La recente acquisizione dagli spagnoli di Banca Antonveneta, ha permesso a quest banca antica di ampliare i suoi orizzonti ed incrementare il suo peso specificio nello scenario della finanza italiana.
Subito il mercato sembra non aver apprezzato l'operazione soprattutto per il prezzo e quindi il capitale impegnato, ma in effetti non ha forse attentamente esaminato le importanti sinergie che si prospettano attualizzabili nei prossimi anni.
La rete sportelli acquisita non ha infatti assolutamente alcuna sovrapposizione sulla rete esistente del Gruppo Monte e questi, inoltre, sono collocati in tutta la fascia del nord Italia, da est ad ovest, costituita dalle regioni più ricche e più effervescenti sul piano economico.
Certamente le vicissitudini di Antoveneta in questi anni, prima la Popolare di Lodi, poi l'ABAmbro e quindi il Santader hanno rallentato la crescia, anzi hanno consentito a Popolare di Vicenza e a Veneto Banca di sottrarle quote di mercato, ma il radicamento sul territorio c'è e le potenzialità, che derivano dalla stabilità del nuovo management (il piemontese Beppe Menzi passa dalla vice direzione generale del Monte a D.G. di Antonveneta) potranno velocemente essere nuovamente dispiegate.
Quel che invece emerge in parte della pubblica opinione sono invece fatti che sono più legati a risvolti squisitamente politici e di "campanile" che a fatti economici e finanziari oggettivamente determinanti.
Occorre dire che il Veneto (e meglio ancora il Triveneto) pur esprimendo una vivacità e crescita economica importante (il Pil prodotto è simile a quello della Lombardia) non ha mai saputo produrre una finanza (a parte Generali) in grado di competere con la finanza storica di Milano, Torino o Roma; le banche hanno sempre avuto una dimensione che se pur crescente, si è fermata ad un certo livello (anche ai tempi della Banca Cattolica del Veneto controllata dal Banco Ambrosiano o della CRVRVIBL confluita in Unicredit), quasi vi fosse un timore ad "allungare" il passo, o a superare l'interprovincialismo (resta forse il Banco di Verona e Novara sulla scena nazionale).
La convenienza di una allenza con la Toscana quindi dovrebbe esser ben accolta, dovrebbe esser vista con benevolenza la lieson tra due città antiche, sede fra l'altro di atei prestigiosi; invece ecco che emerge l'anima profondamente legata alla regione, cavalcata da chi sventola, come un cencio, il terrore dei "toscani rossi".
Mentre le altre banche regionali di prestigio prendono atto del fatto ed iniziano prove di dialogo, che potrebbero avere sviluppi importanti, determinanti e inaspettati non solo per la finanza, ma anche per l'ulteriore sviluppo economico della regione, ecco che invece emergono posizioni in effetti assai anacronistiche (dice il Governatore Galan: non è bello cadere in mano ai rossi toscani, ma sempre meglio dei calvinisti olandesi o dei capitalisti spagnoli dell ? Opus Dei !), che travisano la realtà.
Il Monte, ci piaccia o no, è di proprietà della comunità senese e questo spiega lo stretto legame tra banca e città, a prescindere dalle forze politiche che la governano; infatti su tre cose i senesi non saranno mai divisi, anzi uniti come un sol uomo: il Monte, il Palio e le Contrade ed al riguardo non riuscì, durante il ventennio, nemmeno il fascismo a sciogliere questo legame.
Far quindi ora leva sul monocolore politico delle amminstrazioni che dal dopoguerra amministrano Comune e Provincia è un mero esercizio dialettico per nascondere in buona sotanza il semplice disapppuno del ceto sociale ed economico del Veneto per non essere riuscito a compiere quel cambio di passo che i Toscani sono riusciti benissimo a fare da molti anni (gli uomini e donne del Monte non sono tutti toscani, ma esistono forti "etnie" di tutte le regioni).
Certamente le invasioni di campo del ceto politico e istituzionale nella conduzione della banca ci sono state e talvolta non molto piacevoli, ma questo semmai spiega perchè una banca di tale lignaggio non sia ad un livello ancor più grande di quello che ora rappresenta.
Nella sua recente storia diverse sono state le operazioni poco utili alla sua crescita che ha dovuto sopportare; ai tempi in cui il sistema bancario prevededeva procedure estremamente ferraginose per amplicare la rete sportelli era casomai il potere dei partiti di maggioranza nazionale che invadevano il campo per cui gli sviluppi della banca erano orientati verso aree geografiche meno ricche (quante piccole banche del sud Italia acquistate perchè in procinto di fallire) a scapito di aree più ricche (il Monte aprì il primo sportello a Verona nel 1963 e ci vollero 20 anni per aprire il secondo a Mestre).
La musica, pur con operazioni di acquisizione scelte autonomamente, ma oltremodo onerose (Banca del Salento), è continuata sino a pochi anni or sono (l'aquisizione di Bnl era praticamente cosa fatta - molto prima che scendesse in campo Unipol - ma i veti, politici, non economici e sociali , la impedirono) ed ora, finalmente, la capacità di far banca (comunque dimostrata in passato) si può dispiegare ed affrontare solo e soltanto le opportunità e le avversità che il mercato pone.
venerdì, novembre 30, 2007
Monte Paschi in rimonta
alle 3:53 PM
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