Questo 4 novembre gli americani hanno dato un indirizzo inequivocabile al loro futuro scegliendo nuovamente, dopo 8 anni, un candidato democratico, candidato che non appartiene però all’apparato politico, essendo un semplice senatore; precedentemente Clinton era già il governatore in carica dell’Arkansas e sua moglie Hillary, competitrice alle primarie apparteneva, lei stessa ,all’apparato politico democratico.
Il voto quindi rappresenta una indicazione di assoluta novità voluta dall’elettorato scegliendo quindi un candidato giovane e innovativo secondo quanto dichiarato in campagna elettorale.
Lo spostamento verso il partito Democratico era già nell’aria con l’enorme afflusso alle primarie dove i candidati rappresentavano comunque una discontinuità con il passato: la competizione era tra una politica donna ed un politico meticcio-afro, che costituivano una assoluta novità.
La scelta non è stata facile, ma probabilmente la più azzeccata visto che Obama è un autsider a tutti gli effetti, mentre Hillary Clinton poteva costituire, pur con la forza politica pesante all’interno del partito, un remake, avendo fatto la first Lady per otto anni.
Anche Mccain è stato un concorrente che poteva segnare la discontinuità, non appartenendo ad alcun apparato del partito Democratico, ma solo ad una famiglia di alti servitori dello Stato, ma con il forte handicap costituito dalla amministrazione Bush la cui politica economica e internazionale, via via, è stata sempre meno apprezzata dagli americani e dagli altri stati del mondo.
L’America non ha voluto correre il rischio che si potessero reiterare i danni provocati da Bush al quale una larga parte dell’ America rinfaccia di aver utilizzato per scopi politici, di parte ed elettorali il dramma dell’ 11 settembre 2001.
Oggi, Barack Obama, con la schiacciante vittoria ha un grande ed impegnativo compito: quello di dare fiducia e nuovi obiettivi e traguardi all’ America e di proporsi al mondo con nuove politiche per lo sviluppo dell’economia, della difesa dell’ambiente e della sicurezza nel mondo.
Oggi il sogno di M.L. King si è avverato ed oggi abbiamo un uomo al comando (dal 20 gennaio 2009) che sembra per grinta, determinazione e chiarezza di obiettivi assomigliare molto a J.F. Kennedy.
Non possiamo che essere felici di questo storico cambiamento ben sapendo comunque che alla sua guida l’America continuerà, su nuove basi, ad essere la nazione guida per la terra e quindi non dobbiamo assolutamente immaginare che i risultati che potrà conseguire questa nuova Amministrazione, siano automaticamente favorevoli al mondo intero.
La politica economica certamente cambierà, ma l’obbiettivo sarà senz’altro quello rigenerarsi ed ampliarsi e questo imporrà comunque agli altri paesi, Europa in primis, di misurarsi su nuovi valori; basti pensare al rapporto euro-dollaro: è ragionevole pensare che il futuro riservi rapporti di cambio più apprezzabili del dollaro e questo significherà per l’area euro avere più vantaggi per l’export, ma nel contempo svantaggi per l’import (soprattutto relativo all’energia se permangono livelli di prezzi così alti).
Barack Obama ha promesso grandi investimenti strutturali in America e questo significherà maggior competizione ed efficienza per cui anche gli altri paesi non potranno far finta di nulla e dovranno sapere ricercare linee di sviluppo altrettanto competitive e efficienti.
La politica internazionale e la sicurezza ad essa connessa potrà significare lo sviluppo del multi lateralismo, ma questo comporterà maggiori assunzioni di responsabilità politica e negoziale degli altri paesi ricercando formule e novità più efficaci e più efficienti relativi a strumenti esistenti; penso alla Nato, alle Nazioni Unite, alla Fao e al Fmi, ai vari G 7,8, ecc. dove le politiche e le organizzazioni dovranno essere per forza ridisegnate e modernizzate.
Penso al ruolo nuovo che occorrerà approntare per sciogliere la storica crisi medio orientale, ai nuovi rapporti con i, ormai non più, paesi emergenti (Cina, India, Brasile, Russia, Southafrica, Estremo Oriente) e non ultima all’Africa che presenta continue e massacranti crisi negli e fra gli
Stati che stentano a trovare pace ed una loro chiara collocazione politica, economica e sociale.
Oggi non possiamo quindi gioire (forse anche troppo) e pensare nello stesso tempo che questo cambiamento storico possa procurarci solo vantaggi; dobbiamo sapere sin d’ora che nasce anche per noi una nuova sfida perché l’America cambierà senz’altro, ma non starà certamente li ad aspettarci.
5 commenti:
quoto quanto scrivi e mi permetto di aggiungere alle tue ultime righe, che Obama avrà di certo del filo da torcere da quei poteri forti che temono derive troppo sistroidi-social-democratiche...
Avrà del filo da torcere:le borse non volano oggi come invece volarono al tempo dell'elezione di giorgdabliù...
Comunque è una grande vittoria soprattutto in proiezione, secondo me: un precedente, un'opera prima, un impulso che avrà una lunga ondata di ripercussioni positive,nel tempo anche se dovessero fare di tutto per far fallire il programma di Barak, o, peggio, fargli del male.
Per ora possiamo solo rallegrarci e aspettare.
pasionaria
@Pasionaria
grazie per la visita e le considerazioni ed aggiungo:
"E' comunque fantastico quello che sta avvenendo: ho vissuto da ragazzo le tragedie che hanno investito l'America a partire dal 1963 con JFK e poi nel 1968 con RK, MLK e MX e nel 1973 con il Vietnam e più vicino l' 11 settembre 2001 con le twin towres ed oggi l'America dimostra ancora una volta di saper cambiare.
Certo per anni non mi è mai piaciuto il gioco delle parti tra i "blocchi", ma questo è dipeso dalla loro forza, ma anche dalla nostra incapacità di emergere.
Nel 2004 l 'America ha avuto il coraggio di confermare, se pur di poco, GWB, ma oggi ha dimostrato la capacità di non aver paura di buttare tutto all'aria e scommettere su un uomo nuovo e carismatico e cominciare a riscrivere una pagina bianca.
Questa grande novità imporrà a tutti noi di misurarsi con le novità che Barack Obama saprà imporre all'America e a tutto il mondo.""
Lucio
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