Senza voler essere irriguardoso sull’intelligenza del corpo elettorale italiano, penso sia utile metterlo in guardia da tutte le enunciazioni che cominciano ad apparire – tramite i media – in questo primo scorcio di campagna elettorale.
Per la verità siamo ancora nella fase di preriscaldamento in quanto non sono ancora completamente definite le aggregazioni e le alleanze, imposte da una legge elettorale che impone premi e sbarramenti assai insidiosi che potrebbero portare a dispersioni di voti consistenti; sono operazioni assai complesse perché poggiano su iniziative specifiche (come quella di Ferrara) o su difficoltà di aggregazione sia politiche che di rappresentanza (la semplificazione in atto imporrebbe forti rinunce identitarie ed anche di poltrone).
In sostanza quel che non avrebbe fatto l’eventuale accoglimento delle proposte referendarie, ha fatto l’exploit del Pd di Veltroni ed il risultato, si spera, porti ad una reale semplificazione del quadro politico italiano.
Ma quello che più conta sono gli obbiettivi dei vari schieramenti che cominciano ad emergere, sui quali occorre fare molta attenzione anche se penso che una consistente parte dell’elettorato sia già schierato per storica affezione a questo o quel partito, o a questo o quel candidato.
La fetta di elettorato maggiormente determinante per il risultato finale è quindi costituita da quella che deve ancora scegliere schieramento e partito/i, che deve essere convinta, anch’essa, da proposte e progetti credibili e chiari, poiché in caso contrario, il risultato sarebbe una ulteriore diffidenza e scontento nel ceto politico e soprattutto una disgregazione sociale sempre più accentuata, che non consente ad una comunità di progredire economicamente e culturalmente ( non uso il termine popolo, abusato ripetutamente e ad arte soprattutto dagli esponenti di centrodestra !).
L’attenzione va quindi sulle proposte che devono avere senso compiuto perché come espresse in questi giorni sono solo slogan, buoni come specchietti per le allodole; questo vale per tutti gli schieramenti perchè qualche avvisaglia si è vista anche nelle manifestazioni del centrosinistra (a Spello, Veltroni ha parlato di meno tasse e maggiori retribuzioni, ma non ha indicato come questo obbiettivo può essere conseguito).
Oppure riemerge il tema del “tesoretto” sul quale qualcuno vorrebbe forzare la mano, ma che obiettivamente non è opportuno affrontare, sia perché non se ne conosce l’eventuale reale consistenza (e quindi l’effettivo impatto sulla finanza pubblica),sia perché apparirebbe anche ai beneficiati una mossa elettorale comunque irrealizzabile perché abbiamo un governo che può agire solo per l’ordinaria amministrazione (il centrodestra non darà mai per ovvi motivi il suo assenso).
Più credibile invece sarebbe dire che se le condizioni si avverassero la legge finanziaria consente, qualsiasi sia il governo futuro, l’attuazione di questa redistribuzione di risorse e che il merito sarebbe comunque del governo uscente !
Cercare appeal è certamente importante, ma credibilità e obbiettività innanzi tutto.
Nel centrodestra appare sempre più evidente che gli slogan si sprecano in quanto,quando si vuol cercare di dare una parvenza di spiegazione logica e plausibile, ecco che iniziano degli slalom che sollevano un po’ di polvere, ma che poi dimostrano impietosi la loro inconsistenza.
A ben vedere si dice tutto ed il contrario di tutto come quando si parla del recupero di evasione fiscale: da un lato si dice che questa “ha messo le mani in tasca degli italiani” aumentando la pressione fiscale, ma subito dopo si dice che il recupero di evasione in realtà è poca cosa; ma lo slalom non è finito perché si aggiunge che la lotta all’evasione ha spaventato gli italiani e soprattutto ha sottratto risorse per i consumi.
La prima parte è una evidente contraddizione, ma la seconda è di una gravità inaudita (oltre a non sapere di quanto denaro si sta parlando) perché rispolvera il vecchio concetto che le tasse vanno pagate se eque (quando equo è un concetto del tutto soggettivo non essendoci un criterio di misura unico e insindacabile)!
Inoltre si presume che le maggiori risorse derivanti dall’evasione fiscale sarebbero appannaggio dei ceti più ricchi e quindi più protetti dal carovita), non potendo ovviamente includere i lavoratori in nero che subiscono rapporti di lavoro per principio scorretti ed incivili.
Altro tema è l’ abolizione dell’Ici sulla prima casa che riguarda il 70% delle famiglie italiane: è una “operazioncina” da 10 miliardi di euro, ma non si dice assolutamente come e dove verranno reperite le risorse visto che tra l’altro è una tassa comunale !
La proposta diventa fumo perché tutto può essere: aumentare l’Ici sulle altre abitazioni, allargare la base imponibile sino ad ora esclusa oppure imporre ai comuni tagli alla spesa o il reperimento di risorse in altro modo; sarebbe comunque alla fine, se non chiarita, molto probabilmente una redistribuzione della tassazione sui contribuenti con un risultato complessivamente nullo, poiché aumentare (è la più logica) la quantità di soggetti tassabili creerebbe immediatamente una sollevazione popolare.
Anche la diminuzione della pressione fiscale è un bel cavallo di battaglia che trova tutti concordi, ci mancherebbe, ma se non si delineano almeno per capitoli in che modo e con che risorse questa può essere perseguita ecco che il fumo si alza ancora.
E’ fuor di dubbio che non si può toccare la spesa pubblica (visto lo stock di debito che ci portiamo sulle spalle da anni) per cui non resta che economizzare su di essa riqualificando il debito attraverso vari strumenti come una miglior organizzazione del lavoro utilizzando lo sviluppo informatico, la semplificazione delle procedure, aumentando efficacia e produttività ed agendo sulla occupazione.
Naturalmente a toccare quest’ ultimo tasto nessuno si azzarda perché solo a pensare al blocco del tour over, ecco che si rischia di perdere il vantaggio acquisito con la sola enunciazione di principio.
E’ chiaro che sono due tesi antitetiche perché la prima mette il lavoro al centro dell’azione che consenta maggior ricchezza a lavoratori ed imprese e quindi nel complesso a tutta l’economia; mentre il centrodestra intenderebbe lasciare “le briglie al vento” affinché sia il mercato ad autoregolamentarsi e si limita ad intervenire solo sui singoli che rischiano l’espulsione, loro malgrado.
Su questo tema, quando si vuol dare una parvenza di logica e di strategia, se ne sentono delle belle quando, a difesa della concorrenza dei paesi emergenti, si invoca una coesione europea, magari protezionistica (ma allora che mercato globale è ?), spostando in la il problema perché è fuor di dubbio che l’unione europea poggia proprio sulle sue diversità economiche e politiche, con situazioni di bilancio parecchio difformi, per cui invocare interventi esterni ed univoci, sembra quasi voler abdicare alle proprie responsabilità, che possono pure creare qualche amarezza al proprio elettorato.
Ma ritornando all’enunciazione in premessa è evidente che non può essere usata solo la leva – per quanto possibile – di rimodulazione delle aliquote fiscali perché si ritornerebbe al problema di bilancio dello stato e allo stock del debito per cui una strada – se fiscalmente legittima – potrebbe essere quella di non tassare gli incrementi delle retribuzioni che non riducono così il gettito esistente (non vi sarebbe comunque contestualità tra le varie categorie).
Questo però non può bastare perché per troppi anni (e non negli ultimi due) le retribuzioni reali dei dipendenti sono rimaste al palo a differenza delle altre che sono invece cresciute in termini reali (ciò è confermato dal fatto che i prezzi al consumo sono aumentati in una economia che non cresceva);a giustificazione di tutto questo ricordo le uscite del precedente governo del tutto sconclusionate relative ad ipotetiche penalizzazioni derivanti da uno supposto sfavorevole rapporto di cambio lira-Euro, per cui è bene evitare di attribuire patenti di incompetenza o incapacità al prossimo.
Vanno attivate iniziative idonee all’innalzamento delle retribuzioni minime nei settori produttivi e nelle aziende che non possono realisticamente negoziare contratti aziendali (eliminando le retribuzioni ad personam in nero) e sviluppare nelle altre contratti di secondo livello che possano permettere le peculiarità di queste aziende.
Sul fronte delle tariffe occorre anche qui onestà intellettuale altrimenti si solleva solo fumo e non si trovano soluzioni efficaci, ma solo magari consensi che si possono tramutare ben presto in dissensi o addirittura in contestazioni piuttosto ruvide.
La realtà è che, a parte le tariffe legate all’andamento dei prezzi del petrolio, l’incremento delle tariffe è il risultato di azioni svolte dagli enti locali, che non volendo ridurre le spese generali, hanno scaricato sulle società di servizio le necessità finanziarie; questo meccanismo è stato inventato già nel precedente governo introducendo il limite del 2% all’incremento della spesa e solo quello uscente ha introdotto il principio della riduzione dei capitoli di spesa.
Anche la liberalizzazione subito delle municipalizzate deve essere accompagnato da uno stretto controllo delle tariffe applicate (non essendo semplice favorire la nascita e crescita di competitori che le calmierino) altrimenti ci ritroveremo in situazioni come quella della Società Autostrade spa dove, comunque ogni anno, il suo aumento l’ottiene o come quelle molto abusate in cui molti concorrenti si accordano su prezzi e tariffe, mandando a quel paese la libera concorrenza.
Sull’aumento della tassazione delle rendite finanziarie il fumo si spreca: riemerge una vecchia diatriba del 1986 quando fu introdotta la tassazione progressiva (prima 6,25% e poi 12,50%) dei titoli di stato che rischiò di provocare un terremoto, ma che terremoto poi non fu; l’unificazione sotto una aliquota unica oltre che di equità è motivo di coerenza con il costo di altri fattori economici come il lavoro ed il capitale e, soprattutto, di semplificazione evitando così il “gioco” della finanza speculativa su trattamenti fiscali differenti (ricordo la non tassazione dei titoli esteri che portò nel 1992 all’esodo dei capitali e ad una crisi economica e finanziaria che fece uscire l’Italia dallo Sme).
Terrorizzare (o cercare di terrorizzare) l’opinione pubblica per mero scopo elettorale sostenendo che si ridurranno i rendimenti dei Bot sottoscritti dalle povere vecchiette è estremamente grave, soprattutto detto da soggetti che magari sono stati pure Ministri dell’Economia in questa repubblica perché innanzitutto i titoli di stato colpiti dalla nuova ritenuta alla fonte saranno solo quelli di prossima emissione; inoltre questa manovra non verrà necessariamente digerita dagli investitori in quanto la maggior o minor sottoscrizione di questi titoli avviene a tassi netti (per l’erario è una partita di giro quindi); infine si nasconde il fatto che la ritenuta alla fonte scatterà da subito sui depositi a risparmio, in conto corrente e postali che hanno una aliquota più alta della nuova ipotizzata.
Concludendo, anche se di esempi ne potranno emergere chissà quanti, di fronte a questi primi fumi, sarà bene “star su con le orecchie”.
1 commento:
Visto che sui giornali online è difficile sapere cosa sia successo stanotte fra Hillary Clinton e Barack Obama, sfrutto i siti degli amici del network per comunicare che guà dalle 5 di stamattina sul Tafanus potete trovare il resoconto del dibattito svoltosi sulla CNN. Chi fosse interessato, trova il tutto al link:
http://iltafano.typepad.com/il_tafano/2008/02/lo-scontro-tv-f.html
Posta un commento