.
E' vero che il coinvolgimento a tutti i livelli territoriali di uomini e partiti non casà certo semplice, ma è
evidente che le attribuzioni delle risorse ricostituite in modo razionale ed economico produrrà una disponibilità di risorse impensabile.
Si pensi che l'intervento della Polverini sul regolamento della Regione Lazio dovrebbe produrre risparmi per   circa 25 milioni di euro l'anno; questo solo per questa regione per cui pensando a tutte le altre regioni è ragionevole pensare che spazi di contenimento della spesa ce ne siano parecchi.
Se poi pensiamo a tutte le altre strutture territoriali e centrali è presumibile pensare che i recuperi risulterebbero veramente importanti, anche da parte dei "virtuosi" come la Lombardia dove però il malaffare è dilagato a dimostrazione che questo virtuosismo è del tutto relativo (non c'è meglio, al meglio).
Diversamente "mani pulite" parte seconda scoppierà inesorabilmente, ma è certo comunque che non potrà essere la Magistratura a risolvere malaffare e orruzione: potrà solo perseguirle, ma poi .....?

mercoledì, settembre 19, 2012

LE RAGIONI DI SERGIO MARCHIONNE


Marchionne, nella intervista a Ezio Mauro di Repubblica ha spiegato le sue ragioni e lo farà, credo, nell'incontro con il Capo del Governo Monti.
Resta il fatto che quando Fiat - nel 2009 - quindi a crisi finanziaria da subprime già bella e scoppiata -  annunciò l'acquisto di Chrysler spiegò che era necessario per raggiungere la massa critica di almeno 6 milioni di autovetture (ora siamo a quattro circa) poichè vedeva nel Mercato futuro del settore l'esistenza di pochi ma grandi competitors.
Torna strano quindi che non abbia previsto un mercato europeo in crisi - sanno tutti che dopo la crisi finanziaria fa sempre seguito una crisi economica - e che la promessa di 20 miliardi di investimenti non poteva essere mantenuta per le ragioni che ha spiegato oggi.
Del resto la produzione di nuovi modelli di auto necessita di tempi di gestazione non certo brevi quindi la programmazione è d'obbligo, compreso il fatto di capire come tira il vento.
Non solo capire quindi quale può essere il livello della domanda, ma anche e soprattutto la sua qualità.
Fiat insiste su modelli medio bassi ed ha praticamente abbandonato i modelli medio alti che si rivolgono a fascie elativamente più ristrette di consumatori, ma meno attaccabili dalle crisi.
Sa poi gestire con profitto i nuovi mercati (Brasile)e gestire quelli ad alta concorrenza (Usa/Canada), ma lascia la polpa alle altre case automibilistiche europee sia sui mercati Ue che sui mercati emergenti dell est europa (per non parlare del far east).
Resta il fatto che il Mercato non è una entità empirea, ma è condizionato e condiziona le variabili che lo compongono per cui l'impresa non può essere una sua componente che sta ad aspettare la manna dal cielo.
Se si chiede al lavoro di assumerci le sue esponsabilità guadagnandosi la pagnotta ogni giorno, anche l'impresa deve fare altrettanto, magagari con accordi stringenti, ma chiari e reciproci.
Ma ancora: La Fiat, come peraltro tante altre imprese purtroppo in altri settori (quindi è un loro vulnus questi), non ha saputo cogliere le opportunità che potevano favorire da un lato la crescita, ma dall'altro una maggior spinta sul rinnovamento produttivo e commerciale.
Nel senso che se l'impresa ha un vantaggio estero e temporaneo deve certo soddisfare la ragione del capitale, ma deve anche metter fieno in cascina per riorientarsi se occorre o rilanciare per quando il vantaggio verrà annullato.
Per esempio quando lo stato italiano ha rinunciato alla super iva sui modelli con potenza superiore ai 2.000 cc Fiat non ha spinto sulla fascia che si stava prospettando più accessibile (anzi, Ferrari a parte,  l'ha ristretta), soprattutto nel settore dei consumatori privati (per le soceità l'iva è una partita di giro scaricabile fiscalmente) come invece hanno fatto altre case automobilistiche europee (vista la loro crescita anche sul mercato italiano).
Il vantaggio era per tutti i produttori e quindi l'opportunità andava colta anche dalla Fiat.
Marchionne poi dice che dieci anni abbondanti di incentivi da parte dello Stato, quindi di noi tutti, per favorire il cambio delle autovetture e ringiovanire il parco macchine degli italiani, ha in realtà drogato il Mercato interno tanto da saturarlo, o renderlo moribondo come dice lui.
Questo può essere vero, ma ciò non toglie che per le case automobilistiche questo vantaggio era una vera opportunità per mettere in cascina risorse da investire per i tempi futuri quando il sostegno sarebbe sparito.
La riprova sta nel fatto che l'opportunità era per tutti i produttori europei e molti hanno colto l'occasione sia per aumentare la loro quota di mercato in Italia, sia per preparsi al futuro.
Quello da cui non può esimerci quindi, oggi, Marchionne, a prescindere dai numeri che inequivocabilmente  potrebbero dar  spiegazione alle sue decisioni, è il fatto che l'impresa italiana, Fiat e in parte molte altre, deve ripensare alla loro filosofia di impresa, perchè le scelte fatte nel recente passato, scelte conservative e di retroguardia, sono proprio quelle che condizionano la crescita del paese, per cui oggi non vi è spinta sufficiente per una crescita robusta della ricchezza, che traccheggia  ormai da almeno un decennio.
Ci sono certo altri elementi che frenano la crescita, per esempio i bassi salari, ma non si può equivocare sul livello della pressione fiscale che abbassa i redditi netti, perchè la tassazione ritorna alla collettività sotto tamte e varie forme.
Intendo dire che se anche riuscissimo, come mi auguro,  a diminuirla, tagliando tutti gli sperperi, compresi quelli della corruzione e della politica (come ci viene riferito ancora in questi giorni), se l'impresa non cambia la sua mentalità, ne beneficierebbe per un pò d'anni di questo vantaggio effimero, ma poi ci si ritrovebbe nello stessa analoga situazione (degli sperperi, della corruzione non ne beneficiano certo i marziani).  
Oggi Fiat tramite Marchionne afferma che non se ne andrà dall'Italia (e dall'Europa) anche se le perdite (700 milioni l'anno) verranno coperte dai profitti della produzione del nord e sud America; potrà anche, strategicamente, decidere di ridurre, temporeneamente la produzione (cosa che peraltro già fa), ma dovrà certamente ripensare alla sua politica industriale e commerciale per riprendersi, in Italia e nel mondo, un ruolo di grande competitor: le opportunità non mancano di certo pensando ai mercati emergenti e al nuovo ruolo che può avere l'Italia e l'Europa sulla scena mondiale. 
Per parte loro il lavoro e soprattutto la politica dovranno prendersi le loro responsabilità; in particolare la politica dovrà indirizzare, confrontandosi con lavoro ed impresa, lo sviluppo su scenari credibili.
Non parlo ben inteso di incentivi di qualsiasi genere, ma di nuove regole che favoriscano nuove opportunità, che rendano più snello il mondo del lavoro, dove, è ovvio ed implicito, non ci deve esser spazio a posizioni super protette.  

domenica, settembre 16, 2012

L' ETICA NELL' IMPRESA

In questi giorni si stanno acuendo le problematiche  che investono il settore dell'auto che in Italia vuol dire semplicemente F.I.A.T. ed infatti la società sta anticipando che, visto il livello calante delle vendite, gl impianti sparsi per l'Italia risultano essere sovra dimensionati tanto da oientarsi alla chiusura di qualche altro impianto dopo quello, buon ultimo, di Termini Imerese.
In sostanza il piano di rilancio che insieme alla acquisizione della Chrysler avrebbe dovuto portare alla produzione, tra i vari stabilimenti e società, di 6 milioni di autovetture e in Italia investimenti veramente consistenti si è miseramente infranto contro la realtà dell'economia mondiale.
La produzione e la vendita delle grandi case automobilistiche si è fermata o regredita  solo in alcuni casi la crescita di nuovi mercati ha podotto il mantenimento dei livelli produttivi.
La svolta "epocale" dei rapporti contrattuali e sindacali che sembrava la panacea a tutti  i mali imposta da Fiat si è rivelata la classica foglia fico che nasconde le vergogne costituite dagli errori veri cioè quelli di non aver puntato al miglioramento del prodotto, ma soprattutto all' offerta di nuovi modelli che potessere attrarre nuovi mercati e incentivare le sostituzioni di prodotto.
Non erano quindi i rapporti ingessati (?) tanto sbandierati la palla al piede della crescita di Fiat poichè ancora una volta si è puntato ad accordi a senso unico senza quindi inserire clausole reciproche di salvaguardia; peraltro questa formula viene applicata invece da Fiat oltre oceano e sembra dare i suoi frutti, nonostante i Sindacati nordamericani non siano delle mammole, visto che il Gruppo Fiat produce ormai il 70% (tra Canada, Usa e Brasile) fuori Europa.
Queste posizioni a brutto muso assunte da proprietà e management di Fiat hanno certamente una caratteristica e cioè quella che l'impresa fa un pò quel che vuole senza dover render conto a nessuno; in effetti la libertà d'impresa non è un dogma assoluto, perchè deve tener conto delle libertà individuali per conseguire un reciproco rispetto.
Resta però il fatto che questo atteggiamento può far emegere posizioni, per esempio, di superamento di leggi come quella 300/70 e relativo art. 18 che avrebbero costituito un freno, una remora alla crescita del nostro paese.
In realtà, la verità storica è che questa legge ha regolamentato il mondo del lavoro che stava assumendo, a seguito del boom economico italiano caratteristiche poco chiare con  forti incertezze che stavano provocando, guarda caso,  una forte divisione della ricchezza prodotta in italia.
Se ben ricordiamo la crescita era robusta (la lira nel 1960 fu dichiarata la moneta più forte della terra) anche se un pò forsennata e caotica tanto da far crescere le classi sociali e nuovi ceti sociali, ma non in modo sufficientemente armonico.
Regolamentare quindi non vuol dire imbrigliare, ma individuare regole chiare per tutti  separando, fra l'altro gli aspetti professionali ed conomici dalla sfera privata (diritti politici ed individuali) non solo caratterizzati dalla legge in questione, ma anche da altri eventi importanti dal referendum sul divorzio, a quello sull'aborto o alla eliminazione del del delitto d'onore.
Del resto anche oggi i "liberi mercati" all'omba delle poche regole hanno prodotto di bei sfracelli. 
Peraltro dal 1970 l'Italia ha vissuto una crescita importante della ricchezza nonostante le forti incertezze provocate da periodi oscuri come quello del terrorismo o dell'inflazione galoppante a due cifre.
Caso mai è stato dal 1992 che non si proseguito sulla strada del risanamento del paese con linee chiare e decise che lasciassero trasparire quella che avrebbe duvuto essere immaginata l'Italia del futuro: l'biettivo fu, raggiunto, quello dell'euro, ma poi la stasi è tornata ad imperversare.
Ed ancora oggi, politica, lavoro e impresa non hanno ben chiaro quale vuole essre il loro contributo per una rinnovata crescita eonomica e sociale del paese; deve essere chiaro infatti che se la politica non sollecita le convergenze logiche tra lavoro ed impresa di progetti a lungo termine e strutturali se ne faranno ben pochi. .
Sempre sulle scelte di Fiat si espongono le posizioni abbastanza urticanti di un grande imprenditore come Della Valle che parla di rispetto dei lavoratori o di un ex-manager come Cesare Romiti (il che è tutto dire)che attribuisce tutte le responsabilità di questa grande defaillance in Italia ed Europa al management della Fiat appunto(con Cisl e Uil, ma non Cgil) che non ha saputo coniugare la crescita di prodotto a quella di processo.
Il comportamento di Fiat quindi sul piano etico è parecchio discutibile, peraltro seguito anche da parte del mondo imprenditoriale che non ha saputo uilizzare appieno la grande opportunità data dalla nascita dell'euro.
La stessa imprenditoria, anche quella straniera, afferma che la vera palla al piede è la burocrazia dello stato e degli enti locali, sapendosi ben destreggiare sulle "stampelle" datele dalle forme contrattuali atipiche; allo stesso tempo però ha dato più fiducia a chi prometteva radiosi futuri, ma che per snellire la macchina statale non ha fatto proprio un bel nulla.
Oltre a Fiat abbiamo Alcoa, Ilva, e tante altre, ma a livello politico nessuno che ponga ed imponga confronti chiari sulle situazioni di crisi, senza ben inteso superare la sfera che riguarda la posizione dell'imprenditore stesso.
Il Governo ed il Parlamento hanno tutto il diritto i chiedere conto alle varie imprese che danno segni di cedimento o disimpegno del loro operato.
Un semplice ragionamento: Fiat, ma vale per Alcoa e tanti altri, utilizzano infrastrutture create o messe a disposizione appunto dallo Stato italiano ed enti locali come la creazione e manutenzione di strade, porti, illuminazione pubblica, servizi di tasporto di terra di mare e aerei, sicurezza, ospedali, assistenza medica anche nelle zone di loro insediamento (e la sfilza è ben più lunga), ebbene perchè mai non chiedere a brutto muso che intenzioni hanno ?
In fin dei conti tutte queste infrastutture e servizi sono stati posti in essere anche nel loo interesse e son stati pagati da tutti i contribuenti italiani, imprese comprese !
Del resto vediamo che la struttura economica di un paese è il risultato di un complesso di componenti indissolubilmente legate fra di loro e se un anello di questa catena ideale di indebolisce questo inflenza anche gli altri anelli per cui contribuire a spezzarne uno significa mettere a repentaglio se stessi ed anche tutti gli altri.
A Fiat in particolare quindi, ma non solo, va chiesto il conto, dopo aver beneficiato per anni di contributi della collettività (alla quale ha pure ritornato parte dei vantaggi) della sua decisione di svicolare dal'Italia (ma penso anche dall'Europa visto che in Serbia non mi sembra abbia fatto passi da gigante).
Non si deve dimenticare quindi mai che qualsiasi iniziativa imprenditoriale perchè riesca deve sempre e omunque poggiarsi sugli uomini che la compongo e sugli uomini e donne che acquistano i suoi prodotti e servizi; diversamente è destinata all'estinzione !!




mercoledì, settembre 05, 2012

EURO E L' UNIONE MONETARIA E POLITICA MANCATA

Non c'è che dire: dopo 10 anni, anzi di più, poichè i rapporti di cambio tra Euro e quasi tutte le monete europee furono fissati nel 1998 (Governo Prodi e Ministro dell'Economia Carlo Azelio Ciampi) i governi europei si lamentano della fragilità della nuova moneta e non si decidono a trarre le decisioni utili alla sua stabilità, abbandonando posizioni campanilistiche che pur con qualche ragione non sono utili a risatabilire un equilibrio politico, economico e monetario che consenta all'Europa di nvigare in acque tranquille.
Allora infatti con la determinazione del rapporto di cambio il primo effetto che il mondo politico, economico e sociale verificò fu quello del veloce allineamento dei tassi di riferimento dei vari stati; fu evidente il fenomeno per i tassi italiani che si allinearono velocemente a quelli tedeschi e fancesi, quasi a significare che le varie economie, pur con le differenze che tuttora permangono, erano del tutto similari ed equivalenti.
La nuova moneta doveva "combattere" contro la moneta "principe"del nostro mondo, cioè il dollaro americano il cui rapporto era circa 0,88 (ovvero per acquistare un euro bastavano soltanto 0,88 Usd).
L'Italia con questa adesione rinunciò alle politiche passate che le consentivano le svalutazioni competitive della lira per competere appunto con le oconomie del mondo e imboccando la strada del riequilibrio monetario e della riduzione del debito dello stato.
Cosa non da poco questa perchè l'unificazione dei cambi e dei tassi consentiva all'Italia di competere ad armi pari con gli altri paesi Ue ed exta Ue senza pagare scotti pesanti nell'approvvigionamento delle materie prime (petrolio in primis), ma anche e non solo sull'approvvigionamento di finanza da parte dello Stato (costo del debito).
Questo significava per imprese e famiglie di poter approvvigionarsi di denaro c(on mutui o con credito al circolante o al consumo)  a costi veramente contenui tanto che per le famiglie pe esempio erano portate all'acquisto del proprio  alloggio poichè la rata mensile dei mutui era inferiore al canone d'affitto.
C'erano quindi tutti i presupposti per una crescita delle economie europee sostenuta, ma mentre per  Francia e soprattutto Germania si colse l'occasione per procedere a modifiche strutturali che ora le fanno vivere oggi sogni "relativamente" tranquilli, mentre altri stati hanno clamorosamente sbagliato le loro scelte di lungo periodo, come la Spagna che come uno strumento monocorde ha insistito sullo sviluppo essenzialmente immobiliare o altri stati come Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna ed Italia che hanno cercato di nascondere sotto il tappeto la polvere, scegliendo cioè politiche congiunturali (che sono per principio politiche di corto respiro).
Per i governi di centrodesta cioè andava tutto bene (madama la marchesa) scegliendo di allentare le briglie convinti che le auto regolamentazioni dei mercati e dell'economia avrebbe prodotto la strada migliore e più efficace per tutti da percorrere.
Per la verità nel biennio di governo 2006-2008 (e prima nel 1996-2001)di centrosinistra le idee apparvero più coerenti - si parlava finalmente di riforme strutturali - ma la litigiosità e la polverizzazione della coalizione fece naufragare prematuramente questa iniziativa.
Ma comunque anche dopo il 2008, quelli che erano dei veri e propri cataclismi, ci furono descritti - ma sapevamo tutti che non era vero - come semplici turbolenze per non prendere una buona volta, con coraggio leonino, le decisioni purtroppo necessarie (ancora polvere sotto il tappeto).
Se ricordate nella campagna elettorale del 2006 di parlava di famiglie che non arrivavano alla quarta settimana; nel 2008 d narrava delle famiglie che non arrivavano alla terza ed ecco che alla fine la tranvata è arrivata, quasi inaspettata nel 2011,   e se non esistesse la moneta unica l'Italia sarebbe nuovamente nei guai come quando si sorbi, per quasi 20 anni l'inflazione galoppante a due cifre (si cominciò nel 1974 e l'ultima fiammata fu nel 1995).
Cosa è mancato dunque ?
Innanzitutto alla unione monetaria non ha fatto seguito l'unione politica o per lo meno l'unione coordinata delle politiche nazionali.
Ciò significa che non può essere sufficiente governare a livello di Bce il tasso di riferimento, ma occorre, se non un governo centrale, almeno un coordinamento delle politiche dei singoli stati, a prescindere dal loro "colore".
Intendo dire che non è sufficiente rispettare i parametri di Maastricht (paamentri che peraltro sono stati più volte disattesi), ma occorrono politiche nazionali che tendano sempre allo stesso obiettivo.
Se poi per raggiungerlo le politiche nazionali privilegiano i ceti medio alti o quelli medio bassi questo dipenderà dalle scelte elettorali fatte dal singolo paese, ma  la meta sarà senz'altro quella sola da raggiungere.
In Italia dicevo si  è colta per l'ennesima volta palla al balzo per cercare di schivare, noi tutti, le nostre responsabilità e se da un lato ci sono satati lavoratori dipendenti che si sono trincerati dietro il lavoro a stipendio fisso, e dall'altro molti imprenditori hanno preferito puntare sulla innovazione di processo anzichè di prodotto, magari utlizzando a piene mani i contratti "flessibili".
Gli altri imprenditori, ma sono i meno,  che hanno puntato sul prodotto e  sull'innovazione, oggi si trovano in acque più tranquille ed esportano pure, anche se il rapporto con il euro/dollaro americano è salito all ' 1,26 (ci vuole 1,26 dollari per comprare un euro).
Questa è forse la principale causa di una involuzione perversa che ha patito la nostra economia quella cioè di non aver puntato sulla crescita di valore aggiunto di prodotti e servizi; questo ha podotto retribuzioni incerte e a bassa crescita, provocando un avvitamento dell'economia, una reazione a catena depressiva (meno crescita, meno retribuzioni, meno consumi, meno crescita, ...).
Per contro la struttura finanziaria dell' Stato ha valori solo parzialmente incomprimibili: la revisione della spesa è certamente una buona strada, ma non facile da applicare - per le resistenze di tutti noi - e comunque lunga e costante da perseguire; il risultato è che il Pil cala e la spesa, o meglio lo stock di debito dello stato continua a crescere (anche per effetto dei contributi forniti al Fondo salva stati).
Mentre un tempo il differenziale dei tassi degli Stati implicava il maggior o minor livello di rischio del debito di ogni singolo Stato,  oggi si trasferisce direttamente sul costo del debito sovrano.
Ci troviamo di fronte ad una struttura dei tassi di riferimento (0,75%) e dei tassi finanziari (Eurobor ed Irs) veramente compressi, ma dei tassi del debito parecchio diversi (spread Bond/Bund 4,25%) che influenzano negativamente anche i tassi del credito a breve, medio e lungo termine.
Non dobbiamo mai dimenticare (evitando di dare incoscientemente addosso all'untore) che se lo Stato offre (è costtetto ad offrire) per i suoi titoli (bot,cct,bpt,ctz,ecc) determinati tassi è evidente che il nostro sistema bancario per accogliere risparmio deve offrire per forza tassi analoghi per cui questo spiega perchè un mutuo in Italia abbia un costo più caro del 50% rispetto a quello praticato da una banca in Francia o in Germania.
E' quindi un circuito perverso (o virtuoso a seconda dei punti di vista e dei momenti che viviamo) che non ha più le vie di fuga come un tempo (svalutazioni competitive) e ci mette perentoriamente di fronte alla dura realtà e all'obbligo di porvi rimedio con gande coraggio e tempestività.
Il meccanismo che ho descritto è applicabile in centomila altri casi o comparti economici del nostro paese.
Nel settore siderurgico per esempio abbiamo continuato a chiudere acciaierie e simili (Bagnoli, Trieste e Genova, Piombino, ecc), ma mai affrontato -forse per ricoscenza - il problema ambientale e sanitario di quella di Taranto.
Lo stesso vale per Alcoa, venduta dallo Stato per circa 220 milioni di euro, ma sostenuta con sconti sul costo della elettricità per anni; ed oggi si è arrivati alla chiusura ritardando di fatto il suo destino senza aver fatto nulla sul costo dell'energia ben più alto degli altri paesi (a prescindere che utilizzino quella tradizionale o quella di origine nucleare, eolica o solare).
Per non parlare di altri settori come l'automobile dove Fiat vende meno in Italia, ma non a favore di concorrenti,  perchè non c'è ricchezza disponibile per nuovi acquisti; il solito circuito perverso di cui accennavo in precedenza: calano i consumi, cala la ricchezza, calano i consumi, ...
Insomma, in finanza come  in economia, sempre scelte fatte a metà o mal fatte per cui in molti ne pagano oggi lo scotto, mentre i meno trovano sempe la strada per restare tranquillamente a galla.
Anche a livello europeo, nelle politiche Ue, si sono attribuiti poteri limitati alla Bce, sommatoria delle varie banche centrali nazionali ed assistiamo quindi al calo del tasso di riferimento (quando cala si vuol spingere sulla crescita, mentre quando cresce si vuol raffredarre la possibile inflazione) per cui per gli stati solidi questo andamento è pressochè ininfluente visto che i tassi interni calano spontaneamente, mentre per quelli più fragili più si abbassa più questi si inguaiano.
Ora il Governatore Draghi spinge affinchè si possa attuare una politica monetaria veramente efficace, per tutti, ma deve esser chiaro che questa deve essere intesa come una grande opportunità, non come l'ennesima occasione di non prendere le decisioni strutturali più utili ed opportune.
Anche il mondo delle imprese non può stare ad aspettare che il vento cambi: se aspettano questo il vento non girerà mai; proprio nei momenti di depressione vanno fatte le scelte coraggiose nel rilancio, anche migliorando la qualificazione professionale dei dipendenti, con opportuni accordi sindacali che abbiano riflessi redituali laddove è possibile.
Non si tratta certo di creare o inventarsi posti di lavoro artificiali, ma deve essere chiaro il concetto che se la crescita non è distruibuita tra le componenti sociali ed economiche è evidente che il meccanismo si inceppa sino a fermarsi.
Si è parlato tanto dell'articolo 18/300, ma una volta modificato si è forse visto qualche cambiamento ?
Si è visto forse l'utlizzo delle norme sull'apprendistato ?
Nemmeno l'ombra.
La disoccupazione cresce soprattutto quella giovanile ed il circuito perverso trova nuova linfa per disgregare ancor di più la  struttura economia e sociale dell'Italia.
Questa situazione è  come una catena di sant'Antonio, dove nessuno vorrebbe fare la prima mossa, parlo sia delle componenti politiche, economiche sociali interne che  dei nostri partners europei, per cui si continua a battere il passo, mentre la "macchina" va in stallo.
Un ultimo esempio: Draghi parla di possibilità da parte della Bce di acquisti illimitati delle emissioni di debito sovrani, beninteso con le opportune e doverose garanzie, ma la Merkel è assolutamente contraria al termine illimitato.
Anche qui la posizione è funzionale soltanto ai fini elettoralistici interni, perchè è evidente che non si tratta di montagne esorbitanti di danaro.
Si afferma infatti che la speculazione attacca - per ora - i paesi più fragili, ma di che cifre stiamo parlando ?
Il gioco della speculazione attacca il costo delle nuove emissioni di debito con poca spesa; su una emissione mensile. che so, di 10 miliardi di euro, basta un 10/20% per orientare all'in su i tasso di emissione  ed inguaiare tutta la filiera dei tassi e quindi la crescita del Pil, dei salari, dei consumi....
Non c'è dubbio quindi che è il quadro politico europeo, pur con le differenze decise dagli elettorati, che deve cambiare mentalità, ramentandosi dei principi ancora validi inseriti dagli stati aderenti sindal 23 ottobre 1954.