Si è manifestato in questi giorni l'interesse da parte di compagnie telefoniche americane ad acquisire il 66% del controllo della società che detiene il 18% di Telecom e Tim Italia e stanno sorgendo forti perplessità da parte del Governo in carica in quanto questa operazione porterebbe il controllo della principale compagnia telefonica mobile e fissa fuori dei nostri confini, ma soprattutto questo interesserebbe anche i principali assets, fra cui la rete telefonica.
La preoccupazione è, penso, proprio fondata in quanto, se questa operazione andasse in porto,
sarebbe come vendere una società autostradale ed insieme a questa anche la proprietà anche della rete stradale.
Certamente a suo tempo la privatizzazione di Telecom avvenne in modo assai affrettato per la necessità di ridurre velocemente il debito dello stato e poter quindi rientrare nei parametri necessari per l'entrata nell'euro; il collocamento avvenne in una unica soluzione (a differenza di altre società come Eni ed Enel che avvennero in più tranches) e si venne a creare soltanto "un nocciolino" di comando della società privatizzata.
La disponibilità della rete da parte degli altri operatori telefonici emergenti venne sancita dalla regola "dell'ultimo" miglio, per cui la fruizione degli impianti fu garantita alle società concorrenti presenti e future.
Successivamente avvenne il doppio passaggio del controllo della compagnia prima con l'acquisizione da parte di Olivetti cappeggiata da Colaninno e poi con l'acquisizione da parte di Olimpia cappeggiata da Tronchetti Provera e Benetton.
Il modo in cui questi passaggi di controllo avvennero sono, a mio modo di vedere, la causa che hanno portato nelle secche la compagnia e la conseguente scelta di passare la mano.
Infatti contrariamente alle migliaia di investitori italiani che misero mano al portafoglio, i pacchetti di controllo si appoggiarono quasi esclusivamente su provvista a debito (credito bancario ) contando sul fatto che la redditività della Telecom avrebbe consentito rapidamente la remissione del debito.
Nei vari passaggi però il pacchetto di controllo crebbe in maniera consistente ed altrettando consistente aumentò la provvista a debito che fu poi trasferita in Telecom con una serie di fusioni/incorporazioni.
Questa fu il primo passo che portò alla repressione dei valori di borsa della società, calo che è gravato indistintamente sia sul 18% di controllo che sul restante flottante in mano agli investitori che aveva acquistato con denari propri.
La realtà attuale è che nonostante la liquidazione di assets (più o meno) non strategici il debito in Telecom è pari al fatturato (si parla di oltre 30 miliardi di euro) e la redditività della azienda
non può essere destinata, tutta, alla remissione del debito, ma deve remunerare pure gli azionisti compresi (soprattutto) quelli che controllano il 18% che hanno la necessità, quantomeno, di coprire le perdite derivanti dal diminuito valore di carico del pacchetto di controllo stesso (per effetto del calo sensibile del corso del titoli in borsa).
Il peccato originale sta proprio qui: l'operazione di acquisizione di Telecom è stata attuata esclusivamente con mezzi di terzi , il debito conseguente è stato fatto gravare sulla società stessa, si sono così ridotte le capacità dell'azienda di finanziare ulteriori investimenti ed ora si prospetta , qualora il passaggio di quote Olimpia andasse in porto, una continuità nella fragilità della struttura patrimoniale della società; non penso infatti che sia interesse della nuova, eventuale, proprietà immettere ancora mezzi propri per riequilibrare la fragilità strutturale.
Un particolare interesse potrebbe essere costituito dalla possibilità di Telecom di entrare massicciamente nel settore della trasmissione televisiva, ma, accanto alle indubbie possibilità tecniche, l'incertezza normativa esistente in Italia permane ormai da tempo ed i veti incrociati sul progetto di Legge Gentiloni, non sembrano certo aprire a nuovi players che potrebbero operare nella tv via cavo Tantomeno se ne interesso la precedente Legge Gasparri).
La dimostrazione di ciò può essere anche ricondotta allo "scandalo" Rovati dell'estate scorsa; ha poca importanza sapere se il Governo sapesse o meno, stà il fatto che il progetto Rovati non era poi così peregrino: da un lato la Cassa Depositi e Prestiti acquisiva la rete telefonica (cavi, ripetirori, centrali, ecc) e dall' altra Telecom avrebbe avuto buone risorse sia per ridurre il debito sia per nuovi investimenti nella telefonia mobile e fissa ed anche nel settore televisivo.
Questo da un lato avrebbe diminuito il potere dell'attuale gruppo di controllo e dall'altro si sarebbe creato un vero e proprio terremoto politico poichè con la contenuta maggioranza di questo Governo, l'opposizione sarebbe insorta strappandosi le vesti.
Bah, tutti buoni a predicare concorrenza e competizione, ma quando queste ci toccano da vicino ecco che i distinguo si sprecano.
Stremo a vedere
lunedì, aprile 02, 2007
Telecom Italia
alle 2:49 PM
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1 commento:
Interesting to know.
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