Mi preme evidenziare come a distanza di 65 anni, progressivamente, la commemorazione del 25 Aprile 1945 presenta sempre più caratteristiche di litigiosità legate in particolar modo ad una interpretazione unitilitaristica di quell'evento che tende a stravolgere i fatti che sono inconfutabili e immodificabili.
La realtà storica è che quella data segna la fine della Seconda Guerra Mondiale per effetto congiunto dell'esercito badogliano, delle truppe alleate e della resistenza che decollò dopo l' 8 settembre 1943 e alimentata da formazioni di tutti i tipi: comunisti, socialisti, repubblicali, liberali cattolici, azionisti, ecc.
Le componenti maggiori furono quella socialcomunista e quella cattolica (Mattei) per cui dire oggi che fu solo la componente dei militari alleati a risolvere la questione è una parziale verità, come è una fandonia colossale quella di dire che la componente resistenziale socialcomunista mirava ad instaurare un regime sovietico in Italia.
Infatti la divisione in blocchi era già stata decisa nel febbraio 1944 a Yalta ed i fatti successivi dimostrano che l'intervento socialcomunista fu determinante - insieme alle altre componenti - per la rinascita del paese, per il referendum contro la monarchia e per la fase costituente repubblicana che ancora oggi regola la nostra convivenza.
Certo, come dopo ogni conflitto, vi sono stati parecchi fatti oscuri per i quali molte formazioni non devono certo andare fiere, ma la storia dimostra che pur con situazioni di duro scontro politico, il paese si è evoluto comunque in formula democratica.
Il 25 aprile è quindi la festa della liberazione ed è chiaro chi ha vinto e chi ha perso, per cui appare veramente singolare che più il tempo passa e più si cerca di interpretare la storia, nemmeno per la ricerca di verità storiche, ma più semplicemente per interessi politici attuali del tutto evidenti.
Effetto non secondario è quello che rimettendo o cercando di rimettere tutto in discussione anzichè favorire il ricordo e la pacificazione si rischia di produrre reazioni scomposte da condannare senza condizioni; è già successo negli anni scorsi ed è successo anche ieri.
Forse tutti dovremmo farci un esame di coscienza domandandoci come mai altri popoli come quello tedesco, pur con le gravi responsabilità storiche che incombono su di lui, ormai da molti anni ha trovato la sua pacificazione, senza cercare di reinterpretare i fatti storici e rimettere in discussione il suo passato.
In questo contesto lo schieramento di maggioranza attuale attraverso alcuni suoi esponenti cerca di cavalcare questa festa sparando assurdità interpretative come quelle dette dal neo governatore Zaia.
Oppure con il discorso televisivo del Premier trasmesso ieri su tutte le reti.
Occorre premettere che il Premier ha affermato più volte che non sarebbe sua funzione presenziare a commemorazioni di questo tipo - 25 Aprile, Primo Maggio, 2 Giugno, ecc - perchè sono eventi per il Capo dello Stato, ma questo atteggiamento è mutato repentinamente già l'anno scorso, ad Onna, dove invece presenziò, con tanto di fazzoletto al collo.
E' vero che commemorare un evento come il 25 Aprile significa anche recuperare valori ed ideali per la prosecuzione dell'azione politica, ma in questo caso è smaccatamente evidente che la commemorazione non è funzionale a questi concetti bensì all'interesse specifico di parte che l'utilizzo di questa data può portare.
L'anno scorso ad Onna vi era l'interesse, udilizzando una allocation in uno dei paesi colpiti dal terremoto, di magnificare, di amplificare l'operato del Governo e soprattutto del Premier per la semplice ricerca di sostegno e consenso politico tanto che nelle recenti elezioni la Presidente della Provincia Pezzopane - che tanto si è prodigata in aiuti per quanto possibili a quelli popolazioni - è stata liquidata senza tante discussioni dagli abruzzesi residenti fuori dal cratere.
Questa volta invece l'intervento televisivo di commemorazione del Premier - preceduto dalla partecipazione insieme al Capo dello Stato alla Scala di Milano - cade proprio a fagiolo,
dopo il grave momento di crisi patito dal Pdl giovedì scorso per mano del Presidente Fini.
La commemorazione è una ghiotta occasione per cercare di recuperare la credibilità e soprattutto l'immagine incrinata l'altro giorno presentandosi con un atteggiamento da "capo dello stato" per ricordare i valori che quella data rappresentano e preannunciando - fosse la prima volta - fantasmagoriche riforme istitutuzionali e costituzionali e sollecitando ed auspicandosi la più ampia convergenza parlamentare e politica per la loro attuazione.
Per carità, tutti possono cambiare atteggiamento, pensieri, parole ed opere, ma questo intervento appare del tutto strumentale per rassicurare in primo luogo la sua immagine presso l'elettorato di riferimento; in secondo luogo per tranquillizzare i propri alleati scalpitanti e i suoi contestatori interni ed in terzo luogo per cercare un embrassons nous con i partiti di opposizione.
Per l'immagine è evidente che i recenti fatti l'hanno un po sfregiata riferendomi anche ai risultati elettorali dove vi è stato un ridimensionamento dei voti ed un aumento degli astenuti; l'immagine che tanto gli ha dato ragione è il fulcro della sua politica che ha prodotto una solida alleanza, ma non una altrettanto solida politica.
Nei temi politici esposti da sviluppare in prospettiva ha cercato di rassicurare la Lega inserendo tra le priorità il federalismo fiscale e recuperando anche in parte le contestazioni puntuali fattegli da Fini.
La riforma della Giustizia passerebbe invece per un tema ordinario del quale la maggioranza se ne assumerebbe la responsabilità, dimenticando che il progetto che l'attuale maggioranza ha in mente non sono bazzeccole, visto che con la separazione delle carriere e la riforma del Csm vi è l'obbiettivo di trasferire il controllo da formule di autogoverno a quello dell'esecutivo che in soldoni significa, controllo da parte della maggioranza vigente!
Quanto infine alla dichirazione che è necessaria la più ampia convergenza includendo le opposizioni questa appare strumentale dopo che ha affermato nel recentissimo passato che le proposte di riforme costituzionali sono onere della maggioranza nel presentarle, ma se su queste non vi fossero convergenze ampie, sarebbe tutta colpa della minoranza e queste andrebbero fatte comunque!
Il Premier insomma si è presentato tutto a puntino con il vestino nuovo per rilanciare - con toni pacificatori e pieni di disponibilità - la sua politica per la quale non è ancora del tutto chiaro se serva veramente agli italiani o sia del tutto funzionale alle sue ambizioni personali.
Certo l'ambizione è la leva per agire, per proporre, per coinvolgere, ma il risultato - deve essere chiaro - deve essere utile al paese e non utile al raggiungimento di un obiettivo personale.
Il Premier parla di federalismo fiscale, tema assai sdrucciolevole se non sono ben chiari alla collettività i metodi ed i costi; parla di riforma fiscale, tema altrettanto sdrucciolevole, quando dai primi rumors che emergono dalla ricerca di Tremonti non si prevedono vantaggi fiscali consistent i ed evidenti (il progetto di raggruppare sotto una unica imposta "patrimoniale" tutte le imposte,tasse e tariffe inerenti il patrimonio immobiliare dei contribuenti potrebbe essere il modo per razionalizzare un introito, ma antidemocratico, non rispettando le diversità di possesso e di utilizzo, come antidemocratico sarebbe diminuire la pressione delle imposte dirette a favore delle indirette).
Il Premier non nasconde più la sua ambizione di e avere maggior potere o incidendo sulle prerogative del Premiera o di sostituire a scadenza il Presidente Napolitano e in questo contesto mira a costruire una proposta di riforma costituzionale che rafforzi i poteri del Capo dello Stato (con queste funzione e prerogative si sentirebbe sminuito).
Ed ecco quindi che da "premier scapigliato" si trasforma in premier (ma per quanto tempo ?) moderato poichè con le credenziali di attaccabrighe che ha manifestato in questi anni sarebbe un pochino difficile pensare alla sua nomina alla più alta carica dello Stato.
Insomma ancora una volta ha trovato il modo per tenere la scena, ma non è detto che riesca ad attuare le promesse per troppi anni fatti al suo elettorato, alla sua parte di popolo, infisciandose
delle esigenze e delle aspettative di libertà ed equità della parte di popolo che non l'ha votato.
Ribadisco che le opposizioni hanno l'obbligo di andare a vedere anche con contro poroposte adeguate, ma allo stesso tempo debbono stare attente ad un abbraccio soffocante, progettando sia da subito una alternativa politica da diffondere nell'elettorato, alternativa che non può certo basasi sulla ricerca di un leader simile, ma opposto, perchè gli italiani non lo capirebbero assolutamente.
Lo show continua; vedremo cosa ci riserverà di concreto il prossimo fututo. fatti o chiacchiere ?
lunedì, aprile 26, 2010
26 APRILE 2010: LO SHOW CONTINUA
alle 11:17 AM
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento