I recenti accordi Sindacati con Fiat per gli stabilimenti di Torino-Mirafiori e Pomigliano appaiono "rivoluzionari" per certi versi, ma non lasciano presagire nulla di buono per l'economia italiana in quanto occorre anche guadare al passato per poter ipotizzare gli effetti su prossimo futuro.
Occorre premettere che i Governi Berlusconi hanno tentato invano più volte di minare alla base le fondamenta della più moderna legge sui rapporti lavoro-impresa (anche se il20 maggio scorso ha compiuto 40 anni), ovvero Lo statuto dei Lavoratori (1) cercando di cassare uno degli articoli ardine come il 18.
Ma in realtà ci ha pensato, sempre con il suo placet, la Fiat di Marchionne introducendo in sostanza il principio che i lavoratori rappresentati sono solo quelli delle organizzazioni sindacali che firmano gli accordi.
Ma procedendo con ordine occorre dire che negli anni passati i rapporti Fiat e Sindacati ed anche tra Sindacati e lavoratori sono stati investiti da profondi momenti assai critici come nel 1977 con la violenta contestazione di Luciano Lama alla Sapienza di Roma (2) e il 14 ottobre 1980 con la "marcia dei 40mila" (3) preceduta dal comizio di Enrico Berlinguer ai cancelli Mirafiori del 26 settembre dello stesso anno.
Certamente la Fiat nei momenti più critici della sua vita ha deciso ed è riuscita a porre in atto le più grandi novità strutturali dell'azienda e stravolgere i rapporti di lavoro e i riflessi occupazionali e produttivi.
Nel 1980 le era necessario licenziare 14 mila dipendenti, farsi aiutare nel compito dalla marcia dei 40 mila quadri, mentre i Sindacati, Cisl inclusa valutavano - chiedendo anche a Berlinguer se con il suo Pci era disposti ad aiutarli - di occupare persino le fabbriche.
Ancora prima, a cavallo degli anni 50-60, la Fiat discriminava i suoi dipedenti in ragione delle credenze politiche(Pci.Psi) e sindacali (Cgil) per non avere intoppi sul suo modo di governo delle fabbriche e delle produzioni.
Tutta questa premessa per dire che nei momenti critici sia la Fiat che i Sindacati (non solo la Cgil) hanno compiuto errori madornali; infatti se queste azioni avessero avuto effetti positivi sperati la Fiat non si troverebbe oggi a varare ulteriori azioni dirompenti e dall'altro i Sindacati, tutti i Sindacati, non cadrebbero nell'errore di radicalizzare le relazioni, nè di accettare comunque un cambiamento radicale nei rapporti.
Sostengo infatti che la colpa non è mai da una sola parte per cui se vi è stato l'errore di non saper ascoltare e comprendere le ragioni degli altri, vi è stato anche l'errore l'inverso cioè quello di non saper farsi ascoltare.
La riprova è appunto il fatto che oggi si rivoluzionano i rapporti in forma più moderna, ma del tutto simile alle "rivoluzioni" precedenti.
Certo negli anni 50-60 la connotazione era sempre e del tutto politica (non certo produttiva visto che si stava preparando il boom economico che avrebbe messo i auto milioni di italiani), negli anni 70-80 oltre che politica era produttiva (l'inflazione viaggiava a due cifre), mentre oggi è ancora produttiva, ma il ceto politico di maggioranza parlamentare la cavalca per consevare un potere inetto.
Gli acordi di questi giorni sono rivoluzionari perchè si modificano alla radice i diritti sanciti dalla Legge 300, perchè nei fatti non tutela più direttamente i diritti dei lavoratori, ma quelli del Sindacato, o meglio dei Sindacati che firmano gli accordi.
A ben guardare è un abominio oltre che giuridico anche sociale perchè gli accordi sindacali, qualsiasi accordo sindacale, vale erga omnes per gli iscritti e per i non iscritti, per gli iscitti ai Sindacati firmatari, ma anche per gli iscritti a sindacati che non si sono accordati.
Con questo accordo si vuole cristallizzare lo status dei rapporti sindacali che avrebbe la presunzione di scartare chi non ci sta (un pò come il Premier in carica che governa in funzione della maggioranza relativa e parlamentare ottenuta dall'elettorato, mentre il restante elettorato risulterebbe del tutto ininfluente ed inutile); a ben pensare è un obbiettivo non perseguibile perchè vorrei ben vedere se ai dipendenti non iscritti, ai futuri neoassunti ed anche a coloro che sono iscritti ai Sindacati firmatari, fosse precluso il diritto individuale e costuzionale di cambiare idea.
Penso che questo non si potrà verificare e se lo fosse sarebbe perseguibile penalmente (con querala di parte) e sicura condanna come avvenne per le discriminazioni degli anni 50-60, costate a Fiat una valanga di denaro.
Peraltro la Cgil su questi principi non ha desistito ed ha reagito anche recentemente negli accordi per la nuova Alitalia qandro gli altri partner sindacali volevano escludere dall'accordo i sindacati autonomi che rappresentavano la maggioranza dei dipendenti.
Dove sbaglia oggi la Fiat di Marchionne ?
Sbaglia nel non aver avuto la dovuta pazienza nel ricercare un accordo unitario, proprio perchè nelle azioni simili del passato queste si sono rivelate innefficaci e non risolutive, perchè non sono solo le caratteristiche dei rapporti e accordi sindacali che contano e perchè le innovazioni di processo e di prodotto si sono fatte, si fanno e si faranno sempre e comunque.
Intendo dire che alla "novità" produttiva non c'è nè ci sarà mai fine perchè questo è lo scopo fondamentale di qualsiasi impresa(mai dormire sugli allori) per cui appare sproporzionato usare come un grimaldello la leva della discriminazione per produrre nuovi modelli di autovetture o riorganizzare turni, orari e pause.
I Sindacati sbagliano perchè innazitutto hanno accettano - anche implicitamente -il principio che i diritti individuali siano da loro avocati ( sia chi ha firmato l'accordo sia chi si è astenuto); inoltre hanno permesso ancora una volta che riemergessero antiche discriminanti (18 aprile 1948) dimenticandosi che i migliori risultati si sono attenuti con l'unità presso chè totale, come nel 1993 con il Governo Ciampi; mentre gli accordi con i Governi di Centrofrestra per ben due volte hanno mostrato la loro vacuità.
Cisl e Uil da un lato si sono dimostrate in realtà intransigenti, tanto quanto la Cgil, con il bel risultato che i lavoratori in realtà sono tutti in realtà senza tutela sindacale, visto che l'accordo non gli piacerà senz'altro, ma se lo dovranno sorbire anche se ben comprendono, come io sostengo, che non sarà risulutivo e fra qualche tempo vi saranno altre proposte per ridimensionare il perimetro dei diritti individuali perchè gli effetti "benefici" si saranno esauriti.
Sostengo infatti che la rincorsa al ribasso proseguirà ben presto perchè non sono ben chiare le prospettive produttive e qualitative, visto che il raffronto con concorrenti europei mostra notevoli diversità sulle quantità e qualità prodotte e pochissime differenze sui tempi e modi di produzione.
Il Sindacato, sia Cgil che Cisl e Uil, invece, proprio per effetto dei fallimenti del passato di Fiat e per le loro cocenti partite perse, avrebbero dovuto avere il coraggio di trasformare, proponendolo ai lavoratori, un cambiamento radicale nei rapporti sindacali, tenendo conto delle esperienze, in un mercato globale, delle esperienze degli altri sindacati europei e nord americani.
Un solo esempio: Marchionne ha imposto il principio che solo chi firma gli accordi rappresenta gli operai, come in Canada e negli Usa con una piccola differenza che in quei paesi i Sindacati sono in azienda (il 55% della Chrysler è detenuto dai Sindacati); cose simili accadono in Germania ed i risultati si vedono chiaramente poichè con il convolgimento tramite le rappresentanze nelle aziende gli obbiettivi risultano maggiormente e stabilmente raggiungibili.
Forse questa idea farebbe veramente preoccupare il mondo delle imprese in Italia, perchè troppo gelose del proprio ruolo, che non sempre ha dimostrato di essere proficuo per loro, per i lavoratori e quindi per il paese tutto!
Pur avento militato in Cgil per tutta la vita lavorativa, ho sempre sperato che si potesse ricostituire in Italia un Sindacato unico, come le Trades Union del Regno Unito, per cui questa poteva essere una buona occasione per rivoluzionare la struttura sindacale italiana, non dimenticando peraltro che gli accordi e gli approcci simili a quelli tedeschi, inglesi e nord americani hanno pure il vantaggio di circoscrivere ed annullare le "cattive" abitudini di parte degli operai, cattive abitudini che dequalificano gli accordi sindacali raggiunti con tanta fatica.
Intendo dire che negli accordi di Pomigiano e Mirafiori è emerso il fatto che parte degli operai (a prescindere dalla loro appartenenza sindacale) proprio per effetto del tipo di rapporto esistente tra Sindacato e Fiat utilizzano con discutibile disinvoltura, impropriamente, i loro diritti (di sciopero e di salute), mentre un maggior coinvolgimento negli obbiettivi, pur rispettando i ruoli, risolverebbe fortemente queste cattive abitudini, senza dover ridimensionare alcun diritto.
Si è persa quindi una nuova stagione possibile, una nuova grande occasione per cercare di ribaltare, proprio con un accordo unitario e rivoluzionario con Fiat (che farebbe scuola) il modus operandi del sistema delle imprese, costringendolo a confrontarsi veramente sul Mercato, con i Lavoratori svolgendo appieno così in sul compito "istituzionale" nel nostro paese.
Il pericolo reale, allo stato dei fatti, è che questo accordo possa aver efficacia nello "spazio di un mattino" per cui fra qualche tempo ci troveremo, imprese, lavoratori, sindacati e quindi tutta l'Italia, ancora più poveri !!
Note:
(1) Con la denominazione di Statuto dei lavoratori ci si riferisce alla legge n. 300 del 20 maggio 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento", che è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro;
(2)Con la locuzione "Cacciata di Lama" si fa riferimento all'episodio della contestazione del segretario della CGIL Luciano Lama durante il comizio sindacale del 17 febbraio 1977, tenutosi presso l'Università La Sapienza di Roma, da parte degli studenti dell'Autonomia Operaia. Generalmente si identifica con questo evento la nascita del movimento del '77, anche se il movimento era già attivo dal mese precedente.
(3)La marcia dei quarantamila, anche detta marcia dei quarantamila quadri FIAT, è una manifestazione svoltasi a Torino il 14 ottobre 1980[1].Migliaia di impiegati e quadri della FIAT scesero in piazza per protestare contro le violente forme di picchettaggio che impedivano loro di entrare in fabbrica a lavorare, da ormai 35 giorni. La manifestazione, secondo l'analisi di molti storici, segnò un punto di svolta nelle relazioni sindacali: il sindacato a breve capitolò e chiuse con un accordo favorevole alla Fiat la vertenza, iniziando una progressiva perdita di potere ed influenza che si protrasse per tutti gli anni ottanta non solo in Fiat ma nel paese. lo storico Nicola Tranfaglia ha scritto, «gli storici oggi non hanno dubbi sul significato di quelle vicende in cui colgono gli errori, da una parte, della grande impresa e, dall'altra, anche del movimento sindacale come dello stesso PCI. In ogni caso è difficile, per non dire impossibile, accettare le tesi di Romiti che insiste a sostenere che la Fiat non poteva agire diversamente e che, se non avesse proceduto al massiccio licenziamento, sarebbe andata di filato al fallimento. Oggi si vede con maggiore chiarezza che la Fiat, per salvarsi, dovette ricorrere alle banche che a poco a poco hanno attuato il ridimensionamento e poi una completa trasformazione che ha dato luogo alla Fiat di oggi e a una radicale trasformazione della città che è diventata una capitale del terziario, del pubblico e, almeno in parte, del turismo»[2].
giovedì, dicembre 30, 2010
LA LEGGE 300 VA IN SOFFITTA !
alle 10:52 AM
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