mercoledì, settembre 05, 2012

EURO E L' UNIONE MONETARIA E POLITICA MANCATA

Non c'è che dire: dopo 10 anni, anzi di più, poichè i rapporti di cambio tra Euro e quasi tutte le monete europee furono fissati nel 1998 (Governo Prodi e Ministro dell'Economia Carlo Azelio Ciampi) i governi europei si lamentano della fragilità della nuova moneta e non si decidono a trarre le decisioni utili alla sua stabilità, abbandonando posizioni campanilistiche che pur con qualche ragione non sono utili a risatabilire un equilibrio politico, economico e monetario che consenta all'Europa di nvigare in acque tranquille.
Allora infatti con la determinazione del rapporto di cambio il primo effetto che il mondo politico, economico e sociale verificò fu quello del veloce allineamento dei tassi di riferimento dei vari stati; fu evidente il fenomeno per i tassi italiani che si allinearono velocemente a quelli tedeschi e fancesi, quasi a significare che le varie economie, pur con le differenze che tuttora permangono, erano del tutto similari ed equivalenti.
La nuova moneta doveva "combattere" contro la moneta "principe"del nostro mondo, cioè il dollaro americano il cui rapporto era circa 0,88 (ovvero per acquistare un euro bastavano soltanto 0,88 Usd).
L'Italia con questa adesione rinunciò alle politiche passate che le consentivano le svalutazioni competitive della lira per competere appunto con le oconomie del mondo e imboccando la strada del riequilibrio monetario e della riduzione del debito dello stato.
Cosa non da poco questa perchè l'unificazione dei cambi e dei tassi consentiva all'Italia di competere ad armi pari con gli altri paesi Ue ed exta Ue senza pagare scotti pesanti nell'approvvigionamento delle materie prime (petrolio in primis), ma anche e non solo sull'approvvigionamento di finanza da parte dello Stato (costo del debito).
Questo significava per imprese e famiglie di poter approvvigionarsi di denaro c(on mutui o con credito al circolante o al consumo)  a costi veramente contenui tanto che per le famiglie pe esempio erano portate all'acquisto del proprio  alloggio poichè la rata mensile dei mutui era inferiore al canone d'affitto.
C'erano quindi tutti i presupposti per una crescita delle economie europee sostenuta, ma mentre per  Francia e soprattutto Germania si colse l'occasione per procedere a modifiche strutturali che ora le fanno vivere oggi sogni "relativamente" tranquilli, mentre altri stati hanno clamorosamente sbagliato le loro scelte di lungo periodo, come la Spagna che come uno strumento monocorde ha insistito sullo sviluppo essenzialmente immobiliare o altri stati come Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna ed Italia che hanno cercato di nascondere sotto il tappeto la polvere, scegliendo cioè politiche congiunturali (che sono per principio politiche di corto respiro).
Per i governi di centrodesta cioè andava tutto bene (madama la marchesa) scegliendo di allentare le briglie convinti che le auto regolamentazioni dei mercati e dell'economia avrebbe prodotto la strada migliore e più efficace per tutti da percorrere.
Per la verità nel biennio di governo 2006-2008 (e prima nel 1996-2001)di centrosinistra le idee apparvero più coerenti - si parlava finalmente di riforme strutturali - ma la litigiosità e la polverizzazione della coalizione fece naufragare prematuramente questa iniziativa.
Ma comunque anche dopo il 2008, quelli che erano dei veri e propri cataclismi, ci furono descritti - ma sapevamo tutti che non era vero - come semplici turbolenze per non prendere una buona volta, con coraggio leonino, le decisioni purtroppo necessarie (ancora polvere sotto il tappeto).
Se ricordate nella campagna elettorale del 2006 di parlava di famiglie che non arrivavano alla quarta settimana; nel 2008 d narrava delle famiglie che non arrivavano alla terza ed ecco che alla fine la tranvata è arrivata, quasi inaspettata nel 2011,   e se non esistesse la moneta unica l'Italia sarebbe nuovamente nei guai come quando si sorbi, per quasi 20 anni l'inflazione galoppante a due cifre (si cominciò nel 1974 e l'ultima fiammata fu nel 1995).
Cosa è mancato dunque ?
Innanzitutto alla unione monetaria non ha fatto seguito l'unione politica o per lo meno l'unione coordinata delle politiche nazionali.
Ciò significa che non può essere sufficiente governare a livello di Bce il tasso di riferimento, ma occorre, se non un governo centrale, almeno un coordinamento delle politiche dei singoli stati, a prescindere dal loro "colore".
Intendo dire che non è sufficiente rispettare i parametri di Maastricht (paamentri che peraltro sono stati più volte disattesi), ma occorrono politiche nazionali che tendano sempre allo stesso obiettivo.
Se poi per raggiungerlo le politiche nazionali privilegiano i ceti medio alti o quelli medio bassi questo dipenderà dalle scelte elettorali fatte dal singolo paese, ma  la meta sarà senz'altro quella sola da raggiungere.
In Italia dicevo si  è colta per l'ennesima volta palla al balzo per cercare di schivare, noi tutti, le nostre responsabilità e se da un lato ci sono satati lavoratori dipendenti che si sono trincerati dietro il lavoro a stipendio fisso, e dall'altro molti imprenditori hanno preferito puntare sulla innovazione di processo anzichè di prodotto, magari utlizzando a piene mani i contratti "flessibili".
Gli altri imprenditori, ma sono i meno,  che hanno puntato sul prodotto e  sull'innovazione, oggi si trovano in acque più tranquille ed esportano pure, anche se il rapporto con il euro/dollaro americano è salito all ' 1,26 (ci vuole 1,26 dollari per comprare un euro).
Questa è forse la principale causa di una involuzione perversa che ha patito la nostra economia quella cioè di non aver puntato sulla crescita di valore aggiunto di prodotti e servizi; questo ha podotto retribuzioni incerte e a bassa crescita, provocando un avvitamento dell'economia, una reazione a catena depressiva (meno crescita, meno retribuzioni, meno consumi, meno crescita, ...).
Per contro la struttura finanziaria dell' Stato ha valori solo parzialmente incomprimibili: la revisione della spesa è certamente una buona strada, ma non facile da applicare - per le resistenze di tutti noi - e comunque lunga e costante da perseguire; il risultato è che il Pil cala e la spesa, o meglio lo stock di debito dello stato continua a crescere (anche per effetto dei contributi forniti al Fondo salva stati).
Mentre un tempo il differenziale dei tassi degli Stati implicava il maggior o minor livello di rischio del debito di ogni singolo Stato,  oggi si trasferisce direttamente sul costo del debito sovrano.
Ci troviamo di fronte ad una struttura dei tassi di riferimento (0,75%) e dei tassi finanziari (Eurobor ed Irs) veramente compressi, ma dei tassi del debito parecchio diversi (spread Bond/Bund 4,25%) che influenzano negativamente anche i tassi del credito a breve, medio e lungo termine.
Non dobbiamo mai dimenticare (evitando di dare incoscientemente addosso all'untore) che se lo Stato offre (è costtetto ad offrire) per i suoi titoli (bot,cct,bpt,ctz,ecc) determinati tassi è evidente che il nostro sistema bancario per accogliere risparmio deve offrire per forza tassi analoghi per cui questo spiega perchè un mutuo in Italia abbia un costo più caro del 50% rispetto a quello praticato da una banca in Francia o in Germania.
E' quindi un circuito perverso (o virtuoso a seconda dei punti di vista e dei momenti che viviamo) che non ha più le vie di fuga come un tempo (svalutazioni competitive) e ci mette perentoriamente di fronte alla dura realtà e all'obbligo di porvi rimedio con gande coraggio e tempestività.
Il meccanismo che ho descritto è applicabile in centomila altri casi o comparti economici del nostro paese.
Nel settore siderurgico per esempio abbiamo continuato a chiudere acciaierie e simili (Bagnoli, Trieste e Genova, Piombino, ecc), ma mai affrontato -forse per ricoscenza - il problema ambientale e sanitario di quella di Taranto.
Lo stesso vale per Alcoa, venduta dallo Stato per circa 220 milioni di euro, ma sostenuta con sconti sul costo della elettricità per anni; ed oggi si è arrivati alla chiusura ritardando di fatto il suo destino senza aver fatto nulla sul costo dell'energia ben più alto degli altri paesi (a prescindere che utilizzino quella tradizionale o quella di origine nucleare, eolica o solare).
Per non parlare di altri settori come l'automobile dove Fiat vende meno in Italia, ma non a favore di concorrenti,  perchè non c'è ricchezza disponibile per nuovi acquisti; il solito circuito perverso di cui accennavo in precedenza: calano i consumi, cala la ricchezza, calano i consumi, ...
Insomma, in finanza come  in economia, sempre scelte fatte a metà o mal fatte per cui in molti ne pagano oggi lo scotto, mentre i meno trovano sempe la strada per restare tranquillamente a galla.
Anche a livello europeo, nelle politiche Ue, si sono attribuiti poteri limitati alla Bce, sommatoria delle varie banche centrali nazionali ed assistiamo quindi al calo del tasso di riferimento (quando cala si vuol spingere sulla crescita, mentre quando cresce si vuol raffredarre la possibile inflazione) per cui per gli stati solidi questo andamento è pressochè ininfluente visto che i tassi interni calano spontaneamente, mentre per quelli più fragili più si abbassa più questi si inguaiano.
Ora il Governatore Draghi spinge affinchè si possa attuare una politica monetaria veramente efficace, per tutti, ma deve esser chiaro che questa deve essere intesa come una grande opportunità, non come l'ennesima occasione di non prendere le decisioni strutturali più utili ed opportune.
Anche il mondo delle imprese non può stare ad aspettare che il vento cambi: se aspettano questo il vento non girerà mai; proprio nei momenti di depressione vanno fatte le scelte coraggiose nel rilancio, anche migliorando la qualificazione professionale dei dipendenti, con opportuni accordi sindacali che abbiano riflessi redituali laddove è possibile.
Non si tratta certo di creare o inventarsi posti di lavoro artificiali, ma deve essere chiaro il concetto che se la crescita non è distruibuita tra le componenti sociali ed economiche è evidente che il meccanismo si inceppa sino a fermarsi.
Si è parlato tanto dell'articolo 18/300, ma una volta modificato si è forse visto qualche cambiamento ?
Si è visto forse l'utlizzo delle norme sull'apprendistato ?
Nemmeno l'ombra.
La disoccupazione cresce soprattutto quella giovanile ed il circuito perverso trova nuova linfa per disgregare ancor di più la  struttura economia e sociale dell'Italia.
Questa situazione è  come una catena di sant'Antonio, dove nessuno vorrebbe fare la prima mossa, parlo sia delle componenti politiche, economiche sociali interne che  dei nostri partners europei, per cui si continua a battere il passo, mentre la "macchina" va in stallo.
Un ultimo esempio: Draghi parla di possibilità da parte della Bce di acquisti illimitati delle emissioni di debito sovrani, beninteso con le opportune e doverose garanzie, ma la Merkel è assolutamente contraria al termine illimitato.
Anche qui la posizione è funzionale soltanto ai fini elettoralistici interni, perchè è evidente che non si tratta di montagne esorbitanti di danaro.
Si afferma infatti che la speculazione attacca - per ora - i paesi più fragili, ma di che cifre stiamo parlando ?
Il gioco della speculazione attacca il costo delle nuove emissioni di debito con poca spesa; su una emissione mensile. che so, di 10 miliardi di euro, basta un 10/20% per orientare all'in su i tasso di emissione  ed inguaiare tutta la filiera dei tassi e quindi la crescita del Pil, dei salari, dei consumi....
Non c'è dubbio quindi che è il quadro politico europeo, pur con le differenze decise dagli elettorati, che deve cambiare mentalità, ramentandosi dei principi ancora validi inseriti dagli stati aderenti sindal 23 ottobre 1954.

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