martedì, novembre 03, 2015

LA LUNGA MARCIA DAL BAILOUT AL BAILIN

Si sente parlare ormai da qualche settimana di novità nel mondo del risparmio bancario che potrebbero creare veramente delle reazioni da parte degli investitori incontrollabili.
Son rimato perplesso se dire al riguardo la mia idea o starmene zitto; ma visto che non ho poi un gran seguito ho deciso di analizzare questo fenomeno nascente, fosse anche soltanto abbaiare alla luna.
Il nostro sistema bancario, ancorché un po' vetusto, sino a pochi lustri or sono poggiava su principi incrollabili ovvero che il primo compito di qualsiasi banca, grande o piccina che fosse, era quello di raccogliere risparmio nelle sue varie forme (breve, medio e lungo termine)e da qui, nelle quantità indicate anno per anno dalla Banca d' Italia, impiegare parte di esso nelle modalità varie di credito concesso ad aziende e privati a breve, medio e lungo termine.
Per la banca quindi strumenti di raccolta primaria erano i ben noti, conti correnti, depositi a risparmio, certificati di deposito, cartelle fondiarie e da ultimo le obbligazioni ordinarie e le polizze di capitalizzazione.
Questo principio di curare in primis la raccolta primaria, non è mai decaduto sia quando il nostro sistema economico ha incrociato un ventennio di alta inflazione ed alti tassi di interesse, sia quando vi sono state situazioni di crollo di produzione e domanda interna.
Addirittura la Banca d'Italia ha attuato politiche anti inflazionistiche a tal punto che imponeva al Sistema bancario italiano di impiegare meno di quello che era il tasso di inflazione del periodo, per restringere quindi la massa monetaria e combattere appunto l'inflazione.
Dalla crisi petrolifera del 1973 per combattere l'inflazione a due cifre, che so del 20%, imponeva per quell'anno che gli impieghi aumentassero non più del 3% cercando così di "raffreddare" l'inflazione.
In questo quadro quando si presentava una situazione critica in una certa banca, ecco che scattava quello che oggi chiamiamo il "bail out"; ovvero un'azione di intervento diretta dalla Banca d'Italia da parte di una o più banche in buona salute che intervenendo salvavano sia i depositi che gli impieghi (al netto ovviamente di quelli che spesso avevano creato i dissesti).
Nella mia vita lavorativa ho visto salvare alcune banche da parte di banche più grandi e solide che avevano situazioni veramente indigeste, salvando i denari dei risparmiatori e dei prestatari inconsapevoli.
Certamente questo è stato un grosso sacrificio, ma obiettivamente veniva chiesto a rtagion veduta e si trasformava dopo pochi anni in una redditizia opportunità per il soccorritore.
Inutile dire quindi che il Sistema bancario poggiava quasi esclusivamente su banche commerciali e ben poco su quelle finanziarie e d'affari (ricordo soltanto Mediobanca e Imi ) dove certamente contava il patrimonio (capitale sociale, riserve ed utili indivisi), ma contava ben di più la struttura, ovvero il rapporto equilibrato tra le varie forme di raccolta e le varie forme di impiego con il principio incancellabile che questi ultimi fossero una parte dei primi e che questa percentuale fosse determinata anno per anno dalla Banca d'Italia (nei tempi di alta inflazione accanto al tasso ufficiale di sconto al 25,00%, le banche italiane potevano impiegare non più del 52, 55 o 60% !).
Tutto ciò stava a dimostrare che il nostro sistema, ma anche in buona parte quelli degli stati europei, era un sistema lento e per nulla dinamico per cui un cambiamento diveniva sempre più necessario visto che i mercati chiedevano sempre più aperture e agibilità e conseguentemente anche i capitali, merci e servizi in un Mercato sempre più globale, chiedevano di circolare con più libertà.
Certamente il Sistema bancario ha incominciato a modernizzarsi velocemente ed è incominciata l'era delle privatizzazioni che avrebbero aperto i capitali delle banche a nuovi soci e la competizione avrebbe chiesto maggiori azioni di sviluppo ed economicità, nonchè un allargamento progressivo ed inarrsetabile della offerta di prodotti e servizi.
Questo ha implicato l'apertura anche ai privati imprenditori oltre che piccoli risparmiatori, ma ha sollevato il quesito su che tipo di sistema bancario occorreva sostituire a quello esistente che separava nettamente gli affari finanziari da quelli commerciali.
E qui si commise il primo grande errore; quello di scegliere (siamo già nei primi anni '90) su proposta tedesca, il sistema misto per cui le banche si sarebbero trasformate in banche "tuttologhe" con il grande rischio di perdere sia il background della banca commerciale che non imparare adeguatamente quello delle banca d'affari.
Quello ancor più grave fu portare in secondo piano il sacrosanto principio della proporzione tra raccolta primaria e impieghi, sostituendolo progressivamente con i "ratios" di patrimonio, ovvero rapporti minimi tra patrimonio ed impieghi, in un sistema completamente mutato laddove il capitale di impresa (che partecipava al capitale delle banche e quindi al loro controllo) si mischiava con il capitale di puro risparmio depositato da privati ed imprese.
In sostanza si è favorito un mastodontico conflitto di interesse fra capitali tanto che l'aspetto strutturale ha visto stravolti i rapporti raccolta/impieghi, e si son viste nascere operazioni elaborate che hanno prodotto danni non indifferenti.
Se ben pensate il solo Governo tedesco per salvare il suo sistema bancario ha impiegato 250 mld di euro.
A mio modo di vedere la giusta scelta delle privatizzazioni doveva mantenere invece la separazione tra i due sistemi (banche commerciali e banche d'affari) perchè la crescita economica duratura di paese avviene più con il primo che con il secondo, dove i grandi investitori progettano grandi operazioni, magari di sisterma, poco comprensibili per i più!
Questo non avrebbe comunque escluso l'introduzione dei ratios patrimoniali, ma accanto a quelli trutturali.
Sempre in questi anni '90, fu costituito il fondo di garanzia a tutela dei depositi di 200 milioni di vecchie lire che garantiva i depositanti.
Con le mie premesse sottolineo che era un passo obbligato poichè non sarebbe stato possibile costituire un fondo di tal specie in un Mercato globale(ormai l'approdo del bailout si allontanava progressivamente) dove vi è un forte mobilità di capitali sia di risparmio ordinario che finanziari  per di più poggiato su un sistema bancario di tipo misto.
Resta comunque il fatto che con questa soglia e senza distinzione di forma di raccolta primaria i risparmiatori potevano star pur tranquilli.
Ma oggi, per giungere al famigerato bailin,  si è cominciato a ridisegnare il meccanismo che regola il Fondo a tutela dei depositi e qualche perplessità deve pur venire e soprattutto dovranno pur nascere iniziative che modifichino le regole prima che entrino in vigore quelle stabilite in sede Comunitaria UE .
Ben più forti di quelle che comincia ad esprimere solo ora  la Consob.
E vero che la copertura, ora di circa 100 mila euro è per persona e per banca, ma riguarda soltanto i depositi in denaro  ovvero libretti di risparmio, conti correnti e certificati di deposito, tralasciando la fetta più grande della raccolta primaria bancaria costituita dalle obbligazioni ordinarie che hanno sostituito le vecchie cartelle fondiarie (sulle quali si poggia la parte degli impieghi a medio e lungo termine verso famiglie ed imprese).
I depositi bancari delle famiglie sono mediamente contenuti e prevalentemente i depositi a vista non superano il 10% del totale dei depositi |!
C'è, per lo meno in Italia,  un enorme equivoco da sciogliere, allorquando si parificano queste obbligazioni  a quelle di altro genere (strutturate, sindacate, convertibili, subordinate, flash, ecc) sempre più simili alle azioni ordinarie o privilegiate che sono per principio le più rischiose in termine di rimborso.
Dalle disposizioni di legge, attuative di quella comunitaria UE 2014/59,invece  non si tiene per nulla conto di questa particolarità, nè si tiene conto delle polizze di risparmio ad accumulo (nuova forma gestita spesso da società di derivazione bancaria ormai da oltre 20anni )precisando che tale novità
andrebbe applicata solo sulle nuove emissioni e non su quelle magari sottoscritte 5, 10 o più anni.
In questi giorni si sentono affermazioni veramente inesatte anche se sono più utili a render l'dea di quel che ci si può aspettare.
Dico così perchè quel che si sente in giro diventa allarmismo abbastanza ingiustificato.
Innanzitutto lo stato di insolvenza di una banca fa scattare le varie procedure concorsuali previste e queste possono, in linea teorica portare anche al fallimento di una banca; questo significa che i creditori possono rischiare il denaro prestato a seconda del tipo di credito concesso che in ordine decrescente è costituito dalle azioni che costituiscono il capitale sociale, dalle obbligazioni diverse finanziarie e poi - come fortemente sostengo - dai depositi di ogni tipo e genere che superano i circa 100 euro per persona per banca.
Spesso invece ci possono essere sviluppi certamente severi, ma non così drammatici ed ecco che i rischi, soprattutto per i normali risparmiatori, si ridimensionano fortemente.
Consob dice bene (ma non affronta per il momento il mio appunto): non possiamo in tutta onestà sostenere che qualsiasi risparmiatore abbia in mano tutti gli elementi per sapere con congruo anticipo se la sua fiducia nella banca depositaria sia ben riposta o meno !