lunedì, dicembre 14, 2015

MACCHE' BANCHE : RISPARMIATORI SALVATI !

L'intervento per decreto che regola il la nascita di un fondo interbancario apposito per le quattro banche locali è impropriamente definito "salva banche" perchè in realtà non salva proprio per niente le quattro banche in crisi, ma semplicemente quasi tutti i suoi clienti.
Le quattro banche peraltro già commissariate da tempo dalla Bankit sono state messe in liquidazione(e gli amministratori mandati a casa), ma precedentemente sono state svuotate di tutti i loro attivi (prestiti alla clientela in bonis) e tutti i loro passivi (ossia deposito il c/c, depositi a risparmio, certificati di deposito ed obbligazioni ordinarie emessa dalla basca stessa) che sono tutti confluiti nelle nuove banche che hanno rilevato pure il marchio.
Sono stati trasferiti alle nuove società pure tutti i valori amministrati per conto dei clienti (ossia titoli di stato e  azioni , fondi, polizze emesse da terzi).
Naturalmente i soliti maligni ci vedono l'affare che che andrebbero a fare le banche che hanno scucito 2,7 mld di euro poichè poi se tutto va bene le rivenderebbero poi  a maggior prezzo ...
Sono rimaste invece nelle società "fallite" le azioni e tutti i titoli parificati come le obbligazioni subordinate, convertibili ecc. che costituiscono il cosiddetto capitale di rischio oltre ovviamente ai crediti incagliati o a contenzioso il cui ammontare, evidentemente abnorme, è la causa principale dello stato di crisi.
Quindi chi ora schiamazza per pura convenienza politica (per mettere il bastone fra le ruote in buona sostanza), ma a sproposito (sfruttando anche casi drammatici di questi giorni) tralascia di affermare che i risparmiatori di queste quattro banche, circa un milione di persone ,  sono stati salvati dal decreto tanto vituperato insieme a circa 200 mila aziende affidate.
Perchè deve essere chiaro che quando una banca va in bancarotta, non esistendo più il bail out, i rubinetti del credito si chiudono perchè non è più possibile che banche più solide rilevino le banca in crisi sostituendosi quindi nelle ragioni di credito (crediti concessi) e in quelle di debito (raccolta di qualsiasi tipo ed azioni ed similia) e vengono pertanto chiesti in dietro i denari prestati.
Per cui affrontare il problema che coinvolge una delle "materie prime" più usate al mondo, il denaro, in modo così avventato  ( torna comodo  attaccare quel politico o quel ministro a prescindere dal suo operato) può provocare reazioni a catena ingiustificate che posso portare a conseguenze impensabili.
Il problema rimasto sul tappeto, ma che esisteva latente comunque sia ben chiaro, riguarda non già gli azionisti (che già non è poco), ma circa 10.500 obbligazionisti subordinati perchè dalle proteste che emergono (a detta anche di coloro che cavalcano le disgrazie altrui per pure conveniente politiche) si potrebbe supporre che molti di questi abbiano investito risparmi in prodotti per i quali non era ben chiaro il livello di rischio, ovvero non gli era stato spiegato per bene (sono esclusi altri  2500 circa obbligazionisti che hanno acquistato detti titoli sul mercato secondario).
Ricordiamoci sempre comunque che il rischio negli investimenti c'è e esisterà sempre in qualsiasi investimento si vada a parare; se non si rischia sul capitale (ma anche a tener contante in tasca si può raccattare una banconota falsa o farsela sfilare dal portafoglio) si rischia sul suo rendimento.
Ovvero il livello del rendimento è diretta espressioni del rischio che si va ad assumere  secondo i principi logici: "più  lungo è il tempo più alto è il tasso" e "a parità di tempo è più rischioso il tasso più alto"
Ma ritornando ai fatti c'è da ritenere quindi che il salvataggio dei risparmiatori vada allargato anche agli obbligazionisti subordinati, nei casi in cui sia comprovata l'innocenza e magari sia ravvisata una "forzatura" da parte degli operatori bancari.
Qui le formule si precano, ma se è certo che la danza la debba condurre il Governo, è altrettanto certo che non può essere il Governo a finanziare anche questo intervento.
Rendiamoci comunque conto che gli strumenti per evitare di proporre prodotti inappropriati per i semplici risparmiatori esistono, ma sono dei profili articolati ed anche ferragginosi (son tra coloro che sostiene che ad essere troppo puntigliosi nello spiegare, si corre il rischio di non farsi intendere per nulla), son  soggetti alle variazioni che scaturiscono sia dal cambiamento dei rischi dei titoli già in portafoglio sia dalle nuove intenzioni di investimento che possono, se consapevolmente scelte, modificare il livello della propensione al rischio di ogni singolo risparmiatore.
Escludere l'acquisto di obbligazioni subordinate mi sembra una forzatura poichè significherebbe che un risparmiatore non può nemmeno comperare una azione.
Caso mai si dovrebbero marchiare sin dalla nascita con classi di rischio - sia nel capitale che nel rendimento -  ben chiare e riconoscibili in qualsiasi momento della vita del titolo e che i profili di rischio, bloccanti , non possano essere variati facilmente in breve tempo (non manipolabili).
Occorre poi fare una grande riflessione su quanto è avvenuto in questi ultimi 20 anni nel quadro del sistema bancario europeo poichè sino alla metà degli anni 90 il Sistema in Italia in particolare godeva di una auto protezione derivante (come cito nel precedente mio articolo) da vincoli sul tipo di attività creditizia in riferimento sia alle varie forme di raccolta, sia alle varie forme di impiego.
Queste ultime in particolare indicavano i tipi di operazioni riservate soltanto a poche grandi banche e vi era una netta separazione tra banca commerciale e banca finanziaria, mentre oggi tutti possono far tutto ed ovviamente grandi operazioni in piccole banche territoriali possono dare lustro certamente al management, ma come vediamo aumentano ancor più i rischi di credito in modo esponenziale; ne bastano poche, magari sollecitate da amici degli amici, che, andando a male, mettano a gambe all'aria queste banche e nei guai i loro clienti (imprese o risparmiatori ).
Un'altra cosa che rende ancora fragile il nostro sistema bancario deriva dal fatto che a questo cambiamento "operativo" non ha fatto seguito un completo cambiamento strutturale delle banche.
Le banche d'interesse nazionale e quelle di diritto pubblico son state privatizzate, le casse rurali si sono aggregate soltanto, ma le banche popolari e le casse di risparmio (le più piccole) non si son trasformate in spa pur quotandosi (non tutte però) in Borsa.
Se ci si pensa è una contraddizione in termini: si mette in quotazione un titolo il quale non possiede singolarmente il diritto di voto (espressione del diritto di proprietà di un pezzettino della società bancaria) perchè questo spetta al titolare di tutte le azioni a lui intestate (diritto e voto capitario).
Memorabile fu nel 1999 la condizione di preventiva trasformazione in spa della Banca Agricola Mantovana (società quotata) imposta da Banca Mps per effettuare la sua offerta pubblica d'acquisto.
L'anno scorso l'attuale Governo dispose la trasformazione in spa delle 8 più grandi banche popolari (quotate e non) e se ci ricordiamo bene ci fu parecchia maretta costituita dai ricorrenti attacchi al Governo appunto accusandolo delle più bieche intenzioni.
In realtà queste decisioni avrebbero dovuto essere prese molto prima viste le decisioni prese a livello europeo se mal non ricordo nel 1993!
Mal nel 1994 era sceso in campo Berlusconi, liberale a parole, seguito  da altri governi e coalizioni più o meno solide e durature e del fatto nessuno se ne occupò (anche perchè toccare tasti così delicati significava farsi tanti nemici).
E' vero che le banche popolari et similia sono espressione del territorio ed al territorio si devono correlare, ma è anche vero che quando queste banche hanno migliaia di sportelli sparsi in tante regioni anche lontane, migliaia di dipendenti e fette di mercato a due cifre è un pò difficile sostenere che non siano operativamente diverse dalle spa un pò più grandi e che quindi i soci debbano essere messi al corrente  e poter scegliere e valutare  in modo trasparente ogni giorno.
Peraltro abbiamo visto che anche con strumenti trasparenti di informazione avvengono comunque operazioni che dimostrano il loro rischio solo ex post.
In realtà la ritrosia, soprattutto delle banche  non quotate, al gran balzo lo spiegherei con il fatto che si andrebbe a perdere il voto capitario (per cui cui chi ha più azioni conta di più) simbolo di un egualitarismo societario che non produrrebbe selezione negli uomini, nelle strategie e nelle azioni.
Ovvero, malignamente, si potrebbe pensare che che certe valutazioni siano pilotate e quindi non corrispondano alla realtà.
Del resto queste scelte del 1993 portano appunto anche al "bail in" dall'anno prossimo e non vorrei che queste fragilità non fossero del tutto sistemate e dovessimo incontrare altre situazioni critiche.
Infatti tutti coloro che attaccano il Governo per le sue scelte e in queste ultime ore invocano pure dimissioni (sic) sembrano non sapere che dal 2016 anche i possessori di obbligazioni normali in caso di dissesto bancario potrebbero esser chiamati in parte a rispondere ad eventuali perdite.
Per il nostro sistema bancario  passa quasi tutto il denaro necessario per il credito a privati ed imprese e questo denaro è costituito da depositi a risparmio, conti correnti e obbligazioni  ordinarie appunto(oltre che ai titoli di Stato e in misura minore da polizze assicurative, fondi ed azioni et similia) e se si considera rischiosa oltre misura quest'ultime mi domando che effetti ne deriverebbero per la nostra economia (che dipende molto dal credito bancario) e che  cosa possa mai garantire il Fondo interbancario poichè il denaro liquido viene tenuto dai risparmiatori in minima parte (le uniche possono essere le società medio grandi) e quello più usato, l'obbligazionario puro,non sia garantito.
Quindi è forse il caso che si solleciti piuttosto il Governo ad affrontare questo problema,  cercando di far modificare il paniere di raccolta da proteggere, anzichè infilarsi in sterili ed inutili diatribe buone solo a sollevare polveroni e a esacerbare gli animi.
Questo significa che si debba far garantire anche questo tipo di obbligazioni dal Fondo, ma questo, deve essere ben chiaro a tutti, influirà certamente sui rendimenti dei titoli stessi (l'assicurazione la paga l'assicurato di solito) e in un tempo di tassi bassissimi questo certamente non ci farà saltar di gioia.

martedì, novembre 03, 2015

LA LUNGA MARCIA DAL BAILOUT AL BAILIN

Si sente parlare ormai da qualche settimana di novità nel mondo del risparmio bancario che potrebbero creare veramente delle reazioni da parte degli investitori incontrollabili.
Son rimato perplesso se dire al riguardo la mia idea o starmene zitto; ma visto che non ho poi un gran seguito ho deciso di analizzare questo fenomeno nascente, fosse anche soltanto abbaiare alla luna.
Il nostro sistema bancario, ancorché un po' vetusto, sino a pochi lustri or sono poggiava su principi incrollabili ovvero che il primo compito di qualsiasi banca, grande o piccina che fosse, era quello di raccogliere risparmio nelle sue varie forme (breve, medio e lungo termine)e da qui, nelle quantità indicate anno per anno dalla Banca d' Italia, impiegare parte di esso nelle modalità varie di credito concesso ad aziende e privati a breve, medio e lungo termine.
Per la banca quindi strumenti di raccolta primaria erano i ben noti, conti correnti, depositi a risparmio, certificati di deposito, cartelle fondiarie e da ultimo le obbligazioni ordinarie e le polizze di capitalizzazione.
Questo principio di curare in primis la raccolta primaria, non è mai decaduto sia quando il nostro sistema economico ha incrociato un ventennio di alta inflazione ed alti tassi di interesse, sia quando vi sono state situazioni di crollo di produzione e domanda interna.
Addirittura la Banca d'Italia ha attuato politiche anti inflazionistiche a tal punto che imponeva al Sistema bancario italiano di impiegare meno di quello che era il tasso di inflazione del periodo, per restringere quindi la massa monetaria e combattere appunto l'inflazione.
Dalla crisi petrolifera del 1973 per combattere l'inflazione a due cifre, che so del 20%, imponeva per quell'anno che gli impieghi aumentassero non più del 3% cercando così di "raffreddare" l'inflazione.
In questo quadro quando si presentava una situazione critica in una certa banca, ecco che scattava quello che oggi chiamiamo il "bail out"; ovvero un'azione di intervento diretta dalla Banca d'Italia da parte di una o più banche in buona salute che intervenendo salvavano sia i depositi che gli impieghi (al netto ovviamente di quelli che spesso avevano creato i dissesti).
Nella mia vita lavorativa ho visto salvare alcune banche da parte di banche più grandi e solide che avevano situazioni veramente indigeste, salvando i denari dei risparmiatori e dei prestatari inconsapevoli.
Certamente questo è stato un grosso sacrificio, ma obiettivamente veniva chiesto a rtagion veduta e si trasformava dopo pochi anni in una redditizia opportunità per il soccorritore.
Inutile dire quindi che il Sistema bancario poggiava quasi esclusivamente su banche commerciali e ben poco su quelle finanziarie e d'affari (ricordo soltanto Mediobanca e Imi ) dove certamente contava il patrimonio (capitale sociale, riserve ed utili indivisi), ma contava ben di più la struttura, ovvero il rapporto equilibrato tra le varie forme di raccolta e le varie forme di impiego con il principio incancellabile che questi ultimi fossero una parte dei primi e che questa percentuale fosse determinata anno per anno dalla Banca d'Italia (nei tempi di alta inflazione accanto al tasso ufficiale di sconto al 25,00%, le banche italiane potevano impiegare non più del 52, 55 o 60% !).
Tutto ciò stava a dimostrare che il nostro sistema, ma anche in buona parte quelli degli stati europei, era un sistema lento e per nulla dinamico per cui un cambiamento diveniva sempre più necessario visto che i mercati chiedevano sempre più aperture e agibilità e conseguentemente anche i capitali, merci e servizi in un Mercato sempre più globale, chiedevano di circolare con più libertà.
Certamente il Sistema bancario ha incominciato a modernizzarsi velocemente ed è incominciata l'era delle privatizzazioni che avrebbero aperto i capitali delle banche a nuovi soci e la competizione avrebbe chiesto maggiori azioni di sviluppo ed economicità, nonchè un allargamento progressivo ed inarrsetabile della offerta di prodotti e servizi.
Questo ha implicato l'apertura anche ai privati imprenditori oltre che piccoli risparmiatori, ma ha sollevato il quesito su che tipo di sistema bancario occorreva sostituire a quello esistente che separava nettamente gli affari finanziari da quelli commerciali.
E qui si commise il primo grande errore; quello di scegliere (siamo già nei primi anni '90) su proposta tedesca, il sistema misto per cui le banche si sarebbero trasformate in banche "tuttologhe" con il grande rischio di perdere sia il background della banca commerciale che non imparare adeguatamente quello delle banca d'affari.
Quello ancor più grave fu portare in secondo piano il sacrosanto principio della proporzione tra raccolta primaria e impieghi, sostituendolo progressivamente con i "ratios" di patrimonio, ovvero rapporti minimi tra patrimonio ed impieghi, in un sistema completamente mutato laddove il capitale di impresa (che partecipava al capitale delle banche e quindi al loro controllo) si mischiava con il capitale di puro risparmio depositato da privati ed imprese.
In sostanza si è favorito un mastodontico conflitto di interesse fra capitali tanto che l'aspetto strutturale ha visto stravolti i rapporti raccolta/impieghi, e si son viste nascere operazioni elaborate che hanno prodotto danni non indifferenti.
Se ben pensate il solo Governo tedesco per salvare il suo sistema bancario ha impiegato 250 mld di euro.
A mio modo di vedere la giusta scelta delle privatizzazioni doveva mantenere invece la separazione tra i due sistemi (banche commerciali e banche d'affari) perchè la crescita economica duratura di paese avviene più con il primo che con il secondo, dove i grandi investitori progettano grandi operazioni, magari di sisterma, poco comprensibili per i più!
Questo non avrebbe comunque escluso l'introduzione dei ratios patrimoniali, ma accanto a quelli trutturali.
Sempre in questi anni '90, fu costituito il fondo di garanzia a tutela dei depositi di 200 milioni di vecchie lire che garantiva i depositanti.
Con le mie premesse sottolineo che era un passo obbligato poichè non sarebbe stato possibile costituire un fondo di tal specie in un Mercato globale(ormai l'approdo del bailout si allontanava progressivamente) dove vi è un forte mobilità di capitali sia di risparmio ordinario che finanziari  per di più poggiato su un sistema bancario di tipo misto.
Resta comunque il fatto che con questa soglia e senza distinzione di forma di raccolta primaria i risparmiatori potevano star pur tranquilli.
Ma oggi, per giungere al famigerato bailin,  si è cominciato a ridisegnare il meccanismo che regola il Fondo a tutela dei depositi e qualche perplessità deve pur venire e soprattutto dovranno pur nascere iniziative che modifichino le regole prima che entrino in vigore quelle stabilite in sede Comunitaria UE .
Ben più forti di quelle che comincia ad esprimere solo ora  la Consob.
E vero che la copertura, ora di circa 100 mila euro è per persona e per banca, ma riguarda soltanto i depositi in denaro  ovvero libretti di risparmio, conti correnti e certificati di deposito, tralasciando la fetta più grande della raccolta primaria bancaria costituita dalle obbligazioni ordinarie che hanno sostituito le vecchie cartelle fondiarie (sulle quali si poggia la parte degli impieghi a medio e lungo termine verso famiglie ed imprese).
I depositi bancari delle famiglie sono mediamente contenuti e prevalentemente i depositi a vista non superano il 10% del totale dei depositi |!
C'è, per lo meno in Italia,  un enorme equivoco da sciogliere, allorquando si parificano queste obbligazioni  a quelle di altro genere (strutturate, sindacate, convertibili, subordinate, flash, ecc) sempre più simili alle azioni ordinarie o privilegiate che sono per principio le più rischiose in termine di rimborso.
Dalle disposizioni di legge, attuative di quella comunitaria UE 2014/59,invece  non si tiene per nulla conto di questa particolarità, nè si tiene conto delle polizze di risparmio ad accumulo (nuova forma gestita spesso da società di derivazione bancaria ormai da oltre 20anni )precisando che tale novità
andrebbe applicata solo sulle nuove emissioni e non su quelle magari sottoscritte 5, 10 o più anni.
In questi giorni si sentono affermazioni veramente inesatte anche se sono più utili a render l'dea di quel che ci si può aspettare.
Dico così perchè quel che si sente in giro diventa allarmismo abbastanza ingiustificato.
Innanzitutto lo stato di insolvenza di una banca fa scattare le varie procedure concorsuali previste e queste possono, in linea teorica portare anche al fallimento di una banca; questo significa che i creditori possono rischiare il denaro prestato a seconda del tipo di credito concesso che in ordine decrescente è costituito dalle azioni che costituiscono il capitale sociale, dalle obbligazioni diverse finanziarie e poi - come fortemente sostengo - dai depositi di ogni tipo e genere che superano i circa 100 euro per persona per banca.
Spesso invece ci possono essere sviluppi certamente severi, ma non così drammatici ed ecco che i rischi, soprattutto per i normali risparmiatori, si ridimensionano fortemente.
Consob dice bene (ma non affronta per il momento il mio appunto): non possiamo in tutta onestà sostenere che qualsiasi risparmiatore abbia in mano tutti gli elementi per sapere con congruo anticipo se la sua fiducia nella banca depositaria sia ben riposta o meno !

martedì, marzo 31, 2015

CARO SEGRETARIO-PRESIDENTE RENZI: NON CI SIAMO PROPRIO !

           Il risultato nella Direzione PD di ieri non può certamente far correre sonni tranquilli ai sostenitori del Partito nuovi e vecchi che siano.
Infatti l'ostinazione e le argomentazioni vere, che spiegano e dovrebbero convincere che la strada tracciata per l'approvazione della nuova legge elettorale, non sono per nulla emerse nel dibattito diieri.
Il Segretario Renzi ne fa una questione di principio invocando le decisioni a maggioranza (che si dovrebbero riflettere sui voti parlamentari) e rifiutando supposti ricatti interni tesi soltanto ad indebolirlo politicamente (sia come Segretario che come Premier).
           Prima di tutto sgomberiamo il campo dalle definizioni usate tipo essere più di sinistra, o essere più di destra, di centro, o come dice qualche esterno il Governo Renzi sarebbe peggio di quelli a condizione del signor Berlusconi.
Sono definizioni dalle quali mi astengo perchè risultano molto spesso una cortina fumogena per non affrontare e correggere i veri problemi politici che si possono avere di volta in volta sul tavolo.
Il Partito Democratico è il partito di centrosinistra per antonomasia, sia per cultura che per storia, per cui giocare le definizioni per giudicare sommariamente e strumentalmente l'operato del Partito e degli esponenti che via via si avvicendano è un modo semplice per svicolare sui problemi e sulle scelte di linea politica, insabbiando di fatto la sua azione.
           In realtà la situazione non è questa: il Segretario dimentica che nella dialettica interna sia del Pd che nei partiti di origine (Pci, DC, Psi, ecc) le anime critiche ci sono sempre state ed hanno contribuito sia allo sviluppo delle linee politiche programmatiche, sia agli avvicendamenti interni.
Renzi stesso, quando era minoranza, è stato una anima critica, ma ciò non di meno le sue proposte anche ruvide (rottamazione), peraltro già avvenute in passato con altri (ricordo a solo titolo d'esempio l'azione giovanile dei D'Alema e dei Veltroni),  alla fine sono emerse senza che fosse criminalizzato e sono state riconosciute all'interno del Partito e dei Gruppi parlamentari, anche da coloro (neo renziani) che sono stati eletti con la "vecchia" maggioranza.
Dopo le Primarie del 2012, Bersani ebbe a dire che per lui sarebbe stata l'ultima volta e che dopo di lui, a suo modo di vedere, sarebbe toccato a Renzi prendere le redini del Pd !!
Non accetto quindi il concetto più volte espresso da alcune nuove leve del "voi avete fallito, ora zitti che tocca a noi !"
Peraltro in quei tempi del recente passato le anime critiche non necessariamente si uniformavano alle decisioni a maggioranza, ma sovente se ne sono chiamati fuori potendoselo permettere (incarichi amministrativi locali) o rinunciando alle candidature, oppure andandosene anzitempo dalle Direzioni senza aver profferito parola.
Nei fatti attuali quindi non è  assolutamente vero che le anime critiche, ora minoranza, tendano a tagliargli l'erba sotto i piedi, ma intendono far valere i loro suggerimenti per ottenere un risultato migliore, spiegando in modo assai argomentato i forti dubbi, che non possono essere sciolti con una semplice votazione a maggioranza.
Invece, temendo di impantanarsi in presunti sterili dibattiti interni, Renzi ha preferito cercare all'esterno i necessari punti di mediazione contro i quali si era arenato per ultimo Bersani nel novembre 2012, senza tener conto che tra riforma elettorale e riforma costituzionale gli equilibri dovevano essere coerenti.
Senza nemmeno programmare veramente con chiarezza preventivamente, all'interno del PD,  le mosse da portare alla mediazione con gli altri partiti di coalizione e d'opposizione.
Allo stato dei fatti avremmo prossimamente un Senato, ridotto, di eletti di secondo grado e in Parlamento a sola Camera dei Deputati eletto con una legge elettorale che produrrà per lo meno 1/3 di soli prescelti dagli elettori e per 2/3 prescelti dai partiti (rammento che solo il PD userebbe la formula delle "primarie").
L'operazione stride in modo evidente sul piano dei principi democratici e conta poco il fatto che alle prossime elezioni con molta probabilità il Pd farà l'en plain, perchè la legge elettorale deve essere buona per tutte le stagioni, pur volendo garantire - per quanto l'elettorato con il suo voto vorrà esprimere  -  la stabilità e governabilità del Paese.
In realtà l'insistenza del Segretario Renzi non è legata ai timori che denuncia, ma è legata a motivi di pura strategia ed è su questi che dovrebbe dibattere all'interno del Partito, anche con le anime critiche.
Per esser ancor  più chiari il motivo per cui Renzi vuol velocemente approvare la legge elettorale dipende solo dal fatto che lui e il PD non si può permettere la brutta figura di un terzo "giro di valzer" alle Camere: gli avversari politici che lo accusano - e ci accusano - di decisionismo e allo stesso tempo di essere un venditore di promesse e non aspettano altro di scaricare le loro fratture interne, le loro incapacità di aggregazione, nonchè la mancanza di leader credibili.
Ovvero che con un altro giro di valzer si allunghino i tempi, si renda più rischiosa l'approvazione della legge (non si sa mai che può accadere nel prossimo futuro) e ciò influisca sui risultati delle elezioni amministrative di fine maggio!
Il dibattito in questi termini avrebbe dato risultati probabilmente diversi: il Segretario avrebbe riconosciuto alle anime critiche la validità dei loro contributi risconoscendo anche il loro conseguente peso politico.
Mentre ora, lasciando le anime critiche davanti a scelte comunque drammatiche, Renzi dimentica che dietro questi uomini e queste donne ci sono milioni di voti - spesso molto fidelizzati -  e  che  al di là dei risultati sulla Legge ci potranno essere molti insoddisfatti e il PD - e il suo Segretario/Premier - ha la giusta necessità di allargare la base elettorale non di sostituirla per ben governare il Paese.
Peraltro Renzi, superato questo ostacolo, avrà forse un un PD più addomesticato, ma non sarà scevro da prossimi imminenti problemi che lo potranno indebolire.
E' evidente che chi prenderà smacco persisterà comunque nello sciogliere le contraddizioni tra legge elettorale e riforma Costituzionale per cui la battaglia - interna ed anche esterna - si sposterà sul secondo tema, rendendo il percorso della legislatura più erto e sdrucciolevole e probabilmente meno veloce dell'utile e necessario.