E' da almeno 15 anni che la coalizione di centrodestra innalza sulla sua bandiera il vessillo della riforma fiscale, ma tra alti e bassi in tutto questo periodo la pressione fiscale ha "ballato" tra il 41 e il 43% per gli implici vincoli, dei quali tutti noi dobbiamo essere consci, costituiti dal peso del debito pubblico e dalla necessità di attuare alla fine del secolo scorso politiche necessarie per riaggranciare il "serpente monetario" (dal quale eravamo uscuti drammaticamente nel settembre 1992) ed entrare sin dalla prima ora nell'Euro.
Ad li là dello slogan del "pagare meno per pagare tutti" il progetto del centro destra è obbiettivamente rivoluzionario poichè introduce il principio della sostanziale non progressività delle imposte visto che si intenderebbe intrudurre soltanto due aliquote, accompagnate dalle detrazioni fiscali che implicano la riduzione della base imponibile (anzichè le deduzioni fiscali che implicano la riduzione dell'imposta lorda calcolata).
La motivazione a sostegno della non progressività delle imposte sta nella tesi per cui le aliquote troppo elevate costituirebbero un deterrente a produrre più ricchezza; come dire, non mi conviene lavorare e produrre di più perchè poi l'erario si tiene il 43% del tutto !
Bah, la tesi è suggestiva e può essere pure convincente, ma abbiamo avuto nel nostro passato aliquote ben più alte, ma non per questo gli italiani si sono auto limitati a produrre minor ricchezza: caso mai si sono inventati mille sistemi per evadere aliquote marginali ben più alte e il "vizietto" è continuato imperterrito anche quando queste sono scese in modo consistente (buon vademecum per ulteriori riduzioni).
Quanto al debito delle Stato la situazione è rimasta sostanzialmente immutata, pur con gli sforzi fatti per ridurre il rapporto debito/Pil, anche attingendo dalle fonti ottenute con le dismissioni dell partecipzioni statali ed oggi, per effetto della crisi finanziaria del 2008, trasformatasi in crisi economica nel 2009 che rischia di trasformarsi in crisi del lavoro nel 2010, lo stock del debito sta velocemente ritornando, anche per valori assoluti crescenti, al 120% del pil.
In questa situazione siamo in buona compagnia, ma gli stati che hanno aliquote sui redditi più basse delle nostre , stanno pensando bene di riaumentarle sino al 50% per tener botta alla crisi incombente (pensando in primis a Usa E Regno Unito).
Quanto all'evasione fiscale il fenomeno continua imperterrito tanto che l'emanazione di ben tre "scudi fiscali" ha prodotto entrate fiscali straordinarie, ma non lo hanno per nulla attenuato.
E' vero che la ricerca di evasori fiscali produce risultati interessanti, ma non è assolutamente vero che una minor e significativa pressione fiscale possa disincentivare il ricorso all'evasione per il semplice fatto che chi evade parzialmente o totalmente non ha ancora alcun interesse a pagar quel meno che in precedenza nemmeno pagava.
Intendo dire che se gli evasori oggi evadono 100 di imposte e con la nuova struttura di aliquote andrebbero a pagare soltanto 50, correranno ancora il rischio di essere intercettati dalla lotta all'evasione, continuando a non pagare nemmeno il 50 dovuto con il nuovo sistema impositivo.
E' evidentemente un problema culturale che non riguarda soltanto gli italiani, visto che anche negli Usa, con un sistema di aliquote compreso, l'amministrazione Obama ha scovato parecchi evasori americani rifugiatisi nei paradisi fiscali e in Svizzera.
Quanto alla riforma fiscale, peraltro già impostata dal precedente governo Berlusconi con la creazione della no tax area (ma senza vantaggi veramente tangibili per gli interessati) e l'intrudizione delle detrazioni fiscali (rimodificate in deduzioni dal breve governo Prodi) il progetto si sostanzierebbe nella creazione di due fasce di reddito colpite la prima dal 23% (sino a 100 mila euro di imponibile) e la senconda dal 33% reintroducendo un sistema di detrazioni degli imponibili sul quale occorre individuare capitoli idonei che riequilibrino e rimodulino l'equità fiscale abbandonata con l'eliminiazione del sistema delle aliquote progressive a scaglioni di reddito.
Quando si parla poi di riforma fiscale non dobbiamo mai dimenticare di come la ricchezza sia distribuita realmente tra i lavoratori e pensionati italiani: tra quelli dipendenti, che son la maggioranza, i redditi imponibili sono veramente contenuti e "ammassati" nei
primi due scaglioni di reddito con un aliquota media nominale del tutto simile a quella prevista nell'ipotesi di riforma; quel che è peggio inoltre è che le prospettiva di crescita dei redditi sono veramente modeste se non aumentano le prospettive di crescita e ripartizione della ricchezza complessiva prodotta.
Certamente un capitolo può essere quello del "quoziente familiare" dove a parità di reddito l'imponibile scende all'aumentare del numero dei componenti familiari, ma occorre aver ben presente che i redditi sono sempre e comunque ricchezze personali e pertanto non cumulabili (già ci provò nel 1983 il governo di quel tempo, ma fu "condannato" dalla Corte Costituzionale) per cui occorre analizzare per bene tutte le possibili opzioni che si potrebbero presentate in concreto al fine di evitare vantaggi o svantaggi (per esempio tra i monoreddito con prole rispetto ai bireddito con la stessa prole e non dimenticando i sempre più numerosi lavoratori single).
Un capitolo a parte riguarda la distinzione tra i redditi da lavoro dipendente e quelli da lavoro autonomo (pensando anche alle società di persone)di qualsiasi genere poichè già ora, al di la della veridicità delle dichiarazioni fiscali, esiste di fatto una maggior quantità di deduzioni e detrazioni a favore dei secondi rispetto ai primi che godono di deduzioni fiscali (pur con l'esistenza della no tax area) veramente misere.
Quanto all'abbandono della progressività fiscale mi sembra comunque una "rivoluzione" azzardata perchè è certo che si attenuerebbe il principio di equità fiscale (chi più ha più paga) tra coloro che rientrano nella prima fascia (circa il 96%) e coloro che rientrano nella seconda e soprattuto per la eliminazione del sistema a scaglioni che avvanggerebbe in modo significativo i redditi medio alti ed altissimi con uno sconto di aliquota veramente consistente.
Infatti con il sistema a scaglioni attuale che va dal 23 al 43%, i redditi medi e medio bassi sono colpiti da una aliquota media intorno al 30%, mentre per i reddito medio alti, alti o altissimi l'aliquota media si avvicina sempre più all'aliquota massima del 43% per cui lo sconto in questo caso sarebbe consistente, anche in termini assoluti.
Tra l'altro questo progetto non sembra, anche nel recente passato, aver trovato consensi unanimi nella coalizione di maggioranza attuale: quanto il precedente governo Berlusconi ideò la diminuzione dell'aliquota massima al 39%, An si oppose con forza, sostenendo il principio della progressività delle aliquote che, diversamente, avrebbe avvantaggiato i più ricchi.
Quanto al costo della riforma si preannuncia che questo potrà sfiorare, a pil attuale, i 20 miliardi di euro l'anno.
Premesso che a tutti può interessare di pagare meno imposte, occorre ben capire dove sia possibile reperire tutte queste risorse, anche se questo colossale vantaggio fiscale potrebbe fornire mezzi per maggiori consumi e quindi maggiori introiti di imposte dirette come l'iva di circa 2 miliardi che ridurrebbero la spesa complessiva a 18 miliardi di euro l'anno.
Non pare infatti plausibile che le risorse possano provenire da una diminuzione dei costi dello stato visto che anche in questo momento di crisi, entrate e investimenti duraturi sono sostanzialmente invariati per cui l'aumento del debito dello stato è imputabile alla sola spesa corrente.
Una strada che è trasparsa da alcune considerazioni di esponenti di maggioranza parlamentare (Ministro dell'economia in primis) potrebbe essere quella di aumentare le imposte dirette come l'Iva o tutta la panacea del sistema delle tasse di vario genere, ma in questo caso emerge chiaramente che questa "rivoluzione" sarebbe in realtà una operazione classica: dare con la mano destra per togliere con quella sinistra.
La riforma fiscale alternativa invece potrebbe poggiare su altri e più equi principi, sempre che le fonti per sostenere questo costo, siano effettive e non mascherate, visto che di spazi di risparmio della spesa pubblica ce ne sono parecchi, senza dover ridurre i livelli occupazionali della Pubblica Amministrazione; certo, diminuirebbero certi tipi di consumi, ma se ne avvantaggerebbero altri con invarianza di risultato.
Caso mai sarebbe operazione ben più trasparente aumentare la tassazione (e unificazione) di tutte le rendite finanziarie che godono oggi di una aliquota scontata quasi del 50% rispetto all'aliquota minima attuale Irpef !
Reintrodurre innanzitutto il rispetto del fiscal drug ridisegnando l'attuale sistema degli scaglioni di reddito e partendo per prima cosa dalla diminuzione della aliquota più bassa (il 23% per i redditi bassi e da pensione è troppo gravoso) anche creando una "vera" no tax area;
in questo ambito ci potrebbe stare sia una diminuzione del numero degli scaglioni sia una "limatura" della aliquota più alta, che in questo senso non apparirebbe più tanto oscena.
Revisione dei valori che riguardano le deduzioni fiscali con particolare attenzione ai nuclei famigliari numerosi o con problematiche particolari (di salute ed anzianità), tenendo presente anche che chi sta in fasce di reddito "tranquille", ma per l'età raggiunta non ha più familiari a carico, non scivoli piano piano in classi di reddito ( per assenza quindi di casi di deduzione o detrazione ) tartassate da una curva di aliquote progressivamente penalizzante.
Qualora si volesse insistere sul sistema delle detrazioni d'imponibile (perchè non si vuol ridurre l'aliquota minima con il sistema a scaglioni)ecco che andrebbe allargata la tipologia prendendo in considerazione , oltre al quoziente familiare, anche tanti maggiori costi per la produzione del reddito e similari come i costi per i lavoratori (e studenti) fuori sede, non dimenticanto tutta la pletora di tasse che paghiamo ogni anno, ma che non sono oggi deducibili (penso alle varie tasse di possesso, tasse locali ripetitive, tasse su contratti d'affitto, ecc).
Concludendo emerge chiaramente la mia perplessità non tanto sull'idea di riformare (termine tanto di moda in questi mesi come non mai) il sistema fiscale, quanto sul modo con farla e soprattutto dove reperire le risorse per attuarla.
Non dimentichiamoci mai che il popolo italiano è diviso in due parti, sempre e comunque: c'è chi difronte all'Erario trova il modo di diferdersi veramente (sia lecitamente che illecitamente) e chi invece è solo ed inerme!
lunedì, gennaio 11, 2010
RIFORMA FISCALE
alle 11:30 AM
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1 commento:
"Gli ultra ricchi, le famiglie padrone degli stati, non evadono le tasse, le riscuotono.
Stato e fisco sono roba loro, non nostra. Lo stato non siamo noi, lo stato è contro di noi.
Non capisco la follia di coloro che, pur rendendosi conto che lo stato è un privatissimo strumento di depredazione in mano a famiglie di scadenti potentati, vogliono conferire a questo stato-strumento più poteri, più funzioni, più tasse, più soldi, così favorendo ancor più le famiglie padrone e nemiche, contro gli interessi della propria famiglia. E' come darsi la zappa sui piedi" ( Filippo Matteucci )
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