mercoledì, luglio 06, 2011

LETTERA APERTA AL PARTITO DEMOCRATICO

Caro Segretario Bersani,
le motivazioni addotte ieri in Parlamento sulla astensione della norma dell' Idv per la eliminazione delle Provincie, non mi convince, come non convince penso migliaia e migliaia di iscritti, sostenitori ed elettori del Pd.
E vero che il Pd è lo strumento per attuare la politica che ha progettato, ma è altrettanto vero che questa costruzione trae origine anche dagli indirizzi degli elettori, sostenitori e simpatizzanti, oltre che delle migliaia di strutture territoriali del partito stesso.
Il compito del Pd è quello di indirizzare, ma di farsi anche portatore delle aspettative della più ampia parte degli italiani.
Sulla utilità delle provincie la convinzione più diffusa è che siano progressivamente diventate inutili, oltre che fonte di costi e sperperi che non ci possiamo più permettere, visto il rafforzamento progressivo dato a Comuni e Regioni; in prospettiva queste ultime lo saranno ancora di più se si riuscirà a dimezzare il numero dei senatori (oltre quello dei Deputati) e costruire il Senato Federale.
Se questo assioma è chiaro non possiamo attendere di progettare una riforma sulle Provincie poichè il reale pericolo è che se ne parli per decenni senza mai giungere a compimento alcuno:
Lo vediamo peraltro su temi specifici come la Tav che è in cantiere da oltre 25 anni, ma siamo sempre alla posa della prima pietra e meglio ancora nelle politiche asfittiche pluriennali per la riduzione del debito e il rilancio dll'economia italiana.
Intendo dire che non possiamo aspettare che il programma di trasformazione, eliminazione o riduzione delle Provincie sia delineato perchè la decisione da prendere rischia di essere prorogata all'infinito.
Ieri andava colta al volo l'occasione di mettere un punto fermo sulla eliminazione delle Provincie (mettendo in soffitta i dubbi che permangono forti nel Pd) costringendo quindi il Parlamento ad affrontare procedure e programmi operativi per giungere alla attuazione definitiva.
Il percorso non è certo semplice perchè ripartire risorse e competenze(residue) a Comuni e Regioni è assai complesso e accidentato, al quale va pure aggiunto il percorso cambiamento costituzionale che prevede una doppia lettura nei due rami del Parlamento, ma è certo che se mai si incomincia, mai s'arriva.
Non era quindi demagogico votare a favore (anzichè astenersi) perchè grande parte degli italiani sanno che le Provincie costiuiscono una rallentamento ai processi di formazione delle leggi locali, un eccesso di burocrazia con risvolti su malgoverno e su corruzione, oltre che a costi di servizio che l'Italia non si può più permettere.
Inoltre l'astenzione è stata paragonata da molti al voto sfavorevole (non solo dal ruvido Di Pietro), dando adito al sospetto che questa decisione tenda a tutelare i poteri della casta che tante volte abbiamo tutti condannato.
Peraltro ieri il voto favorevole sarebbe stato la maggioranza mettendo in difficoltà ancora una volta il cdx, ma soprattutto sarebbe stata una prima occasione di compattezza dell'opposizione, propedeutica, forse, a future efficaci alleanze.
Certo il cdx, alleanza di caucciu, sarebbe vacillata, ma non crollata (non è implosa nemmeno con l'introduzione ed estrazione successiva della norma "salva Fininvest"), ma un altro chiodo sulla sua bara sarebbe stato aggiunto, mettendo in difficoltà il Pdl che ha dichiarato in campagna elettorale di essere per l'abolizione delle Provincie oltre che la Lega che è interessata al suo mantenimento perchè consente di collocare adeguatamente i suoi dirigenti territoriali.
Penso che, certamente, nella scelta di ieri non ci sia stato malanimo, ma se si tratta di strategia di lungo corso, questa va spiegata per bene anticipatamente, non dimenticando che non ci possiamo accontentare solo di un radioso futuro (che continua a non giungere mai), ma anche di un accettabile presente, anche prossimo.
Non sarebbe nemmeno comprensibile se la scelta fatta dipendesse dal fatto che manca poco alla chiusura della legislatura (ammesso che regga fino alla fine).
E' come sul tema dei referendum: non si è mai spiegato e rammentato a chiare lettere, nemmeno quando il Pd veniva attaccato su questo anche nelle recenti tornate referendarie, che il Pd, erede storico del Pci e della Sinistra Dc, i referendum li ha sostenuti, ma non li ha mai promossi per non togliere spazio alle iniziative delle associazioni della società civile.
Resta il rammarico fortissimo (e tra moltisimi iscritti, sostenitori ed elettori una vera e propria incazzatura) dell'astensione di ieri poichè il voto favorevole avrebbe invece posto una prima pietra alla trasformazione dello stato, alla sua modernizzazione, tanto sbandierate da decenni da una maggioranza imbelle, irresponsabile, sfacciata, animata soltanto dal coraggio di un coniglio (cfr. la Manovra Tremonti).
Buon lavoro.
Lucio Sorge, Verona

martedì, luglio 05, 2011

BERLUSCONI PERDE IL PELO MA NON IL VIZIO

Non c'è nulla da fare: ci possono essere i più grandi e gravi problemi che interessano il futuro dell'Italia e degli Italiani, ci possono essere le più gravi crisi politiche o economiche internazionali, ma questo Governo di irrensponabili e di eterni sfacciati (sono da manuale le dichirazioni dei vari ministri ed esponenti del cdx)non perdono il vizio di pensare ai fatti propri, mentre contemporaneamente cercano di propinare una ennesima operazione di manovra finanziaria sui conti pubblici che, per carità, non può pretendere di accontentare tutti, ma nella sostanza non è assolutamente equa per gli italiani.
Innanzitutto quanto si vogliono dare delle sterzate all'economia di un paese si deve preparare un programma pluriennale per raggiungere gli obbiettivi e da questo programma non si possono si devono escludere nessuno perchè ognuno con il suo contributo può e deve servire a raggiungere l'obbiettivo: l'equità, e la contemporaneità sono i primi principi da rispettare !
Infatti è assolutamente ingiusto mantenere o creare sacche di vantaggio da un lato quando dall'altra si inseriscono handicap che limitano o riducono l'azione economica dei cittadini.
L'Italia ha bisogno - oggi - di programmare il rientro del debito di qui a 10 o 15 anni a livelli fisiologici e dall'altro pogrammare una crescita economica che non può che poggiare su politiche di sviluppo industriale che è la vocazione storica dell'Italia (l'astuto Sacconi si accorge oggi che la maggioranza del Pil dipende dai sevizi non più dall'industria).
Quindi tutta la manovra, toccando tutti i tasti possibili ed inimmaginabili, deve servire a ridurre il debito e a rilanciare l'economia con crescite vivaci per cui spese e rendite di posizione vanno tutte eliminate.
E pur vero che alcune manovre possono essere messe in piedi in un colpo solo, mentre altre, per la loro natura, necessitano della dovuta progressività temporale, ma il risultato finale è comprensibile a tutti come deve essere comprensibile e certa la sua attuazione.
Esempi ve ne sono a bizzeffe: se si liberalizzano le professioni eccezioni non ce ne devono essere, se i costi della politica devono essere ridotti vanno attuate da subito tutte le scelte necessarie, non solo oggi la cilindrata delle auto blu, mentre le riduzioni degli assegni ai parlamentari e la struttura pensionistica resta invece nel limbo.
Ancora: nei programmi di questo Governo, o meglio del Pdl c'era la eliminazione delle provincie, ma poi ne usci una propostina ridicola (venivano escluse provincie confinanti con l'estero o altre amenità del genere) abortita sul nascere.
A questa manovra politica di Tremonti va riconosciuto il merito che il Ministro sa dove andare a pescare nelle pieghe del bilancio generale delle famiglie, ma anche qui il doppiopesismo si spreca: si preferisce tassare i depositi titoli oltre un certo valore di titoli amministrati, ma poi non si ha il coraggio di metter mano alla tassazione delle rendite finanziarie ferme al 12,50%.
Dopo aver sbeffeggiato nel 2006 il Governo Prodi per non essersi accorto che il numero dei possessori di fuori serie o auto di lusso era quattro volte il numero dei dichiaranti redditi oltre i 75mila euro, solo ora si ha il coraggio di tassarle aumentando la tassa di possesso!
Sulle pensioni stendiamo un velo pietoso perché ci si accanisce su quelle medie e medio alte, ma non si fa nulla per quelle misere che sono la stragrande maggioranza.
Anche chi ha pensioni da 3700/4000 euro lordi al mese (che non hanno certo costruito la loro pensione rubando al prossimo) debbono contruibuire alla spesa (o al risparmio), ma sanno perfettamente che il loro contributo non servirà ad un fico secco, come successe con il primo Governo Berlusconi nel 2004 che sovra tassò i redditi oltre i 150 milioni di lire.
Come sempre la tecnica di colpire sapientemente con poco i molti (così si fanno montagne di soldi) e un pò di più sparuti gruppi è una tecnica efficace, ma è a senso unico per cui chi ne ha veramente bisogno rimane mazziato e cornuto per ben due volte.
Ciliegina sulla torta però riguarda l'indecente inserimento delle modifiche di alcuni commi di articoli del codice di procedura civile laddove si obbliga il giudice a sospendere sino alla Cassazione il pagamento del danno patito, separando anche qui le liti fino ai 10 o 20 milioni di euro se in primo o secondo grado, da quelle di importo superiore.
La prima cosa che ci si deve domandare è che che effetto questa norma possa produrre sulla manovra finanziaria per rientrare entro il 2014 nei parametri Ue.
E' vero che il soccombente patisce, come sempre peraltro, la pena di rifusione del danno, ma ciò implica altresi che la pena pecuniaria comporta il trasferimento di risorse al vincitore della lite.
Queste, mi risultano essere trasferimenti non tassati da Iva, ma caso mai nei bilanci dei litiganti compariranno come perdite da un lato e profitti straordinari dall'altro con effetto sui rispettivi imponibili.
Quindi effetti sulle entrate dell'Erario probabilmente nulle o limitate !
Trattandosi poi di una manovra per decreto legge, immeditatamente esecutiva da confermarsi in legge nei 60 giorni successivi, non esiste nemmeno il principio di urgenza imposto per leggi di questo tipo.
ci si può trincerare dietro il principio che si vorrebbe far passare questa proposta per omogeneizzarla a quella del penale per cui un soggetto è colpevole solo se la sentenza è passata in giudicato.
Intanto perchè nel penale il condannato in primo grado può essere condannato alla reclusione sin da subito (anzi conta pure la detenzione dall'arresto alla fine del processo) e poi perché le condanne civili, come tutti i soloni nella giurisprudenza assoldati dal Premier sanno, producono effetti economici sin dall'origine (una volta accertati i danni) e si riverberano sia nei confronti di coloro che possono avere rapporti con i litiganti, sia nella filiera parentale, visto che i reati civili non si estinguono con la morte del condannato (ricordate la lite Imi Cir di Rovelli ?).
La vera ragione, emersa anche dal fatto che questo decreto è rimasto a battere il passo nelle stanze del potere (Palazzo Chigi) prima di giungere al Quirinale, è che il Premier Berlusconi sin dall'inizio considera suo dominio i fatti personali, con la sua maggioranza, con il suo partito e con le sue aziende per cui doveva trovare il modo per soddisfare con atti pubblici interessi privati.
La sfacciataggine, già vista tante volte nel passato, continua imperterrita perchè se ha bisogno, oggi, di questa modifica del C.P.C., bisogna farlo oggi, visto che fra giorni si avrà la sentenza del secondo grado di un processo - Lodo Mondadori - che lo vedrebbe probabilmente soccombere ancora una volta.
La sentenza è certa perché discende da una sentenza penale di corruzione passata in giudicato, dove corrotti e corruttori sono stati individuati, dove l'entità della corruzione è stata accertata; resta soltanto da appurare l'entità del danno cessante e del lucro emergente patito dalla contro parte del Premier - De Benedetti - visto che la sentenza penale, per effetto del lungo tempo trascorso, non poteva obbiettivamente riassegnare al legittimo acquirente il Gruppo Mondadori, ormai frammischiato per scelte industriali e successive acquisizioni con le altre imprese del Premier.
Berlusconi può strepitare quanto vuole, sostenere che la sentenza penale è una ingiustizia, ma tutti noi, quindi anche lui comune mortale, dobbiamo soggiacere alla Giustizia, ci piaccia o meno.
SE la metta da parte dunque: sapremo a giorni l'entità del danno che dovrà rifondere e su questo dovrà pensare ad un suo me culpa !
Certo non si tratta di noccioline, ma la truffa perpetrata non riguardava certo un piatto di lenticchie; comunque visto che la lite civile non è nata ieri, poteva, se oggi ha timore per la sua solidità finanziaria e patrimoniale, pensare a fare la formica, anzichè far la cicala, elargendo negli anni scorsi lauti dividendi a piene mani.
Infine, oltre al fatto che questa modifica, infilata di soppiatto all'ultimo tuffo, va contro il principio dell'eguaglianza di tutti di fronte alla legge (i litiganti sotto i 10 o 20 milioni di euro chi sono ? Figli della lupa ?) appare indecente ed inopportuna, visto che si inserisce come una appendice ad una manovra di lacrime e sangue, anche se non per tutti, che l'Italia e gli Italiani dovranno sostenere.
Confido comunque nel legittimo e superiore pensiero del Capo dello Stato !!