mercoledì, dicembre 21, 2011

RIFORMA DEL LAVORO: BUON SENSO, CONTROLLO ED EQUITA'

Va premesso che nella storia repubblicana d'Italia la Sinistra, il Centrosinistra e i Sindacati non si sono mai rifiutati di adeguare ai tempi i rapporti di lavoro, pur sostenendo con forza i propri contributi  posizioni.
Mi riferisco a fatti storici e fondamentali come gli accordi sulle Pensioni del dicembre 1969 ed al patto di stabilità del 1993 concertato sotto la direzione dell'allora Presidente del Consiglio Carlo Azelio Ciampi.
Quando invece parte del Sindacato ha cercato una concertazione a tutti costi con Governi di Centrodestra questi si sono risolti in una solenne buggerata come quelli avvenuti nel primo decennio di questo secolo.
Il perchè è presto detto: nel primo caso le convergenze si sono create pechè vi era soprattutto dalle parti direttamente interessate la diponibilità ad ascoltare le ragioni delle controparti, contraccambiate da altrettanta disponibilità al dialogo e alla ricerca di un punto di sintesi.
Nel secondo caso invece le maggioranze di Centrodestra sono state animate molto poco da questa disponibilità tanto che la situazione della struttura del mondo del lavoro si è deteriorata a tal punto che per valori assoluti delle retribuzioni e per la loro instabilità ci troviamo oggi un paese che cresce molto poco e si sta arenando sempre di più nelle secche di una economia bloccata se non addirittura  recessiva.
La ricchezza di un paese è prodotta da investimenti non solo monetari ma anche culturali e tecnologici sul capitale (e quindi l'impresa) e sul lavoro.
Nonosante l'ampia apertura di credito patrocinata da governi di Centrosinistra per creare flessibilità nel mondo del lavoro, molte imprese hanno gettato al vento questa grande opportunità ed oggi ci troviamo di fronte ad una situazione veramene complicata e grave.
Si è creata una enorme dicotomia tra il Lavoro  e l'Impresa poichè da un lato la scarsa natalità e l'allungamento della vita media ci impone di lavorare più anni rispetto al passato, mentre dall'altro, come detto più volte, il fattore lavoro appare come un  elemento del tutto incidentale; questo spiega non solo l'espulsione dai processi produttivi dei lavoratori con 30/35 anni di lavoro alle spalle, ma la precarietà, non più flessibilità, dei nuovi giovani lavoratori.
E' evidente che urge un nuovo grande patto storico per tutte le parti poichè l'impresa non può aspettarsi di crescere nel tempo se le basi sociali, che sono il fondamento anche per la vita stessa delle imprese, vedono deteriorarsi progressivamente le loro basi economiche.
Peraltro non può essere solo e soltanto lo Stato che come vaso di compensazione riequilibra  le situazioni critiche poichè le risorse finanziarie sono limitate per assioma, anche perchè se una economia non cresce, non possono crescere nemmeno le risorse che lo stato può utilizzare per la redistribuzione delle stesse.
Si è quindi guardato troppo alle situazioni contigenti attigendo alle opportunità di lavoro flessibile previste contrattualmente, ma si è pensato troppo poco alle prospettive che in pochi anni si sono avvizzite - nel loro complesso - tanto da far emergere le contraddizioni come i nodi al pettine.
Alla fine degli anni 90 la "fase uno" era quella di abbassare fortemente i livelli di disoccupazione, ma è mancata la "fase due" cioè quella di consolidare ed ampliare anche economicamente la base occupazionale.
La riprova è che oggi tra disoccupati e senza lavoro siamo a livelli più alti del passato e a questi vanno aggiunti i cassa integrati che non sappiamo ancora che futuro avranno (stiamo parlando di 900 milioni di ore di cassa integrazione).
Aggiungo che il sistema delle imprese (sia grandi che piccole)spesso si è rifugiata nella delocalizzazione attratta dalle incentivazioni e del costo della manodopera a basso costo  perchè era la strada più facile ben sapendo o facendo finta di non sapere che poi i paesi che accolgono le nuove iniziative ominciano a crescere e i vantaggi competitivi si affiappiscono inesorabilmente; altre anziende invece non hanno mollato i "vecchi" mercati, sabilimenti e maestranze, ma hanno preferito allargare l'apparato produttivo in continenti lontani.
Un solo esempio appreso di recente: la Fila (Fabbrica Italiana Lapis ed Affini), primo produttore mondiale ,  che produce uno dei più vecchi prodotti in uso quotidiano, oltre che produrre e vendere ovunque, recentemente è entrata nel mercato Indiano acquisendo il controllo di una fabbrica di matite locale a dimostrazione che anche con prodotto "povero" (che non si presta per il suo valore intrinseco all'esportazione) ci sono possibilità di sviluppo; come dire: l'impresa italiana se s'impegna potrebbe vendere forni in Africa e freezer agli esquimesi.
Qualche grande imprenditore ammette che il sistema delle imprese non ha operato con saggezza e indagando qua e la se ne possono trovare tracce assai evidenti, tracce che fanno emergere livelli retributivi sempre più modesti oltre che incerti.
Lavoratori assunti in vario modo a tempo - esistono anche quelli "a chiamata" - non hanno solide basi economiche e questa precarietà si riflette sullo sviluppo sociale, economico e demografico di un paese.
Per di più presentano caratteristiche veramente anomale che rasentano l'indecenza e sono frutto dell'ingordigia di molti e degli scarsi se non nulli controlli.
Oltre alla occupazione in nero esiste l'occupazione "mista" parte in regola e parte in nero, esistono retribuzioni in piena regola, ma con la retrocessione di parte del netto al datore di lavoro (formula utilizzata per i rapporti di lavoro con lavoratori stranieri ai quali interessa una retribuzione lorda alta per mantenere il diritto al soggiorno), messe in regola al minimo (20 ore il mese in regola contro 140/160 effettive) oppure rapporti a progetto o temporanei, reiterati per anni senza che nessuno controlli e dica nulla.
Tutto questo poi si riflette sul sistema contributivo delle pensioni il cui flusso non corrisponde al vero e reale e significa quindi costituire fondi per la pensione ancora più modesti di quelli che si costituirebbero se tutto fosse regolare.
La realtà, per effetto di politiche  pseudo liberistiche, è che nulla è cambiato (anzi peggiorato perchè non se ne vede il futuro) rispetto a 40/50 anni: a parte lo Stato ed Enti Pubblici un tempo se non avevi fatto la naja non ti assumeva nessuno e se donna non appena ti sposavi - temendo le possibili maternità - trovanano il modo per interrompere il posto di lavoro.
Oggi la realtà dimostra che i contratti flessibili portano alla instabilità e alla precarietà per cui la grande occasione è costituita da questo Governo Monti che può metter mano ad una struttura che ha dimostrato di essere fragile, antieconomica ed immorale.
Sta montando in questi una grossa polemica forse a causa del fatto che il Sindacato ci va cauto perchè non si fida, ma è altrettanto vero che solo un Ministro del Welare veramente equidistante dalle parti può trovare la giusta formula per rimediare ai danni fatti.
La questione dell'art. 18 della Legga 300/70 è un falso problema perchè la giusta causa esiste eccome, mentre la ingiusta causa è chiara e ben nota a tutti.
Quindi qui si tratta di trovare il modo di buttare a mare tutta la pletora dei contratti a tempo  visti i danni prodotti alle imprese, alla società e all'economia per cui possano esistere solo quelli a tempo indeterminato e quelli stagionali per turismo e agricoltura(anche qui bisogna vedere di che si tratta poichè le nostre regioni per esempio hanno quasi sempre pluri colture ) e se si tratta di flessibilità in entrata questa deve essere temporanea caso mai assistita non da sgravi contributivi (abbiamo visto già abbastanza porcherie), ma da crediti o sgravi (irap) d'imposta.
Parlo di flessibilità in entrata perchè è l'abbrivio al lavoro che va assistito, stimolato ed incentivato e non una flessibilità tout court perchè altrimenti ce la ritroveremmo, con il sopraconto, nella fascia dei lavoratori dipendenti con più anni di servizio per cui si rischierebbe di trasformare la precarietà del lavoro giovanile con la precarietà del lavoro di mezza età!
Questo fatto non deve preoccupare certo gli imprenditori perchè l'Italia ha bisogno di crescere economicamente in tutte le sue componenti, comprese le retribuzioni stabili, per cui quel che apparentemente potrebbe essere un sacrificio nel sostenere assunzioni stabili, ci se lo ritrova poi con un incremento di produzione per effetto dell'aumento della domanda complessiva.
Alla luce di questo inoltre vanno ridisegnati il sistema degli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione nelle sue varie forme (che peraltro non tocca tutti i tipi di impresa) non già per depotenziarla, ma renderla ancora più efficce pur alla luce della conomicità; nel passato abbiamo assistito a "casse" con durate interminabili, ma anche oggi assistiamo ad un uso talvolta improprio e disinvolto poichè affronta le situazioni contingenti, ma non il riavviamento al lavoro (abbiamo peraltro assistito a qualche azienda che vi ricorreva e i dipendenti, in nero, continuavano a lavorarci).
Mi ricordo e vi ricordo una frase di un giovane imprenditore informatico campano  in risposta alla domanda del perchè tendesse ad assumere - a parte qualche stegista - sempre personale a tempo intederminato: " premesso che non ho le renne sotto casa, ... assumo personale (oltre 100 dipendenti)adeguato, a tempo pieno e indeterminato, perchè mi devo occupare dei miei clienti (sparsi per l'Italia) e dei miei prodotti e servizi; se mi devo anche preoccupare di tenermi stretti i dipendenti (che nel settore sono peraltro molto "volatili") è meglio che mi dedichi ad un altro mestiere ! ""

sabato, dicembre 03, 2011

GOVERNO MONTI: DECRETO SALVA ITALIA

Mi sono astenuto dall'esprimere modeste considerazioni sull'opera che il nuovo Governo Monti si apprestava in questi giorni ad avviare poichè aspettavo di valutarne gli effettivi contenuti, perchè è forse la prima volta che un governo "tecnico" si occupa e preoccupa con la sua azione di rilanciare l'Italia avvitatasi ormai da almeno 10 anni, situazione che sta preoccupando non solo gli italiani, ma anche L'Europa visto che la nostra salvezza contriubuirà fortemente a rafforzare l'euro.
Ora che il primo decreto è stato presentato ieri sera con estrema chiarezza e dovizia di particolari penso che occorra dare in particolare estrema attenzione alla premessa che ha fatto il Prof. Monti.
Ha detto che la colpa della nostra situazione interna non è dell'Europa, ma di noi italiani, tutti.

Questo appare assolutamente vero perchè un pò tutti hanno sperato  in passato nello stellone italiano che sistemasse le magagne che il ceto politico, nominato da noi, continuando a mantenere i nostri piccoli o grandi vantaggi, indicando le colpe degli altri (operazione in cui è stato maestro il Cav. Berlusconi) e auto assolvendosi o sottacendo per le proprie.
La situazione dell'alto debito è scoppiata nel lontano 1992, ma da allora, a parte le azioni per rientrare con fatica nell'euro, abbiamo pensato bene di non continuare in quel percorso vitruoso, ma di pensare che il tifone fosse passato, mentre invece il debito cresceva, limitandosi a contenere la percentuale sul Pil, facendo finta di non vedere che la massa cresceva invece come il latte suo fuoco.
Nel 2001 infatti il debito era 1300 miliardi (e il Pil 1350) mentre oggi è 1900 miliardi senza che tutta questa enorme massa di denaro sia stata utilizzata per scopi di crescita economica del paese (infatti il Pil è a 1550 miliardi).
Peraltro il rapporto debito/pil doveva scendere al 60%, ma in 10 anni non si è fatto nulla prer creare un disavanzo robusto e costante per raggiungere l'obiettivo (infatti siamo al 130%).
Nel 1995 la "riforma Dini" aveva sancito il principio che il meccanismo del "retributivo" non poteva in prospettiva più funzionare poichè - a parte le baby pensioni che furono eliminare -  il rapporto 3 (lavoratori) a 1(pensionato) si stava velocemente invertendo modificato dal fatto che crescevano le aspettative di vita e diminuiva la natalità netta interna.

Negli anni successivi (soprattutto in questo ultimo decennio)quando si doveva avera fatto già il secondo passo per passare definitivamente al "contributivo" in forma più graduale ed indolore, si è preferito prender tempo addossando alla fiscalità generale i costi aggiuntivi, che i nuovi occupati o se vogliamo i precari, con le retribuzioni (modeste) e con i contributi conseguenti, non potevano certo coprire.
Certo ora bisogna trovare una soluzione onorevole per quella fascia di lavoratori precoci che sono in bilico tra età, anni di contribuzione e nuovi limiti di età pensionabile, insieme ai lavoratori che praticano lavori usuranti (per la loro e la nostra sicurezza).
Queste devono essere trattate a parte (e velocemente)con rispetto perchè sono doverose eccezioni, ma la regola generale e finalmente o purtroppo presa, visto che la fiscalità generale(anche per la scarsa crescita)non potrà mai essere in grado di coprire queste maggiori spese pensionistiche.
Altro tema riguarda i contratti di lavoro dal primo impiego che non potevano essere certamente oggetto di questo primo decreto legge: oltre che i lavoratori anche le imprese devono essere messe di fronte alle loro responsabilità eliminando tutti i contratti esistenti (a parte quelli veramente stagionali) trasformandoli in contratti a tempi indeterminato.
Di porcherie commesse e subite - più o meno inconsciamente - ce ne sono da scrivere un libro perchè tanto c'è sempre Pantalone (lo Stato) che paga.

Intendo dire che le maglie larghe del lavoro hanno consentito il mantenimento di rapporti di lavoro precari e pure in nero, perchè nei rapporti di forza tra datori di lavoro e lavoratori prevaleva spesso la reciproca convenienza, fregandosene altamente del fatto che il sistema previdenziale non veniva (e non viene) adeguatamente alimentato.
Sulla patrimoniale ricordo che riguarda i patrimoni, non i redditi (come si sente dire)che sono colpiti da irpef/ires e addizionali.
L'Ici reintrodotta(sulla quale il prof. Prodi intendeva fare un semplice robusto sconto sulla prima casa)è un altro tipo di tassa patrimoniale, che peraltro si pagava fino a pochi anni or sono (2008!).
Tassa patrimoniale è pure la tassazione dei dossier titoli, dei depositi scudati, delle auto potenti, delle barche e dei posti barca (oltre 10 metri); quindi di che stiamo parlando quando non ci pare di vedere tasse patrimoniali ?
Se per patrimoniale intendiamo solo quella che può colpire i super ricchi, di quanta gente e di quanto gettito stiamo parlando ?
Per avere risultati apprezzabili dovremmo dare corso un "esporio proletario" che mi pare utopia pura; è preferibile pezzetto per pezzetto creare una rete impositiva che non tralasci di colpire qualsiasi espressione di eccessiva ricchezza, poichè sappiamo tutti che la grande evasione fiscale che affligge l'Italia (dai 120 a 200 miliardi l'anno di imponibile) è spalmata tra - chi più chi meno - tutti i contribuenti, non solo quelli super noti a noi tutti.
Personalmente, politicamente, sono sempre stato un perdente dalla parte dei perdenti, ma non per questo penso che sia sufficiente dire che.. "si arrangino coloro che ha combinato il disastro" per il semplice fatto che i (sino a ieri)vincenti hanno dimostrato tutto l'interesse a nor far nulla, nemmeno di fronte al probabile default dell'Italia (che graverebbe sul collo nostro e non sul loro).
Sui costi della politica faccio notare che senza tante storie  il prof. Monti ha cominciando decollando le amminstrazioni provinciali; che gli altri continuassero pure nel balletto privincie si o provincie no, poichè i 10 gatti che rimangono si deveno mettere a panci a terra per onorare il loro mandato elettorale.
Certo non sono rose e fiori, ma siamo tutti in alto mare, mentre chi ci ha messo in questa situazione se ne sta zitto zitto.......

Quella d'oggi è una medicina parecchio amara per gli italiani, ma è l'occasione, la grande  opportunità per l'Italia,  sta nel fatto  che questo Governo può compiere senza alcun condizionamento tutte quelle azioni utili alla ricostruzione poichè non ritengo che iniziative antipopolari possano spingere i partiti che lo sostengono a distinguo o a  repentine invesioni.
Confido invece nella capacità di questo Governo di mettere tutti gli italiani e quindi anche i partiti che compongono l'arco costituzionale difronte alle loro responsabilità, ben sapendo che se questa azione sarà assai mirata e calibrata non vi potranno essere alibi, in realtà insostenibili e che quella compagine partitica e parlamentare che volesse chiamarsene fuori verrebbe additata al pubblico ludibrio (la Lega è sulla buona strada).
Equità, crescita e rigore sono i tre principi che mi sembrano toccati in questa prima fase, confidando che nella pratica e con le prossime iniziative, che sembrano all'orizzonte molto vicino, questi siano ancor più chiari e concreti.

mercoledì, novembre 16, 2011

BENVENUTO AL GOVERNO MONTI !


Non c'è che dire: nel giro di otto giorni si è evidenziata la crisi del IV Governo Berlusconi che ha rassegnato le dimissioni venerdi' scorso e la abilità ed alto profilo istituzionale del Capo dello Stato ha trovato la soluzione che trova il suo compimento oggi con la nomina del nuovo Capo del Governo Mario Monti e della sua squadra di Ministri che giureranno oggi pomeriggio al Quirinale.
Ciò sta a significare che quando la situazione è critica e quando occorre trovare la migliore soluzione anche in Italia ci sono uomini ed idee utili a queste necessità, per cui tutte le dietrologie, i distinguo o i tentativi di affondamento lasciano il tempo che trova.
Innanzitutto ci si è riempiti spesso la bocca che la caduta del governo dovesse implicare, pena la violazione delle regole democratiche, l'immediato ricorso alle urne invocando regole interpretative della Costituzione;mentre invece se è vero che l'elettorato vota per una coalizione e per un suo leader, è altrettanto vero che  la fiducia se la deve conquistare nel Parlamento e se avvengono degli spostamenti di parti significative dei parlamentari  rispetto all'insediamento vanno verificate, dal Capo dello Stato se esistono alternative possibili, prima di ricorre alla estrema razio del voto anticipato.
Prova ne è che il 14 dicembre 2010 la maggioranza originaria di centrodestra si è sfaldata alla Camera dei Deputati ed è stata sostituita da transfughi provenienti dall'opposizione tanto da consentire il proseguimento della legislatura sino ad oggi, per cui invocare oggi quel che avrebbe dovuto avvenire lo scorso dicembre  mi appare quanto meno una idea ondivaga, legata cioè a ricercare motivi per restare a galla o per avvelenare la situazione politica, ma soprattutto quella finanziaria ed economica.
Queste enunciazioni sono state complessivamente superate da quasi tutti raggruppamenti politici, anche quelli evidentemente più interessati  ad incassare il proprio operato con una vittoria alle elezioni o a trincerarsi dietro ad enunciazioni di principio per non registrare invece il proprio fallimento politico.
Questo si è verificato anche nel tentativo di pressioni al Capo del Governo incaricato durante le consultazioni di rito, ma finalmente, invece l'impegno del Prof Monti e le sue capacità politiche hanno prodotto l'approdo ad un nuovo governo senza vincoli di mandato.
Già non terminano le chiacchiere e i distinguo perchè ora l'attenzione si è trasferita sulla composizione della compagine governativa, quasi a voler significare che la tensione ancora una volta rischia di trasferirsi non già sui contenuti che cominceranno ad esser chiari domani al Senato, quanto sulla attendibilità degli uomini prescelti (squadra sparuta, ma assai qualificata).
Capisco che tanti del centrodestra - politici e sostenitori, giornalisti compresi - sono inviperiti per la scelta di Napolitano, riuscita in pieno, ma suggerisco loro di non arrampicarsi sugli specchi, ma tentare, se ne hanno il cervello, una buona volta un bel mea culpa !
Posso immaginare, ma lo vedremo già nelle linee programmatiche presentate nelle prossime ore, che ci aspettano scelte quanto meno urticanti, ma come sempre quando si perde tempo a chiacchiere, poi i rimedi diventano sempre più complicati e gravosi se non improbi e la responsabilità politica e morale ricade su chi è rimasto a guardare.
Il Governo Berlusconi ha cominciato a vacillare già nella primavera del 2010 sotto le indicazioni di una parte poi uscita dei finiani di aggiustare con decisione la rotta e questa agonia è durata un anno e mezzo, periodo improduttivo ed inutile, mentre fuori tira la bufera e l'Italia in questa bufera è stata ed è una delle componenti più fragili.
Oggi è un altro giorno finalmente con la speranza che i sacrifici che ci possono attendere si splameranno equamente su tutti, ben sapendo che la gran parte di noi ha tutto da perdere da questa situazione finanziaria ed economica parecchio pericolosa.
Occorre infatti ridurre il debito e le spese dello stato per difendere il lavoro, le famiglie, i pensionati, le imprese ed il risparmio perchè nella scelta fatta 20 anni fa di entrata nell'euro, centrata nel 1998, abbiamo abbandonato alle nostra spalle processi inverecondi che oggi con la moneta unica europea non ci possiamo più permettere, come le svalutazioni competitive o le cavalcate sull'inflazione per far crescere artificialmente la ricchezza del nostro paese.
Certo che la crisi finanziaria ed economica è anche internazionale, ma se ogni stato, e quindi anche l'Italia,non farà la sua parte, non attuerà quindi politiche virtuose ed eque, ecco che mancherà l'apporto efficace per superare questa situazione preoccupante.

martedì, novembre 08, 2011

IN CAUDA VENENUM !

Oggi alla Camera dei Deputati la coalizione di centrodestra ha riscontrato di non avere più i tanto decantati numeri che le attribuirebbero una maggioranza, utile a governare.
Il dato è emerso durante la votazione della legge sul rendiconto consuntivo del bilancio dello stato e ciò ha contribuito a convincere il Premier Berlusconi a valutare attentamente la situazione politica,  inserita in un contesto economico e finanziario assai preoccupante in cui l'Italia si sta trovando ormai dal mese di maggio (quando lo stred btp/bund era a 141 bp).
Intendo dire che la situazione finanziaria dell' Italia si sta deteriorando sempre di più, tanto che il differenziale tra i nostri btp a 10 anni rispetto ai bund tedeschi ha quasi raggiunto i 500 bp, con un tasso nominale lordo del 6,70% ca, superato addirittura dai tassi nominali  lordi dei btp  2 o 5 anni (rendendo ancora più costosa la strada dei rinnovi dei btp con scadenze più corte).
La situazione politica emersa in parlamento ha portato il Premier a salire al Colle dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano e dalla breve nota divulgata dall' ufficio di presidenza di quest'ultimo, apprendiamo che il Cav. Berlusconi i è impegnato a rassegnare le dimissioni dal suo mandato non appena approvata dal Parlamento la legge di stabilità, al cui interno sarebbero comprese anche quelle iniziative che apparirebbero utili al processo di risanamento della finanza italiana ed al rilancio dell nostra economia, iniziative peraltro sollecitate ed apprezzate dagli organismi Ue.
La legge di stabilità ha tempi certi e molto stretti per la sua approvazione per cui secondo quanto prospettato dal Premier il suo passaggio di mano dovrebbe avvenire nel giro di pochissime settimane, ma quel che mi lascia perplesso è non solo il timing che ci si presenta davanti, ma soprattutto i contenuti dell'intervento legislativo del quale non sappiamo ancora proprio nulla.
Ricordo infatti che dopo la manovra d'agosto fu promesso dal questo Governo un programma di rilancio dell'economia italiana - si parlava di tagliando alla manovra - in pochi giorni, ma è passato quasi un bimestre - ma di argomenti messi neri su bianco non se ne sono ancora visti; anche il sopraggiunto maxi emendamento che dovrebbe soddisfare anche le richieste di Ue e Bce sempre sulla stessa materia (rilancio del pil, diminuzione del debito, pareggio di bilancio) non è stato ancora partorito (forse lo vedremo domani).
E' lecito pensare a questo punto che per cause puntualmente e strategicamente scelte si voglia cercare di tirare in là, per porre poi velocemente e subdolamente fretta al legisalatore per rispettare tempi ed impegni e far sfiammare velocemente la febbre che sta avvolgendo la nostra finanza.
Apparentemente insomma smbrerebbe una mossa di alto lignaggio, simile a quella di Zapatero in Spagna e a quella supersonica di George Papandreu in Grecia, ma in questo caso ci si attende la disponibilità delle opposizioni su un testo ancora in bianco, senza che queste possano veder recepite idee che peraltro hanno più volte espresso e pure depositate in disegni di legge appositi.
E' lecito pensare quindi che queste dovute azioni legislative saranno poste in tutta fretta  e potranno impedire un minimo dibattito con eventuali emendamenti da parte dei parlamentari di maggioranza, figurarsi il contributo - sempre sollecitato, ma mai accettato -  dei parlamentari di opposizione.
E' vero: oggi è accaduto un fatto veramente nuovo e cioè che il Premier Berlusconi si impegna a lasciare il governo perchè non ha più una adeguata ed efficace maggioranza, ma  esiste il reale rischio che nei prossimi giorni, vuoi per il desiderio di legiferare nei termi previsti su materie delicate, vuoi per giungere al momento fatidico rapidamente, non si faccia ancora una volta l'errore di partorite dei mostriciattoli assai costosi, come successo negli ultimi mesi.
In quei frangenti i partiti di opposizione, con responsabilità votarono le varie manovre straordinarie, pur non condividendone i contenuti e sostenendo quindi che non erano le più efficaci, tanto che quanto temuto si è puntualmente verificato, obbligandoci ad ulteriori manovre e sacrifici.
La logica avrebbe voluto che se, oggi, non c'è più maggioranza per la coalizione di governo, oggi, vanno presentate le dimissioni poichè può apparire una presunzione il voler far approvare la legge di stabilità, che può essere approvata anche con un governo dimissionario, lasciando liberi i parlamentari per i più ampi   contributi e lasciando al Capo dello Stato il compito di ricercare, con le consultazioni di rito, eventuali alternative di governo.
Il timore è quindi che nel frattempo la maggioranza che non c'è più si possa nel frangente legislativo della legge di stabilità risorgere dalle sue ceneri, forse pilotata o ricattata dal prossimo futuro; nel senso che più tempo passa più si riducono le opzioni per il proseguimento della legislatura, poichè, come detto chiaramente dal Premier qualche giorno fa, il suo obiettivo è giungere a metà dicembre per scongiurare altri governi che completivo la legislatura sino al 2013 e gestire, anche se da dimissionario, le elezioni anticipate.
Forse perchè sa sin d'ora che una maggioranza di centrodestra intorno ad un nuovo Premier non è praticabile per questione di numeri.
Quanto concordato con il Capo dello Stato è evidentemente l'unica strada praticabile prospettata da lPremier Berlusconi, ma non è detto che sia la più proficua per l'Italia: vedremo domani come i Mercati - che contano eccome visto che finanziano il nostro debito - recepiranno queste novità politiche dell'Italia. 

sabato, novembre 05, 2011

IL CAV. BERLUSCONI DEVE LASCIARE PER IL BENE DELL'ITALIA

Nonostante la situazione economica finanziaria oggettiva dell' Italia il Cav. Berlusconi insiste e persiste nel non voler prendere atto che è politicamente finito e nel voler continuare a ricercare un solo strampalato motivo per non rinunciare al suo mandato.
Anzi persiste ed insiste nel favoleggiare slogan che minimizzano il problemi della realtà o che addirittura li nasconde.
A differenza di George Papandreu, capo del governo greco,  che forse un pò troppo ruvidamente ha messo di fronte alla dura ed amara realtà tutti i greci e tutti i partiti del parlamento, di opposizione e di maggioranza, il nostro Premier continua a traccheggiare   non aggredendo la crisi con politiche convincenti cercando di coinvolgere il più possibile le opposizioni, che a sentir lui, sarebbero le responsabili storiche del disastro che ci troviamo davanti.
Comiciando dalle favole vedo che il Cav. Berlusconi racconta ancora le le enormi bugie di un tempo, quando attacca i responsabili della conversione lira euro (Ciampi e Prodi); se lo metta ben impresso nella mente: nel 1998 i rapporti di cambio erano i seguenti :1 Ecu = 1944,67 lire = 1,97581 marchi = 1,08772 dollari = 6,529 franchi francesi !
In quel tempo si passò al regime dei cambi fissi e si negoziò la conversione con la nuova moneta, l'Euro, che sostituì l'Ecu, raggiungendo il rapporto 1936,27.
Sostenere che si poteva trattare un rapporto a 1500 lire o forse è meno è affermazione demenziale supermegagalattica intanto perchè la matematica non è un'opinione eppoi perchè in nostri partner UE non hanno certo l'anello al naso.
Ricordo infine al premier che con la crisi dell' 11 settembre 1992 che provocò l'uscita dallo SME (si ricorda cos'è?) il rapporto Lira-Ecu volò ad oltre 2200 lire per cui la lunga marcia di avvicinamento ad un miglior rapporto di cambio per poter entrare nell'Euro, nel 1998 si era ormai esaurita (-265 lire ca) e non c'erano più spazi obbiettivi ed oggettivi per migliorarla.
Ma continuando, ieri, il Cav. Berlusconi, che vede sempre il bicchiere mezzo pieno, ha minimizzato sulla nostra gravità della crisi sostenendo che siamo un paese agiato che riempie i ristoranti, gli aerei e gli alberghi sostenendo quindi implicitamente che la nostra può essere solo una crisi finanziaria ( peraltro importata); mi domando quindi perchè se è un problemuccio contingente, e siamo tutti agiati e ben pasciuti, non proporre una bella "una tantum" per pareggiare i conti e proseguire tranquilli come in passato ?
Tra l'altro noi tutti italiani saremmo, se fosse vero, dei veri maghi poiché il Cav. Berluconi sosteneva nella campagna elettorale del 2006 che molti italiani non arrivavano alla quarta settimana e nel 2008 non arrivavano alla terza (ecco perchè non se ne parla più) !
Penose infine (per il momento) le sue considerazioni sugli interventi di Ue e Fmi; quanto alla Ue si è molto spesso trincerato per sue iniziative legislative sosenendo che ce lo chiedeva  propio la Ue, nascondendo poi la lettera ricevuta a firmaUe-Bce, e rispondendole, con colpevole ritardo con promesse effimere; da manuale della satira poi la affermazione che il Fmi sarebbe una sorta di revisore dei conti, di società di rating, pensando che gli italiani non si ricordino di quando il Fmi ci prestò 500 miliardi di dollari nel 1976 per tappare il buco creatosi nel nostro bilancio.
Bene ha fatto non accettare, questa volta l'offerta d'aiuto, perché ci sono le premesse, con opportune azioni, di  riprendere la rotta, ma il problema del crescente costo del nostro debito è un problema che va ridimensionato velocemente (lo spread dei btp sui bund tedeschi si è allargato anche perché è diminuito il tasso tedesco) e se non trova la formula migliore, abbia la compiacenza di lasciarla ricercare ad altri.
Quanto allo stock di debito, qualsiasi esso sia, trova la responsabilità del suo essere sia nella classe politica che l'ha governato sia in tutti gli italiani che ha eletto i governanti (anche gli oppositori che non son diventati maggioranza); ne consegue, che per quanto ha governato, anche il Governo del Cav. Berlusconi ha la sua responsabilità; sostenere il contrario significa ammettere in modo netto e chiaro la propria incapacità a governare e l'ininfluenza a saper governare le situazioni critiche.
Quanto al paragone con la Grecia, George Papandreu, ha vinto le elezioni dopo  un governo di centrodestra durato oltre un decennio e si è trovato difronte una situazione economica e finanziaria disastrata che non poteva certo nascondere, nè alla Grecia nè alla Ue; ha quindi  cominciato il suo lungo calvario con contestazioni forti sia in Parlamento che nelle piazze in risposta alle sue politiche di lacrime e sangue che è stato costretto a porre in essere.
Ebbene il risultato che si stava prospettando non era soltanto il disfacimento della sua maggioranza, ma il reale pericolo che le sue scelte fossero sconfessate politicamente, tanto da far uscire la Grecia dall'euro.
Ha minacciato un pò incautamente un referendum sul tema che ha spaventato un pò tutti, ma ha inchiodato alle rispettive responsabilità tutti i Greci e tutti i partiti di governo e di opposizione.
Come contropartita ha proposto , a sua guida, un governo di salute pubblica per governare questa fase veramente critica.
Ricordo che il Grecia, tanto per evidenziare che i brutti vizietti non sono solo dell'Italia, moltissimi  cittadini con grandi patrimoni sono talmente attaccati alla loro patria che  hanno pensato bene, da tempo, di trasferire le rispettive residenze altrove per cui qui si è reale il fatto che paghino il dissesto finanziario dello stato solo i ceti medio bassi, visto che gli altri son scappati.
Il nostro Premier al contrario è così tronfio del proprio potere, cosi' presuntuoso del consenso attribuitogli tre anni fa (consenso che si sta progressivamente sfaldando con il trasferimento ad altri gruppi dei suoi parlamentari) che si guarda bene dal ricercare, senza guardare in faccia nessuno, la formula e le soluzioni più utili alla sistemazione economica e finanziaria dell'Italia; imbastisce invece una serie di iniziative, soltanto enunciate senza far comprendere come e quando le tratterà, che non convincono (come le sue promesse delle campagne elettorali) più nessuno.
Non solo i suoi sostenitori lo credono più, ma non ci  redono più anche i nostri interlocutori internazionali del cui consesso dovremmo fare parte anche noi relegando la settima potenza mondiale sullo strapuntino.
Anche i più fidati collaboratori stanno cercando di convincerlo a lasciare, ma il Cav. Berlusconi chiede ancora tempo, 72 ore, per cercare di ricostruire una maggioranza che non lo sfiduci perchè questo è il suo obbittivo, non quello di approntare politiche efficaci per tirarci fuori dalle sabbie mobili.
Cosa dovrebbe fare invece ?
Innanzitutto convincersi, proprio perché l'ha tirata troppo per le lunghe, che non può essere più il timoniere pro tempore dell'Italia dimettendosi in queste ore senza indugio e patrocinare - o far patricinare dai partiti di maggioranza (?) -  un governo di larghe intese che metta mano alle iniziative più utili, anche se impopolari.
Il voto di martedi sul bilancio consuntivo 2010 non sarebbe quindi un problema, mentre nel frattempo si formerebbe velocemente un nuovo ampio governo che modifichi efficacemente la proposta di legge di stabilità da votare secondo il calendario prestabilito (per non finire in esercizio provvisorio).
Il tempo è poco ed il Cav. Berlusconi non si può permettere il lusso di andare a ricercare maggioranze raffazzonate che potrebbe non trovare già da martedì prossimo.
La politica ed il governo dell'Italia non è un gioco alla roulette russa sia per i danni, ulteriori, che si potrebbero provocare sia per i danni che si potrebbero provodare all'area Ue.
E questo il consesso internazionale non ce lo perdonerebbe tanto facilmente.
Occorre aver coraggio anche a lasciare, ma è questo che ci vuole oggi per l'Italia !!

domenica, ottobre 30, 2011

POLEMICHE PRETESTUOSE

L'altro giorno il Premier Berlusconi ha chiaramente detto che "l'euro non ha convinto", che è "una moneta strana ed attaccabile", salvo poi, come succede spesso, affermare che è stato frainteso (le frasi però le abbiamo viste e sentite tutti in una intervista divulgata sui media) e sostenendo che si stanno imbastendo polemiche pretestuose.
Temo ancora una volta che questo argomento "monetario" sfoderato in modo apparentemente incidentale sia la solita tecnica di indicare la solita pagliazza nell'cchio del prossimo di turno per non far vedere la trave che si ha nel proprio occhio (come quando nel 2006 attaccava i governi di centrosinistra rei di aver "sbagliato" a suo tempo la negoziazione del rapportoi di cambio lira-euro).
Il Cav. Berlusconi ha presentato un documento in sede Ue estremamente importate, impegnativo e grave (peraltro discutibile nei contenuti oltre che nelle modalità di attuazione che sono il succo delle intenzioni prospettate) ed evidentemente deve trovare un argomento che distolga l'attenzione dell'opinione pubblica per cercare di prender, come al solito, tempo.
Ma venendo alle considerazioni "illuminanti" del Cav. Berlusconi l'euro non è nè strano ne poco convincente perchè è comparso sulla scena mondiale da 10 anni e non possiamo sostenere che sia una moneta fasulla, magari fragile.
Faccio infatti notare che l' Euro rispetto al 1 gennaio 2002 si è rafforzato nei confronti del dollaro americano (da 0,8973 a 1,4148) e della sterlina (da 0,612 a 0,877) mentre si è deprezzato nei confronti del franco svizzero (da 1,4769 a 1,2214).
Questo vuol dire che che10 anni fa ci volevano 0,89 dollari per acquistare un Euro, mentre oggi ce ne vogliono 1,41; per la sterlina bastava 0,61 centesimi per acquistare un euro, mentre oggi ce ne vogliono 0,87 (per il franco svizzero invece è avvenuto proprio l'inverso).
I miglioramenti dei rapporti di cambio ovviamente non dipendono soltanto dall'andamento della economia europea, ma anche da quella americana e anglosassone, ma non si può certo sostenere la validità degli aggettivi attribuiti dal Cav. Berlusconi.
Peraltro nonstante il deprezzamento del dollaro l'Europa - con Germania e Italia in primis - continua egualmente ad esportare oltre che nella Ue, ampiamente anche fuori Ue, tanto che anche l'euro è diventata una moneta di regolamento interanazionale, pari del dollaro americano.
Il problema dell' Europa - non del''euro - è che nel suo complesso ha una crescita contenuta poichè mentre alcuni stati crescono a livelli accettabili, altri non crescono per nulla o molto poco e questo non dipende da congiunture sfavorevoli,  pertanto  temporanee, ma perchè alcuni stati come l' Italia, che è la terza potenza UE, ha una struttura ingessata da riformare, appesantita non solo dal deficit di bilancio, ma soprattutto dallo stock del debito.


La fragilità che inguaia l'Italia deriva dagli errori  della sua conduzione politica che ha per prima cosa mal interpretato i fenomeni di crisi in quanto i governi succedutisi nell'ultimo decennio si sono preoccupati di tenere sotto controllo il deficit di bilancio, quasi che le crisi susseguitesi fossero congiunturali e non strutturali.
In effetti per superare una crisi economica e rilanciare la crescita di un paese, si parte sempre dalla riduzione o azzeramento del deficit, ma poi se lo stock del debito è enorme occorre proseguire con una politica di rigore (che può anche procurare mal di pancia al proprio elettorato di sostegno), non dovendosi e potendosi accontentare sulla ipotesi di una crescita robusta che consenta anche l'abbattimento del debito.
Con un debito come quello italiano non si può sperare nello stellone ovvero in una crescita annua del 3 o 4%   che possa consentire in 10 anni di abbattere il debito del 40%, ma bisogna trovare formule e ricostruzioni che consentano nello stesso tempo in modo inequivocabile di ridurre progressivamente il debito.
In questi 10 anni tre governi, di cui due molto forti come consenso e sostegno parlamentare, questa operazione non l'hanno fatta; anche se a fine 2005 il Cav. Berlusconi promise che con l'anno successo, tempo d'elezioni politiche, il debito dello stato sarebbe sceso sotto il 100% del Pil.
Ma tornando all'Europa gli altri stati principali hanno "fondamentali" migliori del nostro e i possono permettere tempi di crisi e maggior utilizzo del debito, perchè strutturalmente sono più efficenti e veloci nel ripartire (e con sock di debito ben più contenuti rispetto al nostro).
Per l'Italia non è così e nei momenti di crisi, prima finanziaria e poi economica, la scarsa crescita e l'alto debito provocano maggiori tassi al servizio del debito da pagare.
Quel che preoccupa quindi è il fatto che se i tassi sul debiti tendono a rimanere sempre alti (siamo al 6% sui titoli a 10 anni) è evidente che questo fenomeno farà aumentare lo stock del debito perchè l'economia italiana non ha la capacità e potenzialità di crescere annulamente a questo livello (non ci è riuscita con tassi bassi come può riuscirci ora ?).
L'anno prossimo scadranno 290 miliardi di euro di titoli a 10 anni in Italia e se disgraziatamente i livelli dei tassi richiestici sono quelli di questi giorni è evidente che si possono trovare alchimie ( come quella di rinnovare questi titoli in scadenza a soli 5 anni), ma queste sarebbero utili solo a circoscrivere il danno, non a risolvere il problema, con il pericolo che avvenga un avvitamento dell'economia sempre più preoccupante.
Puntare quindi; da parte del Premier; il dito contro l'euro (pur smentendo prontamente) è una tecnica per trovare un colpevole per l'opinione pubblica italiana (come quando si attaccano gli stranieri che ci "rubano" il lavoro,  peraltro offerto da nostri connazionali), mentre invece occorre avere l'onestà intellettuale di intraprendere iniziative che portino i nostri "fondamentali" economici e finanziari ad essere sempre più omogenei a quelli dei nostri principali partner europei; rammentandosi ogni giorno che le politiche di "lacrime e sangue" dipendono dal ritardo colpevole (decennale)con cui queste verrebbero messe in campo (più si tardi si ripara il tetto, più grande è il danno).
Solo allora sarà possibile procedere alla ulteriore unificazione europea delle politiche economiche, fiscali, del lavoro e del debito tanto agognata dal nostro Premier.
Solo allora, quando le strutture dei debiti sovrani saranno omogenee e contenute e le capacità di spesa virtuose, sarà possibile ricorrere ad una provvista unica con gli Eurobond tanto propugnati dal Ministro Tremonti
Oggi, lo si è visto, la proposta è irricevibile poiché nemmeno noi (se fossimo al posto della Germania) accetteremmo di sopportare un costo del debito attraverso gli eurobond più alto di quello che sosterremmo facendo da soli.
Appare evidente che per la vera unificazione complessiva rigore e virtuosismo devono essere la regola e le furbizie come sempre hanno le gambe corte; un solo esempio: la Grecia è nei guai per aver truccato i conti 10 anni orsono, mentre è di oggi la notizia che la Germania ha rilevato un errore nel suo bilancio per cui lo stock del suo debito cala di 5 milardi di euro !!  

giovedì, ottobre 27, 2011

IL GRANDE BLUFF ?

Mi son letto velocemente il testo del documento presentato agli organi politici della Ue da parte del Governo italiano, documento a firma Berlusconi.
Al di la delle soluzioni prospettate che possono trovare convergenze o meno da parte del ceto politico, delle parti sociali  e da parte degli italiani, la prima cosa che ci si domanda è che, per l'ampiezza dei temi trattati e per soluzioni prospettate in tempi assai brevi, come mai si è pensato proprio e solo oggi di trattarli, poichè i motivi le spingono ad affrontarli sono critici da parecchio tempo.
Intendo dire che gli obbiettivi della diminuzione dello stock del debito pubblico e della produzione di norme che stimolino la crescita economica dell'Italia, sono sul tavolo da parecchi anni visto che da almeno un ventennio il debito continua a crescere e la crescita economica nello stesso tempo ha battuto spesso il passo tanto che gli altri paesi della Ue, pur patendo situazioni critiche per la crisi economica e finanziaria, hanno tenuto valori di crescita nel complesso doppi rispetto a quelli dell'Italia.
La prima ipotesi, la più benevola, è che l'attuale maggioranza si sia  incamminata verso un processo di miglioramento strutturale dell'economia italiana, superando al suo interno quelle differenze che l'hanno ingessata dal 2008 (ma anche nella legislatura 2001-2006).
La seconda ipotesi è quella di voler pervicacemente, da parte del Governo, mantenersi in sella a tutti i costi puntando sul fatto che un avvicendamento del Governo in questi momenti potrebbe creare una vacazio di potere o una soluzione governativa che dovrebbe riprendere in mano velocemente i temi della crescita economica e della diminuzione del debito, adottando soluzioni che sancirebbero l'incapacità del governo attuale a sfornare iniziative veramente efficaci.
La terza ipotesi, temo quella più veritiera, è quella di voler, come spesso avvenuto i passato, prender tempo, accontentando la Ue  per le sue urgenze che riguardano temi complessivi come il salvataggio della Grecia e la ricapitalizzazione di alcune banche europee.
Intendo dire che la Ue non ha posto tempi stretti alle scelte economiche italiane per il gusto di voler mettere il nostro paese sotto tutela, ma poiché l'euro è sotto attacco e vi sono da risolvere, finanziariamente, problemi pressanti legati alla crisi Greca e a quella conseguente di tutte le banche europee che hanno sottoscritto il debito greco, è evidente che dovendo mettere a disposizione risorse per questi poblemi urgenti, voleva avere rassicurazioni che magari dopo domani non emergessero ulteriori problemi finanziari in Italia.
Questo testo presentato in Ue cioè potrebbe rivelarsi da un lato un vero e proprio libro dei sogni, ma dall'altro costituire una forte leva - visto che si sono assunti impegni internazionali che travalicano il Governo pro tempore vigente e la maggioranza parlamentare attuale - per cercare di restare in sella fino alla fine della legislatura.
Non è dato sapere oggi però se queste promesse potranno essere validamente mantenute, sia per il fatto che i contenuti non sono assolutamente convincenti (ci sono idee nuove assai discutibili e mancano idee più credibili ed efficaci che questo Governo si guarda bene dal toccare), sia perché la definizione del documento potrebbe essere un semplice risultato di mediazione tra le varie anime del centrodestra, mentre in realtà ci è già convenuto tra queste parti di tirare fino a fin anno per andare nuovamente al voto, con il "porcellum", anticipato, nella primavera 2012.
Se questa maggioranza dovesse rivincere avrebbe già bello e pronto, forse, il prossimo programma elettorale, ma nel caso di perdita delle elezioni lascerebbe un bel boccone avvelenato per una maggioranza alternativa di centro sinistra.

lunedì, ottobre 24, 2011

ULTIMATUM ALL' ITALIA

Il Presidente francesce Sarkozy e il Cancellere tedesco Merkel hanno dato tre giorni di tempo al Governo italiano per predisporre iniziative adeguate per il rilancio dell'ecomonia italiana poiché con le prospettive che si riscontrano nonostante tre manovre avvenute nel 2011 non ci sono elementi che possano lasciare prevedere una ripresa robusta utile da un lato a contenere e didurre progresivamente il nostro stock di debito e dall'altro a sostenere la forza dell'euro sui mercati internazionali (la Grecia da sola sarebbe veramente un "piccolo" problema)..
Certamente la coppia  "Merkozy" ha perso il suo à plomb con quei sorrisetti ieri nell'intervista rilasciata alla stampa internazionale, ma resta il fatto che questo indica il grado di credibilità che non l'Italia, ma il Premier Berlusconi ha presso due alti esponenti europei (che sono peraltro della medesima parte politica).
Merkozy hanno pertanto ragione da vendere perchè se lo devono sorbire da anni visto che la maggioranza relativa dei votanti lo ho voluto a quel posto.
Sanno perfettamente che è un "cialtrone inaffidabile" (come lo sa anche Putin e l'esterrefatto Obama), ma se non lo sostituiamo noi è l'interlocutore con cui fare purtroppo i conti.
Il Cav. Berlusconi sa perfettamente che possono pure snobbarlo, ma non possono snobbare lo stato italiano che vale (all'interno dell' euro) il terzo posto per ricchezza prodotta con 1953 milioni di Usd contro i 2.173 della Francia e i 2.975 della Germania (valori stimati il 22 aprile 2011 n.d.r.).
Anzi sono preoccupati perchè essendo troppo grossi, bontà nostra, se vacilliamo pericolosamente questi esponenti politici, e per loro gli stati rappresentati, si sentono in pericolo anch'essi.
Quindi il Cav. Berlusconi sa di non poter essere liquidato facilmente mentre i Merkosy insistono perchè si raddrizzi la nostra rotta con pressante azione di persuasione.
Al nostro Premier tutto questo lo sa,come sa che non gliene frega un bel niente nè dell'euro nè dell'Italia, ma gli interessa tirare innnanzi anche non combinando un bel fico secco, tanto di capri espiatori veri o inventati ne trova quanti ne vuole.
Ma andando con ordine ricordo che nel precedente mandato de Cav. Berlusconi ( 2001-2006) L'Itlalia si trovò nella stessa situazione di Fancia e Germania, di superamento cioè del rapporto deficit-pil e insieme a loro negoziò il rientro in alcuni anni.
Per questo fatto il Governo Berlusconi minimizzò poichè in quel "mare burrascoso" non eravamo i soli; quasi a dire: mal comune mezzo gaudio.
Francia e Germania però approfittarono di questo fatto negativo come una opportunità per modificare e migliorare i propri "fondamentali" strutturali di modo che  quando sopraggiuse la crisi finanziaria importata dagli Usa nel 2007/2008 ebbero spazio per sostenere questa bordata immane ricorrendo al debito di stato pur con un calo vistoso dei rispettivi pil.
Si erano cioè premuniti per cui la sopresa della crisi finanziaria li trovò riparati da una bella rete antigrandine per cui passata la bufera hanno velocemente risalito la china ritornando velocemente ai valori ante crisi, quasi fosse una "semplice" avversità congiunturale.
Il Governo Berlusconi allora ed anche l'attuale - nell'intermezzo prodiano  con quella maggioranza risicata e lo sbarramento dell'opposizione ha fatto anche troppo  - ha considerato quegli eventi come congiuntuali ed ha nascosto a se stesso e agli italiani fino a pochi mesi fa la amara verità.
Ce lo insegnano sino dalla scuola (Istituto tecnico per ragionieri) che alle crisi finanziarie fa sempre seguito una crisi economica poichè la prima è come un forte nubifragio con grandine per cui anche se protetti da reti i frutteti vanno in ginocchio.
Ne consegue che non solo si perdere quel raccolto e vanno al vento le spese sino ad allora sostenute, ma occorre reinvestire nelle colture per proseguire nella propria attività negli anni successivi (ecco la cisi economica) attendendo qualche anno per ritornare alla situazione pre crisi.
Invece il Governo in carica, ha preferito minimizzare e non ha colto l'opportunità per porre in essere quei cambiamenti strutturali utili ad ammodernare economicamente e strutturalmente il paese, pronti quindi a ripartire al sopraggiungere della ripresa.
Ancora oggi si persiste nel ripararsi dietro al fatto che la crisi è totale ed internazionale poichè risulta più comodo trincerarsi dietro le scuse, pur di non intraprendere iniziative scomode (anche elettoralmente).
Qualche tentativo modesto è stato fatto, mo è stato troppo timido ed incompleto per cui i risultati che si attendevano non si sono visti.
Per esempio sul tema pensioni si continua a rimuniginare facendo ipotesi, anche dopo l'incontro di ieri, che sono assolutamente incomplete.
Il taso delle pensioni non è un tabù per gli italiani, ma lo diventa se non si eliminano le paure e i timori che provocano.
Penso che gli italiani non siano contrari per principio all'allungamento dell'età lavorativa, ma quel che temono è il pericolo di trovarsi a 50/55 anni  con altri 10/15 di lavoro davanti e perderlo senza la ragionevole certezza di ritrovarne un altro; la dicotomia tra la necessità dello Stato di vederci lavorare più anni e l'economia che vorrebbe rottamarci alla mezza età è un nodo da sciogliere facendo assumere le dovute responsabilità a lavoratori e alle imprese.
Lo stesso vale per i giovani che non pensano certo all'età della pensione, ma non possono accettare posti di lavoro incerti sia per durata, sia per i rapporti contrattuali molto spesso "taroccati" che producono incertezza per oggi e per domani (assistiamo spesso a retribuzioni accettabili, ma metà in nero, o a retribuzioni in piena regola con "retrocessione" di un quantum al datore di lavoro, ecc).
Questa politica da cicala peraltro è reiterata perchè una volta superato il "picco" dell'autunno 2008 il Governo Berlusconi (che aveva riguadagnato una ampia e solida  maggioranza), per non mangiarsi la parola e per non scontentare i voti che secondo la maggioranza sarebbero contrari a certe manovre impopolari o impegnative ha usato la politica del "lassez faire", indaffarato a mantenere solido il potere, ma senza attuare iniziative determinanti.
Il risultato è stata una sequela di interventi reiterati, ma non efficaci ed oggi ci troviamo veramente nell'angolo perchè, come detto, essendo troppo grandi, economicamente parlando, rischiamo di mettere a repentaglio la nostra moneta ed anche quelle economie che sono tuttora solide.
Le cose da fare non sono poi molte, ma devono essere fatte con equilibrio, equità e rigore; se si persiste a commettere furbizie per scopi elettoralisitici, ecco che l'efficacia si perdere e la contestazione e lo scontento montano inesorabilmente.
Persistere poi in tesi veramente indecenti significa non aver capito che la campanella dell'ultimo giro è suonata; mi riferisco alle considerazioni di alcuni esponenti di maggioranza che accusano i nostri indignados (la cui manifestazione è stata annullata da dementi pseudo rivoluzionari) di voler mantenere i privilegi dei loro padri; ebbene la gente, tanta gente giovane e meno giovane, è indignata per come lo Stato attraverso le sue strutture politiche di turno li tratta.
Sanno perfettamente la gravità della crisi italiana, sanno perfettamente di poter aver beneficiato - forse - dei privilegi dei loro padri, ma sanno perfettamente che solo attraverso politiche chiare ed eque si può trovare la strada per risalire la china; i privilegi, ancora troppi, sono utilizzati indisturbati, dal ceto politico come dal ceto delle professioni tramandate di padre in figlio, del cetto della corruzzione come dal ceto degli evasori che sguazza nell'economia italiana indisturbato ormai da decenni (nonostante i numerosi condoni ottenuti). 
Tre giorni a questo punto sono veramente pochi poiché dell'elenco delle 27 cose che il Governo Berlusconi aveva promesso di fare non c'è traccia e non vedo trasparire, se non per i sussurri che si rilevano ora qua ora là, iniziative vecchie ed inefficaci.
Se si ritiene che il liberalismo possa essere una forte spinta alla crescita non si possono avere reticenze, tutelando ora una lobby, ora una cartegoria, ora un gruppo di professioni o una tipologia di aziende.
Se si decide di usare una  leva, questa va attivata in tutti i casi in cui serve, senza distinguo o favori.
Se una leva sono le liberalizzazioni questo deve riguardare tutto il liberalizzabile: dalle municipalizzate alle professioni.
Inoltre è inutile e dannoso ricorrere a concordati o condoni poiché oltre che inefficace ed estemporaneo, continuare a rimestare sui redditi - agendo su iva irpef, irap, ires, ecc - non può produrre ulteriore gettito; lo potrebbe essere se la crescita del nostro Pil ritornasse a livelli del 5/7% l'anno.
Continuiamo a sbandierare di essere un paese con un forte debito statale, ma con un contenuto debito privato e delle imprese, ed una grande ricchezza individuale sia immobiliare che mobiliare; ebbene se non riusciamo ancora ad equilibrare equamente la pressione fiscale sui redditi, proviamo almeno a recuperare con quella sui patrimoni, da utilizzare insieme ad altre iniziative (dismissioni) per redimere il nostro debito.
Quel che auspico è che il Premier si renda conto che ormai non ha più spazio nè credibilità politica interna ed internazionale e che velocemente si fermi: sono convinto che nel giro di pochissimi giorni il Parlamento italiano sarebbe in grado di esprimere una larghissima maggioranza a sostegno di un Governo di larghe intese che ponga in essere poche ma efficaci e determinanti iniziative che ci traggano d'impiccio e che rilancino veramente questo grande paese (l'italianità, Presidente Berlusconi, non è appannaggio della sola attuale maggioranza).

venerdì, ottobre 21, 2011

LA LIBIA NEL DRAMMA

Gheddafi aveva affermato più volte in risposta alla lunga sommossa di popolo che avrebbe resistito fino alla morte, senza scappare e così è stato.
Anche se la sua fine drammatica, pare una vera e propria esecuzione sommaria, è tipica per un dittatore, nel caso della Libia si aprono momenti veramente complicati ed altrettanto drammatici.
Gheddafi ha abbattuto una monarchia malferma sotituendola con una repubblica socialista ,ma poi in quaranta anni ha sviluppato solo una dittattatura crudele e violenta, sia nel paese, che nel consesso internazionale poichè oltre agli eccidi avvenuti non si sa bene dove e per quante volte in Libia, conosciamo gli interventi terroristici avvenuti fuori da questo paese, pensando a Lockerbie e Ustica, tanto da produrre un embargo durato sino a pochi anni or sono.
Non si può avere la presunzione di poter comandare, crudelmente,  una vita sempre nella stessa posizione e non pensare, se ci si tiene veramente, al futuro del proprio paese creando le condizioni per la sua crescita, ma soprattutto per un futuro democratico basato sul modello politico che Gheddafi poteva avere in mente 40 anni or sono.
I dittatori fanno sempre una brutta fine, ma il danno che producono rischia spesso di travalicare il periodo in cui la dittatura ha operato, proprio perchè creano una disgregazione sociale e politica che non è mai facile ricomporre.
Abbiamo visto la disgregazione della Romania con la condanna a morte di Ceausescu e vediamo le grosse difficoltà in cui si trovano i popoli della "primavera" araba; vediamo l'Egitto che si contorce drammaticamente alla ricerca di un suo futuro e vediamo la Tunisia, che in modo più blando, ricerca la sua strada con le imminenti elezioni che vedono però una grande frammentazione politica con la presentazione di diverse decine di  partiti.
Era scritto che in caso di cattura Gheddafi sarebbe stato giustiziato proprio per cercare di troncare di netto la propria storia repubblicana passata, ma ora, temo, verrano momenti critici se non drammatici, perchè quel che non ha fatto Gheddafi - cioè superare le aggregazioni tribali che sono per principio instabili - produrrà un conto assai salato, presentato al futuro della Libia assai incerto e complicato.
Fatte le debite proporzioni non siamo all'Italia dopo Piazzale Loreto, perchè 20 anni di fascismo non hanno disgregato l'Italia, poichè le componenti politiche democratiche sociali e i modelli politici conseguenti, non si erano liquefatti, ma erano per così dire "dormienti", pronti a risorgere al momento buono.
Ma tornando alla Libia e a Gheddafi dopo il pluri decennale embargo questi ha visto un allentamento della pressione internazione ed ha ricevuto delle vere e proprie aperture di credito da parte dll'Europa e di alcuni stati in particolare; non dobbiamo dimenticare che anche l'anno scorso Gheddafi è stato accolto in pompa magna a Parigi come a Roma, ma anche in questi casi ha voluto giocarla da padrone verso interlocutori forse troppo interessati (dove la ragion di stato conta più del passato), ma si è ben guardato dal cambiare rotta, nemmeno subodorando quello che di li a pochi mesi sarebbe cominciato ad avvenire in stati arabi dell'Africa mediterranea.
Tutti i nodi vengono al pettine si dice ed ecco che in Egitto come in Tunisia poteri consolidati ed ingessati si sono liquefatti molto velocemente nel volger di poche settimane e quando  la sommossa ha toccato la Libia era ormai inesorabilmente troppo tardi (tanto da produrre otto mesi di guerra civile).

Quel che potrebbe oggi accadere in Libia può essere simile a quanto è avvenuto in Yugoslavia dove Tito era l'elemento di aggregazione di stati con forti indentità etniche e politiche autonome, tant'è che in nemmeno 10 anni quello stato si è digregato generando i veri stati naturali, purtroppo in modo molto spesso drammatico e sconvolgente.
In Libia la drammaticità del futuro è imminente poichè è uno stato formato da Cirenaica e Tripolitania ed ha al suo interno molteplici componenti tribali e non è affatto detto che la libertà dalla dittatura possa spingere a nuove aggregazioni politiche in funzione della forza economica implicita di questa repubblica.
Anzi le potenzialità energetiche rischiano di essere anzichè un collante per la ricostruzione politica e sociale del paese, un elemento di divisione ulteriore, alimentato peraltro dagli appetiti interni e anche da quelli degli stati europei che sono i più vicini.
Le dittature dicevo, hanno un "cancro" al proprio interno cioè quello di bruciare le possibilità di sostituire ad un potere dispotico un potere democratico perchè non esiste spesso una classe dirigente che possa essere pronta a far riprendere il cammino ad uno stato.
Quel che temo quindi è che questo si possa verificare anche il Libia, per cui si possano sviluppare lotte interne fratricide che portino alla disgregazione ulteriore di questa repubblica, sottoponendo in egual misura le popolazioni ai drammi che dovrebbero essere invece lasciati al passato.
Ogni stato, ogni paese, ogni repubblica è l'artefice del proprio futuro, ma proprio per questo, deposto il dittatore, vedo assai complicata ed ardua una prima fase di pacificazione nazionale che possa produrre la ricerca ed il conseguimento di un percorso nuovo e democratico.
E credo poco purtroppo all'efficacia del sostegno che il consesso internazionale potebbe offrire anche in modo imbarazzante ed assai invadente.
Putroppo la Libia appare un boccone troppo ghiotto pure le assetate aspettative  di soggetti nazionali e transnazionali stranieri che possono vedere la grande opportunità di vantaggi economici consistenti ovvero l'allargamento dei teatri integralisti che si stanno diffondendo da tempo nel mondo arabo.
Può apparire pessimistico il mio pensiero,. ma penso che proprio da questi giorni può rinascere un nuovo percorso per la Libia, irto di problemi che solo la coesione e l'aggregazione sociale del popolo libico potrà riuscire a superare.

mercoledì, ottobre 12, 2011

GOVERNO BOLLITO E SENZA PIU' FIATO: SI RITIRI !

Ieri, nonostante le assenze dei partiti d'opposizione, la Camera dei Deputati ha espresso voto contrario all'approvazione dell' art. 1 della Legge di Bilancio.
Da subito la parola d'ordine che è cominciata a circolare a partire dal Cav. Berlusconi è stata quella d'affermare che si trattava di una pura questione tecnica e pertanto rimediabile.
Minimizzare è stato il pensiero ed il passa parola  espresso di qualsiasi esponente del Governo e dalla maggioranza parlamentare in tutti i casi in cui si sono rivolti ai media, giornali e tv.
In questa logica, rifiutandosi ostinatamente di ammettere che il voto negativo ottenuto e politicamente grave, si stanno ricercando tutti i pertugi, tutti i tecnicismi per non voler ammettere che il Parlamento, deputati in particolare, non ha tenuto in considerazione l'importanza della votazione e pertanto si sta affannosamente ricercando la strada per far rientrare dalla finestra quello che è stato buttato fuori dalla porta.
La logica politica sarebbe invece quella di verificare molto veloce se ci sono ancora i presupposti, per coesione e per azioni politiche comuni, con i partiti della maggioranza e quindi salire al Colle per rassegnare le dimissioni.
Sarà poi il Capo dello Stato a verificare se i termini per una maggioranza, ribadita, esistono effettivamente interpellando i rappresentani dei partiti presenti in Parlamento ed in caso positivo riassegnare al Cav. Berlusconi un nuovo incarico per formare un nuovo governo di centrodestra.
Sarebbe per il Cav. Berlusconi una opportunità ghiotta per ridefinire programmi e mettere, in modo limpido, le varie componenti della maggioranza di fronte alle proprie responsabilità, mettendo pure in riga gli indisciplinati, su temi veri però, non su chiacchiere.
Intendo dire che il Cav. Berlusconi, che si reputa un grande condottiero, ed un vero e moderno politico, inchioderebbe con un programma ben preciso i suoi alleati, che tocchi le cose necessarie ed utili all'Italia
oggi (non domani) visti i problemi che si sono abbattuti sulla economia del nostro paese ormai da qualche anno e visti i pericoli di crisi globale che ci vengono segnalati all'orizzonte da istituzioni sovra nazionali (Trichet).
Le cose da fare non sono molte, ma sono, come segnalato anche dalle opposizioni e dalle parti sociali  azioni di ricostruzione con forte peso specifico che possono essere attuate con la riforma fiscale, la riforma delle pensioni, la riforma del mondo del lavoro, il rilancio dell'economia attraverso liberalizzazioni (anche degli ordini professionali)e privatizzazioni (sulle dismissioni andiamoci auti per non svendere gli ori di famiglia, che sono peraltro a presidio del nostro debito sovrano).
Parlo non a caso di ricostruzione perchè si è ormai visto che le riforme delle forme consentono di schivare i temi scottanti o anti popolari per meri motivi elettoralistici e personalistici, per cui le manovre che ne scaturiscono risultano sempre parziali e necessitano quindi di ulteriori ed infiniti aggiustamenti (saremmo già alla 5 manovra in un anno).
Tra l'altro a questo Governo non è ancora venuto il sospetto, invocando da un lato il contributo delle opposizioni e respingendolo poi puntualmente dall'altro, che reiterare le operazioni parziali che abbiamo visto ormai tante volte, forse non fossero le migliori e le più appropriate possibili; basti osservare le posizioni urticanti assunte di recente anche da Confindustria.
Evidentemente questa mia ipotesi è essenzialmente ingenua poichè il Cav. Berlusconi sa perfettamente che nella sua coalizione - anche se lo vogliono far passare per un chiaro dibattito interno - le idee da proporre sui vari capitoli di intervento sono molto spesso antitetici e funzionali comunque a cercare di mantenere a galla la baracca, non a risolvere alla radice i problemi che ha l'economia e la società italiana.
Di esempi a iosa: se si vuol metter mano, per l'ennesima volta dal 1994 al sistema pensionistico, questo va incrociato saldamente con il sistema dei rapporti di lavoro, compreso quello retributivo poichè se da un lato ai lavoratori in servizio si chiede di allungate il tempo della pensione, dall'altro i rapporti di lavoro con i giovani devono essere adeguati, senza furbizie tra buste paga bianche e nere, poichè è solo su quelle bianche che si accantonano i contributi previdenziali e le future pensioni a regime contributivo.
Oppure si parla di condoni vari, mentre è chiaro a tutti che solo a parlarne questo incita da subito all'evasione, mentre invece si considera un "nosferarur" colui che parla di patrimoniale, modesta, progressiva, da un certo valore in su, calcolata su tutti i valori mobiliari ed immobiliari (sui mobiliari ne esiste già una, recente, subdola e regressiva, cioè la tassazione dei dossier titoli senza che nessuno dei falchi di destra abbia aperto bocca).
Quindi uno "statista" come il Cav. Berlusconi non ha il coraggio che dovrebbe competere al suo ruolo, ovvero assumersi la responsabilià politica di ricercare un consolidamento all'interno della sua maggioranza, su programmi chiari e non su bubbole,  attraverso un percorso chiaro e alla luce del sole, ben sapendo che se questo non fosse possibile deve avere l'onestà intellettuale di passare la mano come è capitato a tanti suoi predecessori (da De Gasperi a Prodi).
Che questa operazione andrebbe contro la volontà popolare, sfornata ad ogni piè sospinto da tantissimi esponenti della maggioranza parlamentare attuale, è una fanfaluca: la maggioranza relativa del popolo italiano ha indicato i parlamentari che devono far coalizione in Parlamento per sostenere il leader indicato alle elezioni; se questa maggioranza parlamentare ha al suo interno la capacità politica di aggiornare ed attuare il suo programma operativo con un altro Capo del Governo, l'elettorato di riferimento non avrebbe proprio nulla dire, purchè questo nuovo governo operi veramente e non tiri a campare come sta facendo ora!
In realtà l'ingessatura alla quale il Cav. Berlusconi costringe la sua maggioranza ha motivazioni molto più prosaiche: la prima è che questo possibile ed eventuale reincarico diventi obbligatorio non perchè si sia rigenerata la maggioranza attuale, e si sia chiarita le idee attorno ad uno nuovo programma, quanto per il fatto che non è dato sapere che cosa potrebbe avvenire dopo o in alternativa.
I parlamentari della maggioranza non sanno ora (anche perchè  non vogliono per spirito di sudditanza pensarci affaccendati in tatticismi autorferenziali) se ci potrà essere un governo di larghe intese che porti la legislatura alla sua fine naturale, oppure si prospetti una crisi politica parlamentare talmente grave da dover andare ad elezioni anticipate.
In entrambi i casi il loro peso politico si annacquerebbe con quelli dei parlamentari dell'opposizione, oppure perderebbero presumibilmente la possibilità di un eventuale reincarico (o rinomina) alle prossime elezioni nazionali, con riflessi pure sugli effetti pensionistici di parlamentari.
Del resto è provato dai fatti che gli interessi a cui tengono sono i propri, non quello dell'Italia.
Il fatto ancor più grave e prosaico poi è quel che vediamo in questi giorni: la maggioranza ed il Governo non si occupano in via strettamente prioritaria alle necessità del paese,(vista la situazione da tempo assai critica) e alle iniziative da intraprendere (tanto che il programma di rilancio è continuamente annunciato, ma mai presentato), ma si preoccupano di parare il fondo schiena del Cav. Berlusconi, con operazioni da battaglia navale sulla legge delle intercettazioni (presentata,ritirata e ripresentata più volte) e sulla legge sulla prescrizione breve, che tra le due è la più urgente, visto che il processo Mills, con imputato il Cav. Berlusconi, non è altro che uno stralcio di processo analogo con condanna non passata in giudicato per la solita scadenza dei termini (condanna su due gradi di iudizio, prescrizione nel termo, ma condanna al risarcimento!).
Tutte norme che non hanno obbiettivamente urgenza, se non quella di tirar fuori dalle peste il Premier, il quale come un bambinello si va ad infilare ripetutamente da anni nei "casini" eppoi pretende che i suoi valvassori lo salvino (per salvar se stessi).
Oppure ordinare al suo Ministro di Giustizia di indagare su tutte le procure in cui compare come imputato o possibile tale il Cav. Berlusconi.
Siamo alla faccia tosta più impudica: il Cav. Berlusconi che continua ad insinuare di essere perseguitato dalla Magistratura, non si rende conto che sono tante e tali le procure che si occupano di lui che lo capisce anche un bimbetto che in realtà a Lui a perseguire la Magistratura.
Può pure essere che anche in questo ulteriore "incidente tecnico" il Cav. Berlusconi trovi il modo per salvarsi in corner, ma che sia a capo di un governo bollito e senza fiato è ormai chiaro a tutti, anche alla sua maggioranza, per cui basterà un nonnulla per farlo andare a gambe all'aria.
Piuttosto invito i parlamentari dei partiti di minoranza ad abbandonare i tatticismi; ovvero imbullonarsi ognuno ai propri seggi in Parlamento per essere sempre e comunque tutti presenti: se ieri non vi fossero stati i 17 assenti il voto contrario sarebbe stato a quota 308 !!
PS: nel frattempo il Capo dello Stato invita il Governo a verificare se ci sono le condizioni per la sua prosecuzione non solo numerica, ma anche per gli impegni ormai divenuti sempre più pressanti per l'Italia !
Domani il Cav. Berlusconi si presenterà alla Camera dei Deputati per chiedere la fiducia che sarà votata venerdì: qui si farà la nobiltade !!

mercoledì, settembre 21, 2011

MAGGIORANZA PARLAMENTARE SOTTO RICATTO DEL PREMIER

Non c'è nulla da fare: il Cav. Berlusconi tiene sotto ricatto la sua maggioranza parlamentare non tanto per sostenere e sviluppare la propria azione di governo, quanto per utilizzarla a suo piacimento per difendersi dai suoi comportamenti politici e personali.
L'interesse del Premier è quello di stare comunque a galla, costi quel che costi, utilizzando, se lo ricordi bene anche la Lega, una maggioranza parlamentare che non scaturisce certo dalla volontà elettorale del 2008.
Una parte degli eletti del centrodestra si è staccata dalla maggioranza per cui la struttura attuale è costituita, alla Camera dei Deputati, soprattutto dal soccorso sopravvenuto per effetto del cambio di casacca dei cosidetti responsabili che, prima, sono stati eletti molto spesso fra le fila degli schieramenti di minoranza (parlamentare).
Il Capo dello Stato ha preso atto di ciò, non stracciandosi per questo le vesti: se una maggioranza permane questa ha tutto il diritto ed il dovere di proseguire, effettivamente, la propria azione politica.
Di converso se il Capo dello Stato ravvisa il pericolo che questa nuova maggioranza rischia di sfaldarsi, proprio per il momento critico in cui ci troviamo (effettiva efficacia dell'ennesima manovra di governo e situazione complessiva economica e finanziaria in regressione), ecco che questi ha il dovere di seguire con tempestività ed attenzione eventuali cambiamenti nella "solidità" del Governo.
Ecco perchè le tesi sostenute dalla Lega sono incogrue: non si può invocare la volontà degli elettori, poichè gli eletti (o i nominati) non sono più quelli scelti nel 2008 dalla maggioranza, relativa, dei votanti.
Peraltro queste argomentazioni evidenziano che si cerca a tutti costi di  far quadrato per mantenere in piedi un morto che cammina evitando da un lato che il Governo vada sotto su temi ultra determinanti, minimizzando da un lato i voti contrari dati, a maggioranza, per cinque volte contro le proposte dell' On. Prestigiacomo, ma cercando dall'altro che l'On. Milanese non venga lasciato al destino della Magistratura.
Questo non perchè si sia ravvisata una persecuzione giudiziaria contro questo esponente Pdl, ma perchè acconsentire alla sua carcerazione chiesta dalla Magistratura, significherebbe, platealmente ammettere le debolezze di questa coalizione.
Non ci sarebbe, voto segreto permettendo, il coraggio di scaricare un uomo politico di dubbia reputazione, facendo pure un favore all'On. Tremonti del quale questo parlamentare è stato consigliere assai ascoltato.
Significa avere la paura della propria ombra, poichè se Milanese verrà condannato (e per questo la Magistratura deve essere libera di indagare spostando le foglie di fico che lo vorrebbero invece nascondere) questo non vuol dire che abbia responsabilità anche il Ministro del'Economia.
Certo non ci fa una bella figura comunque (anche se Milanese salvasse la ghirba), ma le azioni penalmente rilevanti, se non esistono intrecci chiaramente dimostrabili, di Milanese sono solo e soltanto responsabilità sua.
Se così non fosse, capisco che si cerchi di salvare la pelle ad un pezzo da 90 del Governo, ma da che mondo è mondo chi sbaglia paga (qualsiasi sia la conseguenza personale e collettiva).
Parlo di maggioranza sotto ricatto perché il fatto Milanese non è l'unico poichè fra una settimana la Camera dei Deputati sarà chiamata ad esprimersi anche su un componente del Governo,ed anche qui dovranno essere i fatti e solo i fatti che dovranno portare questa autorità davanti alla Magistratura.
Ma non è finita perchè il ricatto del Premier continua in quanto, pur con la manovra monstre di 54 miliardi di euro, stanno emergendo nuovamente crepe che impedirebbero il raggiungimento degli obiettivi dichiarati, ma non si vedono all'orizzonte alcune iniziative utili e necessarie per raddrizzare la barca.
Lo spirito di  autosufficienza parmane - presuntuosamente - in questo Governo e in questa maggioranza che vuol fare tutto da sola, freandosene sei suggerimenti avanzati dalla parti sociali e guardandosi bene dal coinvolgere fattivamente le opposizioni (come se fossero degli appestati) ed anche ora che il futuro sembra meno roseo del previsto ecco che ci si arrampica sugli specchi per minimizzare o per addossare, per l'ennesima volta - la colpa al prossimo.
Parti sociali e opposizioni avevano suggerito chiaramente al Governo che la manovra doveva contenere tre elementi strutturali: recupero fiscale, riduzione dei costi di struttura dello stato e misure di rilancio dell'economia.
Elementi che per essere veramente efficaci dovevano essere mixati sapientemente fra di loro; invece Governo e maggioranza parlamentare hanno voluto far da soli perchè non hanno voluto tener conto di ipotesi di contrazione delle previsioni di crescita interne ed internazionali, attaccando, ora, in modo infantile la società di rating che ne trae le conclusioni.
La manovra appena approvata, come qualsiasi altra, non ha l'imprimatur divino, ma tiene conto purtroppo solo del futuro più favorevole, mentre non tiene conto del mutar dei venti; ecco perchè il nostro debito viene declassato.
Di manovre aggiuntive, largamente previste da parti sociali ed opposizioni, se ne parlerà fra pochi giorni, ma se non  vi sarà l'umiltà politica di affrontare veramente i temi utili all'Italia, saràl'ennesima azione inutile.
Per fare invece una azione veramente efficace occorrono manovre tempestive e coordinate (e già ora l'effetto sorpresa è svanito viste le notizie di trasferimenti di capitali all'estero) come quella di un accordo con la Confederazione Elvetica che tassi adeguatamente i capiali esportati, mentre si introduce la patromoniale.
Oppure prendendo in mano i contenziosi fiscali del condono tombale prima che scadano i termini, oppure si armonizzino le tassazioni dei redditi delle imprese ora molto diverse tra piccole e medio grandi.
Fermo restando che se queste novità non vengono indirizzare per redistribuire la pressione fisale, per battere l'evasione, per abbattere il debito  e per rilanciare l'economia, queste sarebbero l'ennesimo bel compitino con risultati nulli o molto modesti.
Per intanto il ricatto sul Parlamento da parte di un Premier sempre più indifendibile continua visto che anzichè mettersi al lavoro sui veri titoli utili a raddrizzar la rotta, non si trova di meglio che, pensando agli scandali e ai processi in cui il Cav. Berlusconi è impelagato, di riprender in mano leggi ad personam per parare ora un processo, ora una intercettazione ora una testimonianza.
La maggioranza parlamentare vuole interessare il Parlamento per confezionare un "vestitino" fatto su misura per il Cav. Berlusconi che lo aiuti a restare a galla: ora la legge sul "processo lungo", per far cadere in prescrizione un processo scabroso (Mills), ora la legge sulle intercettazioni (non già per regolamentarne la diffusione e punire quelle vietate) per svuotare i processi in cui è imputato o semplicemente testimone e presunta vittima, ora sul "processo breve" per ridurre i tempi di prescrizione sui processi appena iniziati.
Di legge contro la corruzione, ferma da anni in Parlamento, invece non se ne fa cenno ed  non è più un sospetto bensì una certezza che toccare questo tema rimetterebbe nelle peste parecchia gente e fra queste in Cav. Berlusconi in primis, se è vero che ha scambiato i favori "di letto" con favori affaristici su commesse varie, con personaggi di dubbio affare.
Il ricatto continua pure con l'inchiesta della Magistratura di Napoli: si sente addirittura parlare di intercettazioni non dovute (le 100 mila  intercettazioni, Ministro Fitto, sono quelle di Bari) e interrogazioni di testi che la Procura di Napoli non doveva fare: follie poichè la Magistratura con tutti i suoi pregi e difetti non ha nè il dono dell'ubiquità nè quello della preveggenza.
Infatti solo dai recenti interrogatori  è saturito che gli eventuali reati a carico del Premier sarebbero avvenuti a Roma ed ecco che il Gip, interessato per la richiesta di libertà vigilata di Tarantini, ha messo le cose a posto reindirizzando la procedura giudiziaria a Roma.
E' curioso che di questa ricollocazione fosse più interessato il Cav. Berlusconi che l'imputato principale; bah :
forse vi è il suo interesse a prender tempo visto che tra trasferimento e assegnazione al PM passerà del tempo prima che la Procura chieda lumi al teste Berlusconi (che è quel che aspetta giocando le sue carte per dirarla per le lunghe).
Oppure, pensando parecchio male, mi domando come mai la Procura di Roma venisse chiama "porto delle nebbie"!

Comunque sia ancora una volta la maggioranza parlamentare è al seguito degli interessi e dei voleri del Cav. Berlusoni infischiandosene delle situazione estremamente grave e men che meno delle opposizioni e delle parti sociali.
Curioso in questo contesto la flemma di tutta l'opinione pubblica: che stà aspettando non si sa cosa.
Sta aspettando forse l'ennesima azione di governo ad "approssimazione successiva" ?

lunedì, settembre 19, 2011

BOSSI E ALFANO: SCENEGGIATE DOMENICALI

La presuzione di onnipotenza degli esponenti della attuale maggioranza (parlamentare) fa veramente inorridire.
In una giornata in cui  Dominique Strauss Kahn confessa le sue debolezze (che fosse un trombino lo si sapeva) che gli sono costate il posto al FMI e la candidatura alle elezioni presidenziali in Francia, l'imprenditore Di Caterina che svela i vari sistemi corruttivi di Sesto San Giovani, ma anche di Segrate, Cinisello Balsamo e Milano (Atm) assai gravi se provati, Bossi e Alfano non trovano di meglio che rilanciare palle impossibili, sottacendo invece la fragilità. l'incostistenza e l'immobilismo di questa coalizione di governo.
Per non tacere poi sul fatto che il Cav. Berlusconi usa a suo piacimento la decisione se presentarsi ai giudici tanto che preferisce andare oggi al processo in cui è imputato dopo aver sostenuto più volte che sarebbe tutta  una farsa, mentre si rifiuta di testimoniare come possibile vittima in un altro prosesso, sfoderando i vari cavilli giuridici costruiti dai suoi iscritti-onorevoli-diensori Ghedini e compagnia.
In realtà ha una fifa blu di presentarsi come testimone ai Giudici di Napoli perchè sin dall'inizio della vicenda si è presentato più volte come un benefattore, mentre dalle intercettazioni emerse potrebbe risultare che non è nemmeno un ricattato per le sue abitudini personali, ma un maneggione nella accezione classica del termine che ricorda tanto "mani pulite".
Ma ritornando a Bossi ancora una volta rilancia insieme al suo popolo i soliti slogan leghisti, che vorrebbero da un lato evidenziare il virtuosismo economico sociale e fiscale delle regioni del Nord, mente in realtà, furbescamente si cerca di cavalcare questa onda da decenni, per nascondere le le proprie debolezze e le proprie malefatte (come le "cartiere" dl Veneto nel settore della concia che costituiscono l'iceberg dell'evasione fiscale generalizzata in Veneto e fuori).
Non ci sono scuse signori: le tasse vanno pagate sempre e comunque, mentre un accordo di non belligeranza tra imprenditoria e maestranze per cercare di appioppare agli altri, magari i più deboli, le malefatte e le indecenze commesse, ha necessità di nuovi obbiettivi e di nuovi slogan per restare a galla.
Intendo dire che tanti imprenditori del nord sostengono che è giusto arrangiarsi con il fisco e i loro dipendenti anzichè metterli alla gogna sostengono che è invece giusto, sperando di poter anch'essi ottenere minor pressione fiscale (che non arriva mai).
Per di più assistiamo in modo genralizzato, ovunque al nord, al centro e al sud, ad un sistema tangentizio che è frutto del malaffare tra politica ed imprese i cui costi peraltro non sono mai ripariti tra corrotti e corruttori, ma trasferiti sui costi delle iniziative intraprese, costi che ripagheremo tutti noi.
Non meno quindi della politica fiscale dei "piccoli passi" cioè quella di toccare tutti i capitoli di gettito per cui il popolo poi ripaga le inefficenze e gli sprechi con l'aumento di qualsiasi cosa vada a toccare, rastrellando quindi silenziosamente, denaro dalle tasche degli italiani.
In realtà la coperta è troppo corta per effetto delle indecenze del passato e del presente per cui l'evasione e la corruzione se non perseguita fortemente continuerà imperterrita e la pressione fiscale continuerà a salire.
Bossi dice che non si poteva far di meglio: non è così; l'incremento dell'iva per esempio fatta in questo modo (meglio una nuova aliquota sui beni più costosi) rischia di diventare un effetto moltiplicatore per la crescita dei prezzi, poichè diventa un alibi più o meno giusificato (l'iva in aumento produce maggiori costi dei carburanti e questi si ribaltano su tutti i prodotti trasportati, dal caffè al bar, ai materiali edili, mobili, ecc).
Conseguenze: da un lato, non essendoci iniziative per il rilancio economico si rischia la stagnazione mentre dall'altro con l'incremento dei prezzi l'inflazione (stagflazione).
Per nascondere tutto questo ed altro Bossi non trova di meglio che lanciare l'ennesimo slogan - la secessione per via referendaria - per blandire ed illudere ancora una volta i suoi sostenitori, in parte divenuti critici.
Sostiene infine che per il momento il sostegno alla coalizione rimarrà, per il semplice fatto che non ci sarebbero alternative; invece se si andasse ad un governo di larghe intese le sue promesse si trasformerebbero in quelle che sono, cioè falsità, oppure se si andasse ad elezioni anticipate rischia i venir punito dai suoi stessi elettori.
Quanto ad Alfano, va riconosciuta la sua abilità oratoria, la sua teatralità, ma di ruolo politico quale segretario del Pdl, non se ne vede l'ombra.
Da un lato cerca di stroncare - come se fosse un novello centralismo democratico - le contestazioni o le alternative possibili che emergono sempre più prepotentemente all'interno del suo partito, mentre dall'altro
riconsacra ancora una volta come se fosse un dio in terra il Cav. Berlusconi come leader attuale e futuro, pensando che l'opinione pubblica ed anche il suo elettorato non sia allibito da quel vaso di Pandora che si sta scoperchiando da anni.
L'opinione pubblica si domanda perchè in casi come quello occorso (fosse pure un tranello nel quale non ci doveva assolutamente cadere)a Dominique Stauss Kahn questi abbia dovuto fare un passo in dietro senza che nessuno lo spingesse a farlo, mentre  il Cav. Berlusconi,per  le malefatte ed i comportamenti personali collegati a favori di scambio che starebbero emergendo da tempo, si tratta di semplice persecuzione.
Pure il Presidente Usa Clinton  - per  "l'affare Lewinsky" - rischiò l'impeachement (mentre Nixon non ci riuscì), mentre da noi con il giochetto che tutti son innocenti fino alla fine dei tre gradi di giudizio abbiamo in circolazione personaggi dubbi o discutibili per anni che calcano indisturbati la scena politica italiana.
Le trappole, Segretario Alfano, nascono sempre se se ne da l'occasione, per cui nelle peste un uomo politico ci può andare se i suoi comportamenti, discutibili,  sono attaccabili mentre le menzogne costruire sul nulla (come Telekom Serbia o la commissione Mitrokin) si squagliano in poco tempo come neve al sole.
E' una questione di stile che non tutti hanno, ma non si tartta di dote personale ma di senso di responsabilità che ogni uomo politico deve necessariamente avere.
Annebbiare la mente dell'opinione pubblica con slogan o con sceneggiate può certamente far guadagnare tempo, ma se poi i tappi saltano, i danni, putroppo per tutti, saranno inimmaginabili.
Sostenere a spada tratta il Cav. Berlusconi, anzichè glissare sul problema e puntare su nuove politiche fa balzare agli occhi che i comportamenti non sono politici, ma di semplice difesa personale a tutti i costi.
Infatti in questa situazione critica per il paese il Cav. Berlusconi ha preferito fare la sua comparsata, come al Bagaglino, martedì scorso al Bruxelles, anzichè seguire da vicino gli sviluppi e i contributi del Parlamento sulla manovra (dimenticandosi che si dovrebbe pensare ed attuare una rifondazione dello stato), rinunciando a partecipare insieme a Cameron e Sarkozy all'incontro con i libici a Tripoli di Libia e questa settimana è tutto occupato a seguire o schivare i magistrati, non recandosi a Washington dove si parlerà del futuro e dei sostegni della Libia liberata dal suo amico Gheddafi.
Il fatto che sia impigliato elle reti della Magistratura non è quindi una causa ma un effetto.
Di questo si deve occupare un premier che si rispetti, pur con gli errori di valutazione che potrebbe commettere, mentre invece, sentendosi un dio in terra, grazie anche all'incensamento, ennesimo, di ieri preferisce stare arroccato, sperando in venti migliori.
Queste sceneggiate gli italiani non le dimenticheranno e prima o poi questa maggioranza insipiente ne pagherà dazio.


domenica, settembre 18, 2011

ON.ANTONIO MARTINO: NON CI SONO ALTERNATIVE ?

In una recente apparizione televisiva, fra l'altro, l' On. Martino ha affermato che alla attuale situazione politica non esisterebbe alternativa, come a dire che le opposizioni non sarebbero in grado di costituire una valida alternativa alla coalizione di centro destra che mal governa da anni (questo lo sostengo io, ma anche i fatti inconfutabili).
Siamo alla follia per una serie interminabile di motivi.

Innanzitutto questa maggioranza si trova in difficoltà perchè ha perso da tempo la sua coesione visti i diktat che ogni tanto appaiono, ma poi vengono riassorbiti e perchè anche sulla recente manovra ha dimostrato di avere sentimenti diversi tanto da discutere con proposte e contro proposte sulla sua definizione, infischandosene assolutamente degli inviti del Capo dello Stato a coinvolgere anche le opposizioni.
Raccontarci che questo è sintomo di vivacità della maggioranza è una vera favola poichè in realtà è sintomo di un malessere che si vuol cercare di sopire a tal punto che, a manovra conclusa, sono un pò tutti scontenti.
Aggiungo poi che se invece si trattasse di confronto tra le varie anime - forze centripete -   questo è sintomo di fragilità e debolezza, nè più nè meno di quando questo avveniva nelle coalizioni di centrosinistra al governo ed il fatto che la maggioranza resti a galla come un tappo di sughero, va ricercato nei ricatti reciprochi costruiti da tempo sin dal 2001.
Sostenere quindi che non c'è alternativa è quindi una fandonia mastodontica, perchè le alternative ci sono eccome.

La più logica - avveniva anche ai tempi della Dc quando il cambiamento interno dei pesi delle correnti, producevano nuovi governi, se non nuove elezioni - porterebbe a dire che se la maggioranza di centrodestra è veramente solida e libera da vincoli e ricatti, questa maggioranza avrebbe al suo interno la capacità di riformare un nuovo governo, aggiornando obbiettivi e azioni, per cui non sarebbe certamente un tradimento al mandato elettorale ricevuto se il Premier e i componenti del Governo, cambiassero, nell'interesse politico proprio e dell'Italia.
Martino sostiene che non c'è alternativa invece perchè cambiare il Premier (ormai screditato di fronte al mondo e agli italiani per i suoi comportamenti ) le sue vicissitudini giudiziarie e soprattutto per la sua inazione politica, significherebbe non screditare la coalizione, ma screditare un uomo ormai indifendibile da chiunque, contabilizzando la caduta di un teorema populista che ha fatto solo danni all'Italia.

Le alternative poi esistono eccome, oltre al "cambio di cavallo", perchè, vista la situazione economica del paese e la disponibilità delle principali opposizioni si potrebbe costruire un governo di larghe intese (o grosse koalition) per terminare la legislatura, compiendo gli atti necessari ed ineludibili per raddrizzare il nostro "titanic".
Ma anche questo viene rifiutato sdegnosamente perchè significherebbe sancire la debolezza di questa maggioranza e soprattutto del suo Premier, eppoi dover accettare azioni di risanamento utili e necessarie, che sino ad ora il Premier si è sdegnosamente rifiutato di applicare (anche perchè contrarie alle sue promesse mai mantenute).
Altra alternativa potrebbe essere quella di un governo del Presidente, utilizzando il Presidente Sen. Schifani, per un governo mirato alle elezioni anticipate; oppure un governo tecnico costituito da tecnici e politici sostenuti da   il più ampio arco parlamentare; oppure infine la chiusura anticipata della legislatura con nuove elezioni.
Anche queste soluzioni significherebbero sancire il fallimento di questa maggioranza, ma soprattutto del suo Premier, poichè sono fanfaluche quelle di sostenere che questa possibilità rendrebbe più fragile l'Italia.
Come detto in altri articoli, durante la seconda guerra mondiale, il Gran Consiglio ebbe il coraggio di sfiduciare il Duce e farlo arrestare, ma la guerra civile che nacque all'armistizio non dipese da questo, ma dal fatto che l'talia fu spaccata in due dalla nascita della RSI!
Il disastro per l'Italia trae appunto origine da quel fatto che produsse morti e distruzioni!Quindi fragile per fragile, meglio una azione che dia speranze per il nostro futuro.

A ulteriore sostegno che esistono invece alternative, poi ci sono le argomentazioni per così dir "tecniche" dell' On. Martino: ha ragione nel dire che la Bce non dovrebbe interessarsi ad operazioni di sostegno dei paesi più fragili perchè questo significherebbe creare una contiguità pericolosa tra il potere monetario e quello politico dell'Europa, ma la soluzione non può essere quella di  lasciar fallire uno stato per gli effetti che avrebbe sulla sua popolazione molto spesso innocente.
Occorre invece che il potere politico europeo, e fra questo anche della sua componente Italia, trovi le soluzioni credibili per superare e far superare il momento critico di uno stato aderente; non certo come dice il Cav. Berlusconi, sollecitare, nel caso dell'Italia una manovra generalizzata del sistema pensionistico, che ci "imponga" l'ennesima modifica del nostro sistema pensionistico.
Se un governo si sente forte come dice di sentirsi forte il Governo Berlusconi, deve trovare il coraggio di azioni anche impopolari, motivandole adeguatamente !
Il Prof. Martino sa infatti perfettamente che la dichiarazione di fallimento di uno stato è come una inflazione galoppante (a due cifre) di uno stato, poichè diventa una potente tassa patrimoniale occulta, per di più regressiva, tal che i ricchi trovano certamente il modo per continuare a galleggiare (anche in Italia in questi giorni si sente dire di trasferimenti consistenti in contanti verso l'estero), mentre gli altri.... andassero pure tutti a fondo!
I ricchi sono certo un elemento importanze in una società e in una nazione, ma il loro ruolo è proprio quello di far d' esempio affinchè anche gli altri meno ricchi o umili trovino l'ispirazione per migliorare la propria situazione economica.
Peraltro i grandi ricchi illuminati come si sente in questi giorni dire (De Benedetti, Montezemolo, Della Valle, ecc), sanno perfettamente che la loro ricchezza dipende anche da vantaggi eeditari e comunque dalle proprie capacità di generare grande ricchezza, ma sanno perfettamente che se non esistesse anche l'altra parte del mondo, ovvero, il popolo indistinto che vive, consuma e produce, tanto ricchi non sarebbero.
In questo senso molti noti ricchi del nostro paese si dichiarano non contrari ad una tassazione dei loro patrimoni, mentre un altro super ricco che siede a Palazzo Chigi è contrario (dice che preferisce fare beneficenza in tutta riservatezza) non certo perchè è un parvenu, ma perchè evidentemente intende coprire continuare a coprire le malefatte di molti atri ricchi italiani che non hanno il coraggio di trasferire risorse all'estero in chiaro (bonifici bancari) perchè evidentemente hanno parecchio da nascondere sulla loro ricchezza (evasione?).


Ma tornando alla tesi del Prof. Martino: sul fatto che il default di Grecia in questo caso un sarebbe un dramma lascerebbe pensare che anche uno lontanamente possibile dell'Italia lo sarebbe; ebbene potrà pur essere che per la piccola Grecia, che le ha tentate veramente tutte, non ci sia futuro; ma nel caso dell'Italia stiamo veramente tentando tutto ?
Questa maggioranza si è resa conto che per la grandezza della nostra economia e del nostro debito statale siamo un anello importante della moneta unica (della quale siamo storici patrocinatori) e che il suo indebolimento creerebbe difficoltà appunto all'euro?
Veramente il prof Martino ci vorrebbe far credere che questo governo e questa coalizione di cui pure lui fa parte, le ha veramente tentate tutte, oppure, per misere utilità elettorali, ha fatto ripetute manovre non equilibrate (quando accusavano a suo tempo le attuali minoranze parlamentari di essere imbelli) e per questo continuano a produrre effetti inversamente proporzionali tanto da renderne necessarie altre ancora ?
Sostiene il Professore che queste manovre aiutano la recessione - che pure è in atto -; giusto: e che cosa sostiene da anni l'opposizione (quella che non sarebbe una alternativa); sostieme un semplice assioma ovvero rigore da un lato e equità e rilancio dall'altro che vanno impostati contemporaneamente altrimenti diventerebbero, come l'ultima manovra, un' anatra zoppa!
Ammettiamo che i "tasti" toccati con quest'ultima manovra siano quelli giusti, ma le politiche di rilancio dove sono ? Non ci si può salvare in corner, come sostiene il Ministro Tremonti, che fra poco occorre fare "il tagliando" alla manovra stessa; che cosa vuol dire ? che ci saranno ancora sacrifici o questa volta ce ne saranno anche per gli "untouchables" da finalizzare una buona volta per fini nobili ?
Per di più il Prof. Martiro ha pure toccato il tasto del Trattato di Maastrich soffermandosi su regole disattese un pò da tutti - chi più chi meno -gli stati, ma si guarda bene da proseguire: infatti nei parametri ci rietrarono per tempo un pò tutti gli stati (almeno uno dei due fondamentali), anche la Grecia con il gioco delle tre carte condotto guarda caso da un overno di centrodestra (ed ora al centrosinistra gli socca la patata bollente da raffreddare ), al momento del passaggio ai rapporti di cambio fisso (1998), ma non dice cosa la sua colazione non fece al momento del change over nel 2002 (monitare i prezzi non era da stato liberale) e soprattutto perchè la sua coalizione, con le sue grandi maggioranze, non ha affrontato la riduzione dello stock di debito, sperando soltanto che il Pil crescesse più velocemente del debito tanto da invertirne i rapporti.
Queste non son chiacchiere, sono fatti e sui fatti occorre prendere decisioni conseguenti; il Governo ed il Premier si sono dimostrati incapaci e per questo, come è avvenuto in passato per altre coalizioni, devono pagarne le conseguenze andandosene e non trincerarsi dietro fantasie inconsistenti, per farci pagare, a tutti, noi italiani due volte il danno.
Se a questo si aggiunge la sempre minor credibilità politica, umana ed etica del Premier che non vuol mollare (boja chi molla diceva a Reggio Calabria, Ciccio Franco nei moti del 1970), penso che le strade percorribili realisticamente si stiano trasformando inesorabilmente in degli stettissimi viottoli !