lunedì, ottobre 25, 2010

MARCHIONNE E LA FIAT

L'intervento di ieri del' AD di Fiat, Marchionne, ha sollevato un coro di proteste, particolarmente accese, anche da parte di uomini politici di primo piano che hanno assunto posizioni inaspettate.
Come le argomentazioni di Marchionne anche quelle di questi leaders, sembrano però ancora una volta una grande gioco delle parti, che non affrontano in realtà i veri problemi e sopratutto il modo per affrontarli e risolverli.
Il problema non è costituito dal fatto che eccezzioni non possono essere sollevate da Fiat perchè ha avuto per molte volte aiuti sotto varia forma da parte dello Stato e quindi dagli italiani poichè i vantaggi, hanno certamente riverberato ricchezza anche agli italiani in termini di sviluppo industriale, tecnologico, di miglior comunicazione viabilità (forse troppo eccesiva) se guardiamo a come eravamo soltanto negli anni sessanta.
E' un pò come affermare che il movimenti politici di sinistra oppure i Sindacati hanno creato danni all'Italia, mentre invece, in realtà, proprio questi movimenti hanno contruibuito alla crescita economica del paese, confrontandosi con l'impresa al fine di distribuire la maggior ricchezza ed evitando cosi' che al grande latifondismo si sostituisse una industria d'elite, ma con una classe operaiadi poveracci.
Marchionne dice certamente delle verità, ma semplifica un pò troppo per arrivare ad una sola conclusione, mentre invece le spiegazioni alla nostra minor produttività ed efficenza sono molte di più di quelle sinteticamente espresse.
Intendo dire che non pò essere solo colpa della difficoltà a ridurre le pause nei turni di lavoro o dai cattivi comportamenti delle maestranze in qualche stabilimento, che possono giudstificare i dati messi giù, così come espressi.
Paragonare il numero di autovetture prodotte fuori d'Italia per dipendente,bel più alto di quanto avviene nel nostro paese, può certamente allarmare, ma forse questo dipende dal tipo di modelli prodotti e nel caso degli stabilimenti italiani, forse gli impianti sono troppo sotto utilizzati per precise scelte produttive, visto il calo delle vendite; come dire: la domanda cala ed allora dove c'è maggior margine di contribuzione come in Brasile, Serbia o Polonia la produzione viaggia spedita, mentre in Italia si produce meno perchè si ricorre agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione.
Infatti l'assetto produttivo della Fiat consente consistenti margini operativi (2 miliardi nel 2010) nonostante la flessione delle vendite.
Sul piano dei rapporti sindacali poi va precisato che l' Italia e l'Europa non sono gli Stati Uniti dove l'iscrizione sindacale serve per avere diritti contrattuali; da noi il Sindacato è la controparte
e rappresenta tutti, iscritti e non, perchè ancora permangono vecchi retaggi che negli Usa sono stati liquidati da parecchi anni.
Quindi calcolare il peso specificio delle singole rappresentanze può diventare una operazione fuorviante, una leva insomma da usare per misurare la disponibilità o meno delle rappresentanze, cercando implicitamente di dividerle.
Per la verità la Triplice - per responsabilità di tutti e tre indistintamente - c'è caduta come un pollo: chi a resistere anche su tematiche indifendibili, chi a voler cercare a tutti i costi mediazioni occupandosi molto di più dell'attualità (difesa dei posti di lavoro) e molto meno delle prospettive
(sviluppo del lavoro e dell'ccupazione).
Cigliegina sulla torna l'intervento a gamba tesa del Ministro del lavoro che si guarda bene dal svolgere un ruolo di equidistanza e di mediazione perchè cerca qualsiasi opportunità per rafforzare la posizione politica della maggioranza cui appartiene.
Nella Triplice quindi accuse di politicizzazione reciproca e cosi' facendo prestano proprio il fianco a possibili condizionamenti (circordate gli accordi su Alitalia ?).
Per evitare quindi che i punti di debolezza possano diventare elementi per avere mano libera da parte di tutta l'imprenditoria bisogna avere invece il coraggio di lasciare da parte i antagonismi e tentare alla prima favorevole occasione ad un nuovo patto come quello del luglio 1993.
Non è infatti condizione sufficiente riuscire a trovare un buon punto di mediazione con Fiat perchè gli eventuali nuovi equilibri ne potessero sortire potranno fare certamente scuola, ma non è detto assolutamente che in tutti gli altri casi (e l'Italia è la patria delle PMI) possano scaturire non eccellenti soluzioni, ma forti disequilibri che potrebbero aggravare la struttura industriale ed economica dell' Italia.
Marchionne dice insostanza che a fronte di maggior produttività la Fiat è disposta a dare maggior salario e questo implica comunque il mantenimento di eccellenti livelli di sicurezza nei posti di lavoro, ma questo modello se accettato farà scuola, ma dovrà presupporre il rispetto di tutte le sue componenti.
Troppo spesso infatti possono nascere zone "grigie" perchè si innestano furbizie da parte delle imprese per cui si raggiunge si maggior efficenza, ma occorre vedere poi a che reale prezzo.
Questo accade anche nei settori dove la concorrenza è sostanzialmente interna - come nell'edilizia - o nell'agricoltura dove si registrano bassi salari e sicurezza che fa spesso acqua da tutte le parti.
Tornando quindi agli intereventi autorevoli come quelli di Calderoli o Fini, penso sia più opportuno che entrino nel merito, delle tematiche espresse da Marchionne, perchè e su queste - proprio perchè manca da tempo una vera politica industriale - che occorre discutere e trovare possibili soluzioni.
Con il gioco delle parti non si raggiunge ne maggior produttività nè maggior efficenza.

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