lunedì, aprile 11, 2011

EMMA MARCEGAGLIA PIANGE IL MORTO ?

Nell'intervento di ieri, la Presidente di Confindustria, ha manifestato il profondo malumore che avvolge l'imprenditoria italiana, che si sente sola, abbandonata, in una situazione di immobilismo, sollevando pure grandi perplessità sul nascituro fondo "anti-scalate" che il Ministro Tremonti sta confezionando.
Aggiunge poi che il Paese è troppo diviso e che l'emergenza riguarda il lavoro.
Affermazioni, nel loro complesso, del tutto condivisibili, ma ben lungi da pretendere un "mea culpa" da parte del mondo imprenditoriale, faccio notare che quando si assumono posizioni collaterali o sguardi troppo benevoli verso il potere politico, qualsiasi potere politico, poi non ci si deve lamentare se questo, inaridisce il ruolo imprenditoriale, quasi fosse un parassita.
L'impresa, come nel passato glorioso in cui si scontrava pure con il lavoro, è sempre andata per la sua strada tanto che è cresciuta sia la grande impresa storica che quella nuova e diffusa, nata dal boom economico; di questa ne sono una bella espressione proprio aziende come la Marcegaglia, come la Della Valle che sono cresciute con le proprie gambe sviluppando peraltro core business classici.
Certo c'è sempre stata una sovrapposizione tra imprenditori e posizioni politica, ma queste erano comunque spalmate e l' autonomia imprenditoriale era molto spesso assicurata; caso mai il potere politico ne sollecitava lo sviluppo, mentre il voto di scambio era ancora abbastanza raro.
La fine della Prima Repubblica ha poi rotto le collusioni strette che si erano create, ma con la Seconda Repubblica la solfa non è cambiata nella sostanza.
Abbiamo visto le posizioni appiattite di D'Amato con il governo Berlusconi, anzi di supporto per ribaltare le maggioranze parlamentari; abbiamo visto i tentativi faticosi di Luca Cordero di Montezemolo per affrancare il mondo imprenditoriale dalla sudditanza di un centrodestra il cui leader è intervenuto come un avanguardista alla Assemblea di Confindustria a Vicenza; ed ora assistiamo all'azione poco decisa della gestione Marcegaglia che forse perchè troppo garbata non riesce ad andare fino in fondo, mettendo i propri associati difronte alle loro responsabilità, registrando l'insipienza politica dell'attuale maggioranza e del suo leader.
Questo non significa che sia meglio in centrosinistra, ma significa che la forza di Confindustria deve essere la sua equidistanza e la sua coerenza.
Nelle coalizioni di centrosinistra al governo, sia nazionale che locale, giustamente Confindustria non ha fatto sconti a nessuno perchè sapeva che aveva difronte interlocutori che rispettano il capitale perchè vogliono che venga rispettato il lavoro.
Infatti se per l'inpresa, il cliente è il vero datore di lavoro, le maestranze sono il primo alleato dell'impresa, ancora prima della finanza e della banca.
Lo dimostra il fatto che nei governi di centro sinistra le imprese non hanno sofferto per la loro politica visto che hanno visto riconoscere la sistemazione di anomalie come il cuneo fiscale e le prime timide liberalizzazioni per favorire la concorrenza; peraltro non sono rimaste con le toppe al sedere tutte quelle imprese che sono nate e prosperate nelle regioni storicamente di sinistra.
L'deologia quindi è il primo danno, che supera le obiettive difficoltà interne ed esterne; l'ideologia è il freno principale per riacquistare ampia autonomia e rapporti chiari e continuativi con il ceto politico, qualsiasi esso sia.
Invece si piange ora il morto per l'immobilismo che continua ormai da almeno un decennio, nel quale ha contribuito anche il centro sinistra, per un paio d'anni, a causa della polverizzazione delle alleanze; ma ancor di più pesa il tradimento del centrodestra che ha promesso, ma mai mantenuto, la modernizzazione e la liberalizzazione, tutto occupato a puntellare in ogni modo una leadership forte ma inconcludente.
Si piange il morto parlando del lavoro che manca soprattutto alle nuove generazioni, ma non si
conclude accettando l'errore commesso di aver fatto impresa con il freno a mano tirato, non puntando in modo generalizzato su qualità e sui processi produttivi che avrebbero consentito retribuzioni accettabili ed utili per costruire il nostro futuro.
Come sport nazionale invece, quello di dar la colpa sempre al prossimo, si è tirato in ballo la concorrenza sleale,la pressione fiscale, l'evasione fiscale per cui ci troviamo di fronte ad una pletora di lavoratori sottopagati che non possono svolgere appieno il loro ruolo di clienti e consumatori (che come già detto sono i primi datori di lavoro delle imprese).
La situazione finanziaria la conosciamo (forse), come conosciamo molto bene quella economica per cui occorre coraggio e mettere il potere politico alle strette dimenticando una buona volta il molteplici collateralismi che esistono da troppo tempo questo.
Per fortuna cominciano ad emergere forti perplessità sulle iniziative velleitarie come il fondo anti scalate inventato dal Ministro Tremonti (sarà come la Banca per il Sud ?) nel quale coinvolge non solo la Cassa Depositi e Prestiti (il cui scopo e finanziare peraltro le infrastrutture pubbliche), ma anche Fondi Sovrani Cinesi (Sic): come dire che per difendere l'italianità delle imprese mi faccio aiutare da capitali stranieri !
Parmalat è stata messa nei guai da un imprenditore "ladrone" come Tanzi (al pari di Cragnotti per la Cirio), ma il core business è talmente valido che è risorta; oggi, al pari di Alitalia si vuol mantenere l'italianità, ma di imprenditori disposti a metter mano al portafoglio se ne vedono pochi e solo dopo che la minaccia francese è giunta all'orizzonte.
Ora l'imprenditoria italiana, se ci crede, può dimostrare le sue capacità ad assumersi il rischio d'impresa mettendo mano al portafoglio: diversamente, dispiace dirlo, è meglio che diventi straniera, piuttosto che risorga l'aiuto di stato che tanti danni ha creato negli ultimi anni (sarebbe perpetrare una cattiva educazione dell'impresa italiana, che ha dimostrato invece in passato tanta autonomia e coraggio).
Oggi siamo tutti invischiati in procedure politiche inutili all'Italia proprio perchè si occupano di temi assolutamente inutili alle necessità di impresa, lavoro e capitale.
Non voglio infatti credere che il collateralismo sia dettato da interessi egoistici ed utilitaristici: come dire se il Premier si occupa di temi come il processo breve, la prescrizione breve, la riforma della Giustizia e quella della Costituzione (come ieri del legittimo impedimento, il falso in bilancio e tanti altri) tanto utili a Lui, forse, non si sa mai, potrebbero essere utili anche a tanti altri fra di noi!
Un forte invito quindi alla Presidente Marcegaglia: sciolga con decisione gli ormeggi (e li faccia sciogliere soprattutto a tanti suoi associati) tagliando quel cordone ombelicale con la attuale politica di maggioranza che sta strozzanto tanta parte dell'impresa italiana.

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