martedì, ottobre 20, 2009

I RIPENSAMENTI DEL MINISTRO TREMONTI

E proprio vero che sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico, ma in questi giorni ci troviamo ad ascoltare con attenzione le esternazioni del Prof. Tremonti che ci lasciano interdetti e stupiti tanto che non abbiamo ben capito se scherza o fa sul serio.
Per la verità questo "fenomeno" è iniziato qualche anno fa quando in piena economia di mercato globalizzato se ne uscì sollecitando azioni protezionistiche contro l'invadenza dei prodotti cinesi, dopo la caduta della moratoria doganale durata 10 anni.
In quel caso era evidente che la Cina (ma anche gli altri paesi emergenti) sviluppava la sua ricchezza prodotta incrementando la produzione volta all'esportazione, sfruttando il basso costo della manodopera che in forza di questo non poteva aumentare propozionalmente i consumi interni.
Ne è risultato che lo stato cinese è divenuto il principale sottoscrittore del debito pubblico americano e che i consumi dei paesi industrializzati erano fortemente riforniti dalla sua produzione.
Il fenomeno aveva ed ha due aspetti: il primo riguarda la qualità e salubrità dei prodotti (un tempo, per esempio le porcellane cinesi erano un segno di alta qualità e raffinatezza mentre oggi non risulterebbero affidabili sotto il profilo di qualità e salubrità); il secondo riguarda la estrema convenienza in termini di prezzo rispetto ai prodotti domestici.
Da che mondo è mondo i paesi più avanzati industrialmente hanno sempre innalzato innovazione e qualità per lasciare ad altri la produzione di prodotti a basso valore aggiunto tanto che già dalla prima rivoluzione industriale, caratterizzata dal passaggio dei telai (per cotone e lana) da manuali a meccanici sorsero le prime crisi produttive tanto da produrre forti emigrazioni di tipo coloniale.
Quindi in questo caso la produzione a basso valore aggiunto dei paesi industrializzati (Italia in particolare) è continuata tranquillamente senza tener conto che quei 10 anni di protezione sarebbero puntualmente finiti e che c'era tutto il tempo per convertire e ristrutturare destinando gli sforzi a nuove frontiere.
In questo senso i governi di allora ed anche i più recenti non hanno sviluppato una nuova politica industriale di concerto con le imprese, nemmeno mettendo mano alla revisione dei distretti industriali che hanno fatto grande il nostro paese.
Pretendere quindi di reintrodurre sistemi protezionistici era del tutto velleitario e non perseguibile.
Ricordo una vecchia e solida azienda veneta tuttora sulla breccia che produce macchinari sempre più avanzati tecnologicamente per la lavorazione della pelle; puntanto appunto sempre sulla innovazione e sulla qualità la sua storia non si arresta mai poichè se il prezzo del pellame (salt dry cow) era basso esportava le sue macchine in Eeuropa se invece si alzava notevolmente esportava negli altri continenti.
Riguardo al sistema bancario italiano ricordo benissimo che la principale accusa era quella di "nanismo" al pari di quella del sistema di distribuzione delle benzine e gasoli ovvero c'erano troppe banche solide ma troppo numerose e piccole (come i chioschi di benzina) per cui era necessario favorire un processo di aggregazione che le rendesse più grandi, più solide e più adatte a servire i clienti con offerte ad ampio spettro.
Questo successe anche con i chioschi di benzina il cui ampliamento e contestuale diminuzione nel numero avrebbe raggiunto masse critiche più ampie, maggior concorrenza e quindi prezzi più concorrenziali.
Il sistema bancario si è evoluto privatizzando tutte le banche di interesse nazionale ed enti di diritto pubblico ed oggi abbiamo dei campioni che non sfigurano assolutamente sul piano internazionale anche perchè sono cambiate le regole fondamentali (con la creazione della BCE ed un mercato unico per finanza e moneta) per l'erogazione del credito.
Non è più come un tempo (quello delle "bin" o dei "edp"che Tremonti rimpiange) dove per prestare più denaro occorreva raccoglierne sempre di più, calmierato dalle politiche monetarie di ogni stato (si chiamamo "limiti di accrescimento" professore), ma conta oggi la qualità del credito erogato che deve essere correlato alla forza patrimoniale di ogni singola banca, per cui se questo si deteriora per andamenti anomali dell'economia o per scelte avventate, la macchina del credito si blocca perchè i paramentri di solidità saltano.
Apprezzare quindi oggi da un lato la cautela attuata dalle banche nazionali nella erogazione del credito (rispetto ai subprime americani) e poi attaccarle perchè non aumentano il credito (con un calo del 21% della produzione industriale) come avessero il braccino corto, mi sembra una grossa contraddizione, fermo restando che un meccanismo per aiutare a vivacizzare l'economia va comunue trovato.
Se poi i "Tremonti bond" servono molto meno del previsto non ci si deve offendere, anzi, si dovrebbe essere contenti per le risorse rispamiate e pensare che altro mettere in campo per un vero rilancio dell'economia (con vincoli e limiti posti dalla restante fetta di mercato) che rimane l'obiettivo principale.
Ciliegina sulla torta, visto che non si può tornare indietro, ecco nasce la Banca del Mezzogiorno che potrà dare adito a forti frantendimenti: un certo tipo di società meridionale sgranerà gli occhi pensando ad una nuova e bella mucca da mungere, mentre l'altra si troverà qualche gocciolina da bere a stento.
Riguardo alla struttura del lavoro le recenti affermazioni del Ministro che auspicano un rafforzamento dei rapporti di lavoro fissi appaiono ancora di più sconcertanti.
Intendiamoci non auspico assolutamente che l'obbiettivo sia di rendere tutti i lavori autonomi (come qualche volta lascia trapelare il Premier) perchè i posti di lavoro a tempo indeterminato si sono ridotti in questi 20 anni, ma non possono scendere sotto soglie che non garantiscono una solida base produttiva ed industriale.
L'evoluzione dell'economia e la maggior circolazione di beni e persone ha contribuito l'incremento dei lavoratori autonomi e rapporti di lavoro subordinato più "sciolti" nel senso che tanti rapporti di lavoro a tempo indeterminato producono comunque spostamenti nei posti di lavoro ovvero nella vita lavorativa rapporti successivi con più datori di lavoro.
Quello che è stato un buco nell'acqua - e da questo non se ne può chiamare fuori il ministro Tremonti cospargendosi il capo di cenere - è stata la maledetta flessibilità trasformata in precarietà da un tutte le categorie di datori di lavoro (stato e parastato compreso) che sta creando una vera e propria crisi sociale in questa fase economica di recessione.
Questa manovra iniziata con l'accordo e consenso di tutti 15 anni fa ha prodotto una forte diminuzione della disoccupazione, ma vediamo ora che è come un "gigante con i piedi d'argilla" dove i sistemi di protezione sono modesti o inesistenti in una fase recessiva e dove il sistema delle imprese ha continuato a privilegiare il contenimento dei costi del lavoro, a considerare il fattore lavoro come un attore intercambiabile o incidentale, dimenticando che il fattore vincente è sia la produttività ma anche - e soprattutto - la maggior qualità; e la miglior qualità non si raggiunge con maestranze incerte o troppo intercambiabili.
Se a questo aggiungiamo che il sistema pensionistico è stato rivoluzionato sin dal 1994 e che a basse retribuzioni corrispondono sistemi contributivi miseri non è detto che ci si può mettere un bel tappo semplicemente innalzando l'età pensionabile; c'è un limite (nonostante i 120 anni auspicati per se stesso dal Premier) fisiologico a tutto per cui si lavora, male, una vita, alla fine si prende la propria liquidazione e... poi passa la comare secca !
Di questa "devianza" se ne sono disinteressati in molti; andava fatta con coraggio un forte aggiustamento ma alla fine ce chi ha preferito voltarsi dall'altra parte per non perder voti, chi ha messo il dito nella piaga cominciando ad aggiustare il tiro e così ci ha rimesso politicamente le penne.
Inneggiare quindi oggi al "posto fisso" suona molto come una grande presa in giro perchè per volerlo attuare significa reintrodurre regole di uno stato centralista, mentre se vogliamo parlare di rapporti di lavoro a tempo intederminato (fermo restando che ogni lavoratore sa che può cambiarne quanti ne vuole) allora sono altre le leve su cui occorre lavorare per favorire la creazione delle condizioni per attuarlo parlando chiaro non sono con i lavoratori ma anche con le imprese.
Significa riqualificare la scuola - veramente - fornendo anche indicazioni sugli sbocchi successivi sul mercato del lavoro, significa incentivare e riqualificare formazione e apprendistato, significa rivedere la qualità e la quantità del costo del lavoro complessivo, rivedere gli aspetti contributivi e fiscali - per lavoratori ed imprese, armonizzare la retribuzione dei fattori produttivi (la retribuzione della rendita è circa un terzo di quella del lavoro e del capitale), significa riorganizzare i distretti industriali, significa sviluppare politiche industriali che siano veramente selettive e produttive.
Tutti questi ripensamenti o pentimenti quindi non mi convincono per nulla perchè mi appaiono sempre di più, perchè messi li con un sorrisetto, con nonchalance, del "falsi scopi" (in artiglieria il falso scopo è il punto sul quale il puntatore fa il calcolo per colpire con l'obice il vero obiettivo che gli è nascosto)!

domenica, ottobre 18, 2009

RIFORME COSTITUZIONALI A MAGGIORANZA RELATIVA? DEJA VU !

Casualmente mi sono andato a rileggere vecchi articoli scritti su questo blog e ne è spuntato uno sulle iniziative velleitarie ed avventuristiche del Premier in carica che sembra riproporci pari pari.
E' del 10 ottobre 2005 ed era in approvazione la "devolution" e la riforma costituzionale che fu poi bocciata con il referendum confermativo del giugno 2006.
Il clima era lo stesso che sta improntando il cavaliere (faso tuto mi)in questi giorni, con gli stessi attacchi alle minoranze (giornali, magistratura, opposizioni,ecc)anche se ora è ben più inacidito (il clima) per le sue vicende personali che non si possono certo mettere "sotto il tappeto".
Con le affermazioni di questi giorni il premier vuol ripetere la stessa operazione, per la verità ben più articolata, sperando che questa volta gli vada meglio.
Non ha infatti nessuna intenzione di fare riforme costituzionali coinvolgento tutto l'arco parlamentare perchè sarebbe segno di debolezza politica che farebbe a pungni con il suo tanto sbandierato 68% (non ho ancora capito di cosa); il confronto politico ed istituzionale non è poi un'arte nella quale brilli particolarmente: lo vuole fare da solo, a proprio uso e consumo (non nell'interesse dell'Italia) confidando che questa volta il referendum confermativo (che può essere chiesto da più di 1/5 dei parlamentari, o da 5 consigli regionali o da 500 mila elettori) non passi (non occorre il quorum in questo caso il quorum).
Questa è la strategia che intende perseguire ed è per questo che suona ancora più forte la grancassa quasi a voler prefigurare una maggioranza elettorale che non è mai esistita; di questo tutti gli italiani che votano devono essere coscenti e ben consapevoli.
Intendo dire che cambiare amministrazioni regionali per esempio è del tutto legittimo (è nei giochi dell'alternanza), ma bisogna tener bene in considerazione gli effetti che vanno oltre a questo cambiamento; si innescherebbe una reazione a catena e questa trama che sta tessendo il premier potrebbe attivare risultati devastanti sul piano democratico.
La Costituzione è la legge fondamentale dello stato e le sue modifiche devono essere dettate da reali necessità migliorative per la comunità nazionale per cui volendo - ed occorre dimostrarne e spiegarne la necessità in modo ampio e chiaro, non a slogan da stadio - trasformare la nostra repubblica in presidenziale oppure in premierato, è evidente che la struttura di pesi e contrappesi che evitano le prevaricazioni istituzionali (e quindi democratiche) vadano anch'esse verificate e riviste.
Non penso proprio che questo aspetto venga tenuto in debita considerazione in questo programma perchè i fatti dimostrano che i lacci e lacciuoli non piacciono e non sono mai piaciuti al premier che vede qualsiasi forma di controllo o qualsiasi valutazione critica come n attentato alla "volontà popolare" (se il sostegno popolare è così ampio di che si preoccupa ?).
Se la logica dei pesi/contrappesi viene disattesa ecco che si innescano le derive populiste e antidemocratiche delle quali TUTTI gli italiani devono rendersi conto ed assumersene le responsabilità (purtroppo già un'altra volta è successo il contrario).
I cambiamenti fondamentali vanno fatti sempre per benino facendo attenzione non all'0ggi, al contigente, ma anche in prospettiva.
Libertà, uguaglianza e fraternità sono le parole simbolo della rivoluzione francese e della repubblica francese; in Italia - mutuando il pensiero di Eugenio Scalfari nel sue editoriale odierno - occorre riaffermare Libertà, Eguaglianza e Solidarità, principi che devono vivere indissolubili perchè l'assenza di uno di essi o il poco peso specifico portano a derive assai preoccupanti.
A presto

sabato, ottobre 17, 2009

MAGGIORANZE MUSCOLOSE E.... INCONCLUDENTI

Riprendo a scrivere dopo alcuni mesi non tanto perchè non ci fosse materiale ed eventi su cui riflettettere, ma per esclusivi motivi di tempo e di presenza continuativa al sito ed internet più in generale.
Di fatti, da giugno, ne sono occorsi parecchi sia sul piano internazionale che interno, di tutte le specie e volerne riparlare, anche su quelli più recenti potrebbe risultare un fatto ripetitivo e poco originale.
L'analisi riguarda una grossa contraddizione che caratterizza la maggioranza di governo di centro destra interno che ha retto le sorti dell'Italia nel periodo 2001 - 2006 ed il periodo 2008 - 2009 (ottobre).
E' fuor di dubbio che i governi di centrosinistra dal 1994 nelle loro svariate formule e composizioni si sono retti su maggioranze striminzite e queste sono state la causa della loro durata e dei risultati che avrebbero potuto essere ben più significativi di quelli riscontrati.
Le maggioranze pletoriche e litigiose hanno retto bene sulle problematiche contingenti, ma la stagione delle riforme è stata enunciata e solo timidamente avviata.
Quindi è la mancata solidità delle alleanze e la modesta maggioranza che ha tenuto questi governi con il fiato corto.
Legge elettorale e le volontà dell'elettorato hanno portato ad una semplificazione del panorama politico alla quale vanno aggiunte - in entrambi gli schieramenti - operazioni di aggregazione politica che hanno semplificato ancora di più il panorama stesso.
Nel caso invece del centrodestra questo ha governato con maggioranze solide e quella in corso pure ampia, ma i risultati del primo quinquennio ed anche di quello in corso sono estremamente modesti per cui si può tranquillamente affermare che non è sufficiente ottenere ampie maggioranze parlamentari per assicurare automaticamente altrettante politiche incisive ed evidenti.
Nel quinquennio 2001 - 2006 la situazione economica mondiale subiva le conseguenze di fatti economici come lo scoppio della bolla speculativa della new economy avvenuto nel 2000 e di fatti terroristici come l'attentato alle Twin Towers, e l'avvio di due guerre in Afghanistan e poi in Iraq, che hanno sempre comunque effetti e rilevanze economiche.
L'economia italiana stentava non poco (diversi trimestri con Pil a crescita zero) dopo aver vinto la "battaglia" di conversione all'euro condotta dai governi precedenti di centrosinistra.
Che cosa ha fatto il governo Berlusconi in quel quinquennio ? Valutate voi !
Non ha assolutamente gestito la fase di change over da lira ad euro invocando la sua politica liberista con il risultato che il mancato governo di questo fatto ha prodotto la più grande redistribuzione dei redditi senza alcuna opposizione; in una fase di economia stagnante chi ha potuto ha incrementato i prezzi senza produrre grande inflazione e chi non ha potuto si è trovato in poco tempo a dover affrontare i problemi della "quarta settimana".
In quel periodo Francia e Germania si trovavano in condizioni peggiori a quelli dell'Italia tanto che il ministro Tremonti continuava ad insistere sul fatto che questi due paesi - a differenza dell' Italia - erano sotto inchiesta Ue per aver superato i parametri di Maastricht, mentre Gran Bretagna e Spagna crescevano con ampie percentuali (rivelatesi poi - obbiettivamente - fragili perchè legate ad un solo settore, l'edile per la Spagna e il finanziario per la Gran Bretagna).
La situazione meno grave dell'Italia era però frutto di politiche eccezzionali come "scudi fiscali" condoni ordinari e tombali esauriti i quali le criticità sono emerse sino ad andare sotto inchiesta Ue per il non rispetto dei parametri.
Se rileggiamo quanto dice Tremonti oggi sui pericoli e sulle previsioni dell'economia finanziaria scoppiata poi nel 2008 si resta sopresi dal fatto che pur prevedendolo nulla abbia fatto di innovativo e di preventivo (a parte proporre, invano, 1 e 2 euro di carta e nuove barriere doganale verso i paesi emergenti).
La riprova sta nel fatto che all'inizio del governo Prodi bis già si parlava di crisi nelle famiglie già alla a "terza settimana".
Sugli altri temi poco si è visto di strutturale e di innovativo: sull'immigrazione la Legge Bossi-Fini (sconfessata in parte con nuove iniziative nella legislatura attuale) sulle pensioni la revisione che sarebbe decollata nel 2008 (quindi nella legislatura successiva) e la nuova legge elettorale.
Sul resto piccole iniziative qua e la senza collegamenti strutturali e qualche legge ad personam; per il resto deserto assoluto !
Nel biennio 2008 - 2009 la musica non è cambiata perchè la stagione delle riforme e dell'ammodernamento dello stato non è partita per nulla.
Sul piano economico, pur sapendo coscientemente dei tarli finanziari che minavano l'economia mondiale e quindi anche e comunque quella italiana, si "son messi in sicurezza " i conti dello stato, ma in realtà si è cercato di tener sotto controllo i conti confidando nello stellone, mentre invece è scoppiata ad autunno 2008 una crisi finanziaria mondiale e quindi industriale per cui i conti sono andati a farsi benedire, senza nemmeno, per contrappeso, aver attuato una politica economica che proteggesse le fascie di italiani economicamente più fragili.
Per la verità le capacità di autoconservazione economica hanno costituito una sorta di paracadute per tante anziende(che ricorrono alle scorte) e tanti italiani (che ricorrono al loro risparmio), ma ora sono giunti a terra, per cui si teme fortemente che i reali effetti della crisi economica mostrino la loro virulenta in forma ritardata; se a questo si aggiunge che le capacità di recupero dei "fondamentali"(pil, consumi, produzione industriale, occupazione, ecc), ridottisi a livelli di parecchi anni fa, si preannuncia assai lenta si ben comprende che l'assenza sostanziale di una politica industriale ed economica di spinta, nemmeno oggi, non aiuta assolutamente il paese a mettersi per lo meno al passo con gli altri paesi europei.
Sul piano delle riforme, pur con il breve tempo trascorso, non si può che riscontrare la assoluta assenza di azioni ed iniziative incisive.
Non è per minimizzare ma sul tema immigrazione si è affrontato e parecchio male quella proveniente via mare dall'Africa che è circa il 10% del totale e men che meno si è imbastita una ampia politica di integrazione.
Sul tema sicurezza poi sembra più un fenomeno sgonfiato che governato perchè il gran battage di primavera 2008 su fatti accaduti è come d'incanto scomparso o quasi sostituito dai drammi degli incidenti stradali provocati anche da l'abuso di alcolici e l'uso di droghe.
Sulla Pubblica Amministrazione abbiamo visto annunciazioni di principio, ma poi di fatti ben pochi (le statistiche di Brunetta ricordano molto da vicino il pollo di Trilussa); anche l'attivazione della class action (decisa dal precedente governo e per prima cosa bloccata dall'attuale) decolla troppo morbida essendo escluso (si spera per il momento) il risarcimento del danno.
Sul piano istituzionale si sono gettate le basi (ma in effetti è soltanto una "prima pietra") sul federalismo fiscale (ma ricordo che è dal 2001 che se ne parla) e non sappiamo quali saranno i passi successivi che la riempiano di contenutti attuativi.
Ecco dunque i fatti nudi e crudi: una maggioranza ampia e solida che non riesce a partorire che un topolino.
Anzi, oltre a saper governare le emergenze (che non sono poi cosi ampie anche se drammatiche) come la monnezza a Napoli, il terremoto a L'Aquila o le frane in Sicilia, altro non si vede: di atti che riguardano la modernizzazione del paese nemmeno l'ombra e di riforme utili a tutto il paese men che meno.
Anzi vengono posti ulteriori obiettivi con il vago sospetto che servano più per mantenere alta l'attenzione su nuovi temi, piuttosto che modificare a fondo la struttura istituzionale del paese.
Anche in questi giorni si parla di modifiche istituzionali e costituzionali non comprendendo quali siano i reali obiettivi che rispondano agli interessi della collettività.
Sembra quasi che questa incapacità inequivocabile a governare, cioè a trasformare idee e programmi in atti concreti riscontrabili da tutti, non dipenda da problematiche interne, ma si voglia attribuirle alla struttura organizzativa e istituzionale del paese.
Come a dire: abbiamo la maggioranza, è una maggioranza solida e coesa, ma con tutti i lacci e lacciuoli che esistono nemmeno le buone intenzioni di cui è lastricato il nostro programma possono diventare realtà.
In quest'ottica tutto quello che può costituire intralcio o rallentamento nella "grande avanzata" diventa un fatto o fattore destabilizzante, un granello che blocca gli ingranaggi per cui partono le accuse alla Consulta, al Presidente della Repubblica, ai giornali indimentdenti, alla magistratura, agli scettici e via discorrendo.
In realtà invece l'attuale maggioranza è un gigante con i piedi d'argilla perchè anche nei temi in cui intende legifeare su materie ordinarie sopporta una discussione interna che non appare, ma che invece esiste, per cui sulla sicurezza, sulla migrazione, sull'efficenza della PA passa circa un anno perchè diventino legge.
Non parliamo poi dei temi "sensibili" dove si dedica tempo per determinare nuovi assetti e regolamenti su tematiche che non sono di importanza primaria (la primarietà deriva dalla utilità e vantaggio per la più ampia fascia di italiani), ma si rivelano utili solo per le necessità personali del premier.
Si è perso tempo inutilmente sulla norma blocca processi bocciata dal Presidente della Repubblica, si è perso tempo sul Lodo Alfano bocciato dopo un anno dell'entrata in vigore dalla Consulta le cui utilità sono altamente dubbie perchè non risolvono o non favoriscono nessuna fascia sociale nè tanto meno migliorano la qualità dell'Amministrazione.
Esponenti e leader di maggioranza sanno perfettamente che i temi sin qui affrontati non sono quelli effettivamente utili per qualificare il suo operato, ma anzichè aggiustare la rotta e scelgliere una buona volta temi qualificanti, magari non condivisibili, ma qualificanti, persistono nel ricercare colpevolezze altrui e soprattutto affrontare nuove tematiche strutturali e costituzionali, quasi a voler dimostrare che sono le regole costituzionali in essere che impediscono l'azione di questo governo.
Occorre a questo punto sgomberare il campo da equivoci nei quali l'opinione pubblica può cadere:
non è vero assolutamente che l'attuale struttura costituzionale appesantisca l'azione di governo perchè le regole costituzionali sono basate sul principio di pesi e contrappesi, per cui i processi legislativi ordinari sono chiaramente definiti e se il governo e la sua maggioranza vogliono innovare e modernizzare non hanno che da mettersi al lavoro su temi utili al paese.
Inoltre anche le riforme hanno temi di ordinaria amministrazione per cui una volta fatti salvi i principi costituzionali sta nell'eficcenza della maggioranza produrre risultati validi ed utili.
Attribuire quindi le proprie inefficenze a vincoli costituzionali che si vogliono abbattere a colpi di maggioranza relativa e successivi referendum è una operazione che rasenta una azione di tipo totalitario.
Tutta l'opinione pubblica, di centrodestra e di centrosinistra, deve essere consapevole che la carta costituzionale non si può cambiare ad ogni pie sospinto, a seconda delle proprie conveninenze o esigenze per il semplice fatto che i governi durano al massimo 5 anni mentre la Costituzione dura per sempre e per tutte le stagioni; si dimentica poi che seguire questa procedura può portare i risultati attesi in tempi assai lunghi, pari a quelli che si impiegherebbero con la procedura costituzionale classica a maggiranze dei 2/3 e doppio turno di esame parlamentare.
Quindi qual'è il motivo? Temere di non ottenere i consensi qualificati oppure voler fare un gioco al massacro ricorrendo ad un percorso ordinario e complicato dagli esiti assai incerti ?
Non dimentichiamo poi che le modifiche costituzionali essendo nell'interesse di tutti debbono avere il coinvolgimento, per la loro realizzazione, da parte di maggioranza ed opposizione; diversamente potremmo parlare di "dittatura" della maggioranza.
Altre tematiche, sempre costituzionali, vengono affrontate come la panacea che risolve tutti i mali, mentre ancora una volta si è sbagliato obiettivo (magari per secondi scopi non certo reconditi); i cittadini hanno bisogno una buona volta di una giustizia veloce sia civile che penale per cui non centra proprio nulla ipotizzare la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri; qual'è il vero motivo di questa separazione ? Non è certo quello di velocizzare le procedure di giudizio perchè per ottenere questo occorre agire sulla organizzazione della giustizia, non sulla separazione dei ruoli che già esiste (il giudice o i giudici giudicano, il giudice istruttore determina se sussistono i reati, li classifica e rinvia a giudizio, il pubblico ministero rappresenta lo stato nei confronti di chi ha commesso reati).
In realtà con questa operazione si vuole dividere in due l'organo di controllo della magistratura tutta, il CSM, e trasferire al potere esecutivo una parte della magistratura con correlazioni politiche immediate che non assicurano nel tempo omogeneità.
Il Csm è nominato per un terzo dal Parlamento, per un terzo dalla Anm e per un terzo dal Presidente della Repubblica per cui (come per la Consulta) le forse politiche e istituzionali che li eleggono si elidono a vicenda creando quindi la sua reale autonomia ed indipendenza.
Ora se si attuasse la separazione delle carriere e degli ordini di controllo uno di questi sarebbe il potere politico esecutivo (il governo in carica) con una connotazione politica quindi che non garantisce sin dal giudizio autonomia ed indipendenza.
Qual'è, ripeto lo scopo ? Attribuire all'esecutivo ulteriore potere per farlo più bello?
Oppure attribuire a questo esecutivo un potere di manovra per interessi di parte ?
Altre modifiche costituzionali riguardano ampiezza e funzioni dei due rami del parlamento affiancate da maggiori poteri attrobuiti al capo dell'esecutivo.
E' un tema estenuante del quale si parla da tempo, ma da tempo batte il passo proprio perchè, soprattutto quello dell'esecutivo, non comporta carattere di particolare urgenza e perchè i pensieri al riguardo sono diversi e complessi.
Affrontare quindi una revisione costituzionale dei poteri politici/istituzionali e degli ordinamenti è un tema che deve appassionare tutti e deve coinvolgere tutto l'arco parlamentare affiancandosi all'attività ordinaria di parlamento e governo.
Intendo dire che se l'orientamento prevalente fosse quello del cancellierato (Germania) questo potrebbe incrociarsi bene sia con una struttura parlamentare accentrata (come ora ) che con una struttura decentrata (monocamera con senato regionale), ma se l'orientamento prevalente fosse la formula della repubblica presidenziale (Francia) ecco che cambiamenti e ruoli di Parlamento, Governo e Premier andrebbero soppesati e ridisegnati in modo sensibile.
L'azione di questi giorni del premier in carica invece dimostra di essere in forte difficoltà nonostante la sua ampia maggioranza, e gli affondi o minaccie di affrontare tematiche costituzionali da solo (o mi seguono o vado avanti da solo) dimostrano l'ulteriore sua difficoltà.
E' una chiama alle armi per i suoi alleati che presentano posizioni differenziate ?
O è effettivamente un atteggiamento violento per ribadire al mondo la sua forza ?
In entrambi i casi è una operazione che rasenta l'eversione perchè imboccare una strada di modifiche costituzionali è estremamente pericolosa anche per lui: può favorire lo scontro, una spaccatura del paese, ma può impiegare risorse, tempo e azione politica (sottratta a demi più utili al paese) che alla fine del percorso si possono trasformare in grande fallimento.
Il risultato sarà comunque quello di non aver usato al meglio la propria maggioranza e di aver prodotto danni al paese, avvolto dalle diatribe e privato di valide politiche economiche ed industriali di crescita