Stiamo assistendo - tra l'indifferenza pressochè totale della gente - ad una delle più sporche operazioni di defenestrazione (annunciata ma non ancora consumata) di uno dei più importanti manager di cui si può vantare l'Italia: il Marchionne del Credito Alessandro Profumo.
Le motivazioni sono le più paradossali che possano esistere perchè altri manager e soci di vaglia lo accuserebbero di non aver impedito l'entrata nella compagine sociale di Unicredit del fondo sovrano della Libia condotta dal presidente Gheddafi.
Il paradosso sta proprio qui perchè in una public company come Unicredit è contro natura che il management controlli l'entrata e l'uscita dei soci, comedire che il delegato deve controllare il delegante.
Inoltre in una società con un così ampio flottante quotato in Borsa l'unico sistema per attuare questa operazione sarebbe quello di attingere alle risorse interne per acquistare azioni proprie, operazione che non può competere ad un Amministratore Delegato e che comunque sottrarrebbe risorse delegate istituzionalmente alla gestione del credito e quindi quale contributo alla economia e alla crescita, in questo caso, di ben 20 stati europei.
C'è da aggiungere poi una grande contraddizione che continua a caratterizzare molte public company o società italiane quotate in borsa, dove apparentemente le società sono della pletora dei soci indistinta, ma nella realtà è governata con noccioli o nocciolini di uno sparuto gruppo di soci che tenterebbero di controllarle come fosse cosa loro personale.
I patti di sindacato, in una economia globalizzata, sono una istituzione assurda perchè sono i fatti e gli atti del management che rafforzano la società e non viceversa.
Nel caso di Unicredit poi la contraddizione balza ancora più agli occhi, poichè i principali soci sono costituiti dal fondazioni bancarie, che secondo legge (Amato prima e Tremonti poi) dovrebbero progressivamente allontanarsi dalla governance della banca, mentre in realtà si contraddice ai principi tanto sbandierati, considerando la banca un terreno di pascolo per le maggioranze politiche che controllano le fondazioni stesse.
Insomma c'è stata la stagione per me giusta della privatizzazione del sistema bancario sia degli enti di diritto pubblico che delle banche di interesse nazionale, ed ora, surrettiziamente, senza darlo tanto a vedere, si vorrebbe tornare indietro, inventando fandonie.
Profumo quindi è assalito da un lato da vecchi manager che esercitano il loro potere non in base alle loro capacità di innovare e migliorare un settore vitale dell'economia come quello bancario, ma riproponento vecchi modelli di banchieri che dovrebbero essere morti e sepolti perchè legati ad una funzione del sistema bancario del tutto funzionale al sistema politico vigente.
Mi riferisco ai Geronzi o ai Palenzona: il primo estremamente abile a mandare al rogo grandi manager come è stato per Matteo Arpe o il secondo che avvinghiato come un' edera all'establishment politico del Pdl e della Lega ed in funzione di questo galleggia ormai da parecchi anni.
Dall'altro è assalito dalla Lega in particolare che sta applicando una " normalizzazione" a tappeto in tutti i gangli vitali del paese (del nord per il momento perchè al resto ci starebbe pensando il Pdl) partendo dagli incarichi degli addetti agli uffici comunali e per finire nel controllo, ognuno per la sua parte, di strutture finanziarie che vanno certo controllate - ma per questo c'è la Bankitalia e la Bce - ma non utilizzate come fossero bancomat al servizio ed al sostegno del consenso politico locale.
Ne è un esempio La fondazione Cariverona, con un presidente inquisito per bancarotta preferenziale, utilizzata dalla maggioranza leghista guidata da Tosi come sponda a tutte le operazioni immibiliari della città, operanzioni che poi non trovano sviluppo e costrutto, dimostrando che sono strumento in realtà per ottenere e mantenere consenso, alla stessa stregua di come vengono controllate le risorse delle municipalizzate che fanno capo sempre al Comune di Verona (mi risulta che l'andazzo sia del tutto simile anche nelle altre regioni e città del nord in particolare).
Altra contraddizione poi legata alle accuse ufficiali formulate a carico di Alessandro Profumo è la presenza della Libia nella compagine sociale: la stessa Libia grande amica dell' Italia il cui presidente è grande amico del nostro Premier Berlusconi e del suo ministri degli Esteri Frattini, lo stesso presidente accolto recentemente come un re in Italia, lo stesso presidente le cui motovedette sparano sui nostri pescherecci (ma tanto sono pescatori siciliani), situazione critica gestita in modo ad dir poco impacciato dal nostro Governo in carica.
Le cause dell'attacco ad Alessandro Profumo sono in realtà (ma nessuno - o pochi - lo dicono) una semplice resta dei conti: Profumo è certamente un uomo scomodo per il suo decisionismo (vorrei ben vedere che non lo fosse visto che è in sella da 13 anni e mezzo) che può aver anche commesso errori, ma in realtà non ci dobbiamo dimenticare che a suo tempo si dichiarò insieme altri manager illuminati ben contento della nascita del Pd ed oggi chi non porta la casacca verde o celeste va, secondo una politica altamente liberale, eliminato e reso inoffensivo.
Se questo è un sempio ulteriore della vicinanza della politica alle varie comunità e della applicazione concreta dei più moderni principi liberali, stiamo freschi!!
martedì, settembre 21, 2010
UN NUOVO SCANDALO PROFUMO ?
alle 11:51 AM
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