sabato, aprile 25, 2009

ITALIA " NORMALIZZATA"

Bisogna riconoscere che la "normalizzazione" dell' Italia sta procedendo a passo spedito non solo per effetto dell'azione del Premier Berlusconi, ma anche per quella di tanti amministratori locali (sindaci, governatori regionali, presidenti di Provincia, ecc), che hanno ottenuto consenso sulla base di promesse precise e sulla base di queste si possono permettere di fare il bello e cattivo tempo.
Governatori come Galan, Formigoni, Lombardo o sindaci come Tosi a Verona o Alemanno a Roma, governano da tempo - più o meno ampio - e se il destino non li porterà ad altri incarichi, rimarranno a governare chissa per quanto altro tempo.
Tuto questo comunque non per il fatto che quel che hanno promesso viene e verrà mantenuto, ma perchè ormai è generalizzato il senso comune che solo questi signori sono in grado di offrire affidabilità all'opinione pubblica e all'elettorato il quale sa perfettamente come spira il vento e conseguentemente si metterà in scia cercando di evitare tutti i danni possibili.
Gli amministratori dell'altra "sponda" invece debbono sempre fare i conti con se stessi, con l'elettorato e l'opinione pubblica anche nelle regioni o località a rappresentanza storica, dove iniziative innovative portano a discutere ed anche ad indebolirli: basti pensare alle iniziative di Dominici e Firenze sulla tranvia, o altre specifiche di Cacciari a Venezia o quelle di Soru in Sardegna (pagate a caro prezzo).
Sconti infatti non ce ne sono per nessuno in questi casi o simili, mentre quando si tratta di altre località tutto scivola via come olio: basti pensare alla Sicilia dove il governatore ha dovuto dimettersi per sentenze giudiziarie, ma nulla è cambiato visto che vi è stato un semplice cambio di cavallo e non vi è la certezza che le cose per questa regione - federlismo fiscale o meno - possano migliorare una buona volta radicalmente.
Sul piano nazionale va dato atto che quanto prometteva Berlusconi quando scese in campo nel 1994 si è alla fine avverato; non tanto perchè sia riuscito ha modernizzare il paese, quanto perchè qualsiasi cosa dica o pensi non trova alcuna reazione che la condizioni sino al punto di modificarla o migliorarla.
L'Italia in questi 5 lustri non è migliorata, anzi, nonostante il forte impegno di lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi,artigiani e piccoli, mei e grandi imprenditori, la struttura del paese, il nuomo modello macro socio-economico non è assolutamente cambiato e sta peggiorando sempre di più.
La china che si sta seguendo è veramente preoccupante per effetto del gap economico crescente, del calo demografico autoctono, per il calo della coesione sociale, per l'aumento della fascia dei redditi sempre più vicini alla soglia di sussistenza.
Si dice oggi che la grande crisi economica non permetterebbe quello che occorrerebbe fare, ma anche a metà della legislatura 2001-2006, la macchina produttiva italiana si fermò, ma di soluzioni stutturali non se n'è vista neanche l'ombra: figurarsi oggi dove sorgono pure i problemi derivanti dal recente terremoto in Abruzzo.
Eppure, nonostante la politica annunciata del fare non produca effetti oggettivamente riscontrabili, il livello della considerazione rimane elevato, magari per rassegnazione, ma non si ricercano assolutamente significative e valide alternative.
Il perimetro in cui tutto questo avviene è stato appunto da tempo ben definito e in questo si muove senza scossoni sia l'apparato messo in piedi dal Premier sia una parte significativa dell'opinione pubblica, convinta decisamente delle promesse delle quali si accontenta ampiamente.
La normalizzazione sta in questo appunto: determinare come la macchina della maggioranza si deve muove, promettere oggi una cosa e domani il contrario, ma l'importante per questa maggioranza e per l'oponione pubblica che la sostiene è che quanto si dice sia convincente.
Che poi tutto questo si avveri è tutto un altro paio di maniche, o peggio ancora che quanto promesso si avveri, ma gli effetti non siano assolutamente di alcuna utilità.
La logica direbbe che alla annunciazione faccia seguito l'azione e a questa il risultato (positivo ovviamente).
Non c'è tema che questa maggioranza e il suo leader non sappia cavalcare e questo, al popolo dei normalizzati basta e avanza, perchè per le proprie necessità si provvederà con la solita arte di arrangiarsi: il problema è di chi non sa o non può arrangiarsi, ma questo è un altro problema...
Certamente il primo passo è sempre quello di lanciare l'idea e poi di concretizzarla, ma l'utilità e la convenienza quando la verificheremo ?
Sul terremoto per esempio abbiamo vissuto nel 1997 quello dell'Umbria e va riconosciuta l'efficacia sia nei soccorsi che nella ricostruzione gestita da maggioranze di governo diverse, come si gestirono allo stesso modo quelle del Friuli, ma oggi sembra che tutto questo non sia mai avvenuto e ci si appresti a vedere l'unica grande risoluzione del dramma, in tempi supersonici e per di più si agganci alla fase di ricostruzione un grande evento del G8 fra poco più di 2 mesi.
L'annuncio dello spostamento della sede del G8 dalla Maddalena sembrava una mossa assai azzardata, ma in realtà si sta dimostrando che tutto è possibile a questo mondo, anche spostare uomini e mezzi così ingenti e questo non farà che rafforzare l'appeal del Premier presso l'opinione pubblica, ma nel contempo sfuggirà completamente dall'analisi di questo cambiamento,l'utilità diretta ed indiretta di questa azione.
Il discorso del risparmio è certamente commendevole (ammesso che ci sia realmente), ma non vedo assolutamente che maggior vantaggio diretto ne potrebbe derivare entro il prossimo luglio per le popolazioni abruzzesi visto che per il dopo sarebbe già tutto organizzato e pianificato sin dai primi giorni.
Quel che di buono il prossimo G8 potrà produrre lo vedremo durante e dopo quell'evento, ma la sua collocazione geografica è e sarà del tutto ininfluente sui risultati.
Resta invece l'effetto della manovra di cambiamento e quella resterà nella percezione dell'opinione pubblica: decisione, azione ed esecuzione.
Non c'è che dire: la regia è ormai ben studiata con azioni e sensazioni sollecitate ed ottenute, mentre per chi - e non son pochi - tutto questo lascia perplessità non vi è modo per sollevare effettivamente obiezioni convincenti.
E' comunque una china estremamente pericolosa questa perchè o prima o poi questo periodo idilliaco finirà e ci accorgeremo tutti che questo grande mondo di consenso non avrà prodotto alcun effetto se non dannoso e le reali macerie - alla faccia della percezione passata - potranno risultare un grosso dramma.
A quel punto comunque le responsabilità saranno di tutti: dei millantatori, degli incantatori, dei normalizzati ed anche di chi sapeva e conosceva il pericolo e nulla o poco ha fatto per evitarlo.

mercoledì, aprile 22, 2009

25 APRILE: FESTA DELLA LIBERAZIONE...MA PERO'...

E' veramente singolare che in Italia ogni primavera, da qualche lustro a questa parte, emergano, su questa festa nazionale di tutti gli italiani, puntualmente una serie di distinguo stucchevoli che stanno rasentando il paradosso e la strumentalità per una politica contingente.
La singolarità sta nel fatto che molti altri stati europei hanno patito - come l' Italia - regimi totalitari di destra, come Portogallo, Spagna, Francia e soprattutto Germania, ma la pacificazione, l'unità nazionale, hanno portato a non mettere più in discussione nè i danni commessi dai regimi nè le azioni di resistenza poste in atto dalle popolazioni represse insieme alle truppe degli Alleati.
La rivoluzione dei "garofani rossi" in Portogallo ha liquidato nel 1973 la dittatura piantando un punto fermo dal quale nessuno pensa di poter tornare in dietro o di mettere in discussione.
Lo stesso vale per la Spagna, liberatasi dalla dittatura nel 1975, che ha riqualificato la casa regnante di Spagna e ben si guarda da aggiornare analisi e realtà storiche che quelle sono state e quelle rimangono.
Non parliamo della Germania, che è perfettamente consapevole dei suoi trascorsi tanto da aver espresso in modo inequivocabile la condanna ed il giudizio sul proprio operato dal quale nessuno si sogna di poter tornare indietro o pensa di poter riconsiderare sul piano storico e politico.
Nella nostra cara Italia invece,ogni anno, si ricomincia a rivisitare quel periodo storico alla ricerca di una ennesima analisi, quasi a significare che i conti con il nostro passato non sono mai stati chiusi.
In questi giorni rimergono puntuali i ma e i se, i distinguo tutti destinati a cercare di rimescolare le carte non già per la ricerca della reale verità storica, ma molto più prosaicamente, per trasporre nel contingente tematiche utili alla vita politica odierna.
E' vero che la lontananza dai fatti potrebbe permettere di analizzare la storia in modo sempre più asettico, ma è altrettanto vero che in questo lasso di tempo sempre più ampio si possono iserire incrostazioni che anzichè rendere nitida l'analisi, la rendono invece sempre più opaca.
La lettura della Liberazione ormai deve essere una ed una sola perchè se questa china prosegue - quella cioè di rivisitare, rivoluzionare, ricercare origini autentiche - c'è veramente il rischio di arrivare a sostenere addirittura che il 25 Aprile 1945 sia il significato di tutt'altra cosa.
Dopo l'8 Settembre 1943 - giorno dell' Armistizio con le truppe Alleate - è cominciato il lungo cammino dell'Italia per liberarsi della dittatura fascista e di una allenza tragica trasformatasi a sua volta in guerre diretta.
A questo cammino hanno contribuito, oltre che gli Alleati, tutte le forze democratiche sopite o represse per decenni dalla dittatura, senza distinzione di credo politico, di ceto, di religione ed è a queste forze che la festa del 25 Aprile intende tributare la propria riconoscenza.
Il fatto che la composizione delle forse della Resistenza sia stata assai articolata, proprio perchè azione di popolo non può assolutamente costuire elemento per sminuirla, caso mai per amplificare la sua importanza.
Il fatto di voler rimarcare che alcune componenti siano state più consistenti di altre - e per questo sostenere che la Festa sia di parte - è assolutamente offensivo nei confronti delle altre componenti alle quali non si può imputare la responsabilità di essere state più esigue o numericamente più numerose.
Non si può infine nemmeno attribuire al alcune componenti di avere avuto nei propri progetti politici obiettivi diversi, perchè, al pari, ciò significherebbe negare alle altre componenti di aver avuto altri obiettivi.
E' infine antistorico pensare e affermare che alcune componenti come quella comunista, facendo resistenza, pensassero di poter trasferire l'Italia nel blocco Sovietico, visto che nel febbraio 1945, a Yalta, gli stati vincitori avevano già individuato le rispettive zone di influenza politica, in maniera inequivocabile.
Inoltre, nemmeno in occasione dell'attentato a Togliatti, segretario del Pci, venne alla componente comunista la tentazione di forzare la mano, per cui oggi, sostenere che una componente della lotta di Resistenza, abbia meno titolo per festeggiare la Liberazione, appare una tesi francamente tirata per i capelli.
Caso mai - a diferenza di molti altri stati come indicato in premessa - si potrebbe affermare che una parte degli italiani o meglio alcune componenti politiche non si sono mai rassegnate alla sconfitta ed al giudizio della storia ed ogni anno rispolverano vecchie teorie per sminuire la festa che è comunque di tutti gli italiani.
Sbaglia fortemente quindi il Presidente del Consiglio Berlusconi a sostenere, come fatto in passato, che la festa è buona per le prime tre cariche dello Stato, dimenticandosi che lui è la quarta, come sbaglia oggi ad affermare che parteciperà al 25 Aprile, per evitare che sia una festa appannaggio di una parte degli italiani, dimenticando che comunisti non ce ne sono quasi più e qualificare come una parte una sinistra in termini generalisti, non significa alla fine proprio nulla.
Intendo dire che oggi nella sinistra - o meglio nel centrosinistra - ci sono ex/post comunisti, democristiani, liberali, radicali, socialisti, repubblicani, ecc., come ce ne sono altri che militano negli altri partiti dell'attuale opposizione ed anche nei partiti dell'attuale maggioranza.
Nel passato come oggi la festa è una festa democratica ed antifafascista (non dobbiamo dimenticare che ci siamo liberati dei nazifascisti) e non ci si può quindi permettere di aggettivare diversamente questa commemorazione per scopi politici personali, attribuendo ad altri "tare" inesitenti.
Sbaglia conseguentemente anche il Ministro La Russa nel far riemergere distinguo assurdi proprio perchè - se è divenuto antifascista - non può contraddirsi in modo così evidente, rimettendo in discussione un passato che è inequivocabilmente democratico e antifascista.

sabato, aprile 11, 2009

CHI I SPADA FERISCE, DI SPADA PERISCE ?

Ebbene, è dal 2006, che stiamo ballando intorno alla legge elettorale nazionale, oggetto di revisione da parte della coalizione del centrodestra con regole definite dall'estensore "porcellum".
Il risultato si è visto già nel 2006 dove, anche per effetto di scarse distanze fra i voti ottenuti dai due schieramenti, la coalizione vincente non ha avuto ampia maggioranza per governare.
Per dirla tutta la scarsa capacità di governo dell'allora coalizione di centrosinistra è dipesa soprattutto dalla litigiosità interna e dalla follia politica dei coalizzanti che pur sapendo di avere margini risicatissimi, hanno pensato bene di non mettere da parte le differenze - pur legittime - concentrandosi sulle cose essenziali ed importanti da fare.
Qualsiasi tema, grande o piccolo che fosse, è stato occasione buona per differenziarsi e a nulla è valza la santa pazienza e determinazione del leader Prodi.
Comuque sia, questo porcellum non è piaciuto a molti tanto che è iniziata la campagna referendaria (che ad onor del vero non voleva come non ha voluto ritornare alle regole precedenti) e la sua riuscita non ha convinto maggioranza ed opposizione ad affrontare la modifica della legge elettorale che recepisse le nuove istanze (proprio per evitare il referendum); anzi è intervenuta oltre che una opposizione litigiosa ed asfissiante su tutto e su tutti, la caduta prematura del governo Prodi spostando di un anno il questito referendario.
Non sappiamo quale potrà essere il responso delle urne, certo è che i proponenti credono ben poco al bipartitismo o al bipolarismo, credono invece che le coalizioni abbiano senso se vi sono effettivamente solide basi unificanti, non escludendo che un partito o una lista possa avere la maggioranza e governare con serenità anche se i voti riscossi rappresentano soltanto la maggioranza relativa.
Sentiamo in questi giorni infatti sbandierare dal leader del neonato Pdl che l'bbiettivo è raggiungere il 51% dei consensi, ma è soltano una questione di immagine perchè con questo risultato, con la legge attuale o con la legge modificata a seguito del buon esito del referendum imminente, a parità di voti la maggioranza parlamentare sempre quella sarebbe.
Le elezioni anticipate del 2008, sempre con la stessa legge elettorale porcellum, oltre che per effetto dei maggiori voti conseguiti dal centrodestra, ha prodotto una maggioranza netta anche a causa di un centro-sinistra scomposto, privo cioè di alleanze o coalizioni, dove addirittura sono scomparsi diversi partiti, mentre sul fronte opposto diversi piccoli partiti sono rimasti a galla proprio perchè rientranti nella grande coalizione di centrodestra.
Intendo perciò dire che non è assolutamente la legge elettorale che ha favorito o ha svantaggiato , in questa legislatura, uno schieramento piuttosto che l'altro, ma sono stati il tipo di alleanze e l'espressione di voto che ha prodotto questa maggioranza ampia e questa opposizione.
Ne consegue quindi che il cambiameno che il referendum propone non precostituirebbe nessun vantaggio per uno schieramento o per l'altro, ma consentirebbe invece, e questo è molto più democratico e molto più avulso dalle situazioni particolari che si potrebbero creare di volta in volta, sia coalizioni monolitiche contrapposte, sia alleanze più "leggere", ma egualmente in grado di governare e dare risposte adeguate al paese.
Come infatti la coalizione dell'Unione si è dimostrata fragile e poco duratura, in questa legislatura, la coalizione del Pdl/Lega, pur apparentemente solida, si sta dimostrando sempre più inconcludente.
Vi è una comunanza cioè di incapacità di mettere in concreto i progetti politici, prodotta da un lato dal minor peso politico dell'opposizione, e dall'altro da linee guida delle varie componenti del centrodestra che sono divergenti (nonstante le enunciazioni) e solo la capacità di coesione del leader riesce a mantenere coese.
Il risultato è ripeto l'immobilismo, nonstante si sbandieri a parole un ampio proramma per modernizzare il paese.
In questo contesto rientra proprio la modifica delle legge elettorale nazionale perchè o si scommette sul suo fallimento, oppure, forti del neonato Pdl, non si dovrebbe avere alcun timore ad allestire un sistema elettorale buono per tutte le stagioni (mancherebbe per la verità il voto di preferenza).
Invece è passato ormai quasi un un anno dalla nascita del nuovo governo e non si è avuto, per effetto dei veti incrociati all'interno della coalizione di centrodestra, tempo e voglia di affrontare il problema ed ora - alle porte co' sassi - si tentano mezzucci da basso impero per cercare di far fallire il referendum, destinandogli una data diversa dalla tornata elettorale europea e amministrativa, per poter meglio orientare l'elettorato non tanto nell'espressione di voto, quanto nel cercare di determinare il suo fallimento (un tutti al mare di craxiana memoria).
Il centrodestra di sta dimostrando troppo pieno di se, pensando di avere il mondo in tasca con la maggioranza parlamentare che si ritrova, ma deve fare sempre i conti con la realtà e pure con gli "imprevisti".
Infatti in una situazione di crisi economica e di crisi ambientale in cui ci troviamo, non penso assolutamente sia facile giustificare al proprio elettorato lo sperpero di mezzo miliardo di euro, per mettersi al riparo da sorprese future, indicando una data diversa da quelle utilizzate per le altre elezioni.
D'altro canto non pensano sia così scontato, nel caso di una data elettorale unica, che il referendum fallisca e questo qualche problema non da poco glielo può creare.
D'altro canto il centrodestra sa perfettamente, avendolo sperimentato sulla propria pelle, che quando di vanno a toccare meccanismi o regole generalizzate di governo come queste (o quelle costituzionali) il buon senso dell'elettorato rimette le cose a posto (come prima) perchè si rifiuta di decidere su temi dove gli eletti non sono stati in grado di trovare un valido accordo.
E' successo anche nel 2006 con le modifiche costituzionali votate a maggioranza dal centrodestra e stroncate dall'elettorano, nonostante avesse dato vantaggi modestissimi al centrosinistra.
Ma tornando al il questito referendario è infatti molto semplice e convincente: si tratta, a Camera e Senato, di dare il premio di maggioranza in seggi al partito con più voti, non più alla coalizione con più voti; poichè le leggi elettorali devono valere nel tempo (e non essere stiracchiate secondo la propria convenienza dl momento), questo significa che se ci sono i termini realmente politici e programmatici affinchè una coalizione regga e governi veramente, non cambia nulla rispetto al passato, ma se questo, anche in un futuro remoto, non posse più possibile, questa regola gantirebbe governabilità premiando il primo partito per voti ottenuti (non necessariamente di maggioranza assoluta).
Il Centrodestra non gradisce, la Lega soprattutto non gradisce perchè nel caso di divergenze politiche che non consentissero il ripetersi delle attuali coalizioni, conterebbe come il due di picche; penso invece in questo caso che dovrebbero contare i suoi contributi politici e programmatici, a prescindere dal suo peso più o meno determinante.
Sull'altro fronte vale ovviamente la stessa regola: se c'è capacità reale di aggregazione o di attrazione, tutto bene, altrimenti non resta che fare opposizione.
L'altra norma riguarda le preferenze o meglio la composizione delle liste: il referendum propone il divieto di presentare lo stesso candidato in più circoscrizioni; questo è chiaramente percepibile ed apprezzabile perchè il concorrente viene eletto nella circoscrizione che andrà a rappresentare (anche se il suo mandato rimarrà giustamente libero) e al suo elettorato dovrà, nel bene e nel male, rendere quindi conto.
Diversamente nel caso di partecipazione a più liste questa rappresentanza si annacqua, si sfilaccia, perde di valore l'aderenza al proprio elettorato, consente inoltre di aggirare le indicazioni espresse con le preferenze, dando luogo ai soliti giochetti visti in passato dove si facevano passare i concorrenti benvisti agli apparati di patito a scapito anche dei più votati.
Questa è. se accolta una regola eccellente che contribuisce a creare maggior legame tra eletti ed elettori combattendo quindi nei fatti quell'anti politica di cui parliamo tutti ad ogni piè sospinto.
Questa norma ovviamente è valida per il futuro prossimo e venturo, ma oggi piace poco al leader di maggioranza, che non può più fare l'acchiappa voti, scegliere uno per uno i suoi uomini, infischiandosene del proprio elettotato, convinto addirittura che in forza del suo appeal politico sceglierà sicuramente bene.
Occorre invece essere conseguenti perchè non si può affermare, come si è affermato, che occorreva scendere in politica, o che la politica è sporca percè è fatta da politicanti, ma poi quando si è in gioco si continuano ad usare le vecchie regole tanto abborrite.
Staremo quindi a vedere che cosa il Governo si deciderà a fare nell'interesse degli italiani e non nell'interesse del potere oggi vigente: peraltro, quando ha voluto ha dimostrato velicità supersoniche, quindi anche in queso caso sarà bene decida velocemente di concentrare in un unico giorno tutte le tornate elettorali, scartando l'ipotesi di indire il referendum alla giornata dei ballottaggi perchè sarebbe una vera buffonata, figlia della peggiore vecchia politica.
Sarebbe una azione farisaica visto che non è detto ci saranno ballottaggi e se ci saranno non saranno certamente generalizzati: gli italiani hanno comunque bisogno di rispetto !

sabato, aprile 04, 2009

G 8, G 20 E CONTESTAZIONE RIMONTANTE

In queste settimane si stanno verificando sempre più di frequente manifestazioni di contestazione, in Grecia, in Francia, in Gran Bretagna, in Lussemburgo ed oggi in Italia, che pur partendo da matrici non necessariamente identiche sono comunque sintomo che c’è qualche cosa di grave che non funziona.

Da almeno 10 anni, dal Wto di Davos in particolare, schiere non certo oceaniche, hanno espresso il loro timore sui danni che si preannunciavano con le iniziative che i Grandi si apprestavano a varare, ma è stato molto semplice demonizzarle poiché i timori espressi apparivano alquanto azzardati.

In realtà invece i timori si sono rivelati reali perché negli accordi commerciali del Wto sono mancati i controlli, ritenuti inutili ed ingiusti poiché si riteneva che il Mercato avrebbe trovato al suo interno un sistema di autoregolamentazione che lo avrebbe favorito, e alle stesso tempo garantito i consumatori, ma la cruda realtà ha dimostrato che quei timori erano ben fondati.

Il Mercato ha favorito solo una parte, minoritaria, dei cittadini e la concorrenza che avrebbe dovuto garantire eguali diritti e opportunità per tutti ha favorito invece “cartelli” a tutti livelli, territoriali, nazionali, internazionali, continentali, settoriali.

Queste sono state le premesse che hanno portato alla attuale crisi economica, che è strutturale, poiché l’inesistenza di controlli ha prodotto delle porcate enormi per consumatori, risparmiatori, lavoratori ed imprese; questa crisi investe sia la finanzia che l’economia tutta ( della quale appunto la finanza fa parte) e i successivi G 8 e più di recente i G 20 non hanno affrontato i pericoli incombenti sino a quando si è dimostrato evidente che la situazione aveva raggiunto livelli talmente critici e che non era più possibile continuare a non affrontare i problemi che la situazione presentava.

Nel recente G 20 di Londra sembrerebbe che si sia capito che strada imboccare e che sia maturata una convergenza sull’azione da attivare, spinti, credo, dalla necessità di dare risposte concrete a milioni di cittadini, che cominciano da settimane a protestare con assoluta vivacità.

In diversi stati la contestazione è già montata come in Grecia e poi in Francia e Gran Bretagna ed oggi in Italia, ma non è escluso che questa si possa allargare in altri stati e continenti, perché se è vero, come è vero, che in Francia Sarkozy è stato eletto, nel 2007, con il 62% dei consensi, questo non ha garantito che la sua azione fosse efficace ed oggi l’opinione pubblica francese chiede soluzioni convincenti e per questo protesta vivacemente.

Lo stesso Barak Obama, che ha vinto le presidenziali americane sull’onda di un programma di rinnovamento e che sta attuando una grande azione di “rottura” con il passato, gode per il momento di un rapporto idilliaco con l’opinione pubblica americana, ma se non dovessero alle parole non far seguito con i fatti concreti, sarà lui stesso oggetto di contestazioni.

Intendo dire che le iniziative dei vari G 8 e G 20 devono dare risposte alla gente, non bastando le enunciazioni, perché se ciò non avvenisse è certo che la contestazione è destinata ad aumentare anche laddove il consenso è oggi consistente (come in Italia, Spagna, Germania) o dove è “governato” (come in Cina, Urss).

Il timore che comunque non si sia capita per bene la lezione rimane; innanzitutto il Wto, che riassume il 97% degli stati della terra, si è svuotato del suo significato perchè mancano risultati tangibili e convincenti, risultati che l’opinione pubblica non percepisce.

Si insiste nell’iniziativa del G 8 che obbiettivamente rappresenta un club troppo ristretto poiché mancano all’appello potenze economiche e sociali che ormai non si possono più, giustamente, definire del terzo mondo e che comunque rappresentano miliardi di uomini, donne e bambini.

C’è la sensazione che si persista nel volerlo mantenere in vita per motivi di mero egoismo politico (in meno si conta di più), ma nei fatti non possa più essere in grado di dare risposte adeguate per combattere i danni che gli errori del passato hanno prodotto.

Il G 20 è forse la formula migliore per affrontare adeguatamente i problemi della terra, ma è fuor di dubbio che dovranno essere le soluzioni trovate a dimostrare la sua validità; diversamente saranno solo e soltanto, ancora una volta, chiacchiere.

La Contestazione infine è un fenomeno sociale importante e scomodo, ma il recente passato ha dimostrato che demonizzarla non serve proprio a nulla visto che, per di più, aveva centrato i danni che sarebbero emersi; va invece analizzata senza riserve mentali anche se comprendo bene che sentirsi sotto osservazione e sotto contestazione non è piacevole per nessuno, ma se a parole si sostiene di agire nell’interesse del bene comune, occorre poi dar seguito con fatti concreti che soddisfino quindi questa contestazione e la sopiscano.

Il meccanismo, questo meccanismo, è valido per tutte le istanze sia piccole che grandi e non significa per questo soggiacere ai voleri della piazza o rinunciare al proprio ruolo: significa avere alte sensibilità e capacità di analisi politiche.

Oggi a Roma c’è una manifestazione importante del mondo del lavoro patrocinata dalla Cgil e in questo contesto è impensabile non tener conto di queste voci, anche se sono per forza di cose parziali; è troppo comodo demonizzarle, è troppo comodo etichettarle, magari, con vecchi schemi morti e sepolti da decenni.

E’ invece una espressione importante di parte dell’opinione pubblica, sostenuta dall’impegno e dalla partecipazione di molti uomini e donne e come tale va perlomeno analizzata e tenuta in considerazione.

La politica è l’arte democratica del confronto e della mediazione; se invece vuol essere un mero strumento di potere, vediamo bene quanto la storia recente ci ha insegnato e quanti errori ha prodotto con risultati anche drammatici.