lunedì, ottobre 24, 2011

ULTIMATUM ALL' ITALIA

Il Presidente francesce Sarkozy e il Cancellere tedesco Merkel hanno dato tre giorni di tempo al Governo italiano per predisporre iniziative adeguate per il rilancio dell'ecomonia italiana poiché con le prospettive che si riscontrano nonostante tre manovre avvenute nel 2011 non ci sono elementi che possano lasciare prevedere una ripresa robusta utile da un lato a contenere e didurre progresivamente il nostro stock di debito e dall'altro a sostenere la forza dell'euro sui mercati internazionali (la Grecia da sola sarebbe veramente un "piccolo" problema)..
Certamente la coppia  "Merkozy" ha perso il suo à plomb con quei sorrisetti ieri nell'intervista rilasciata alla stampa internazionale, ma resta il fatto che questo indica il grado di credibilità che non l'Italia, ma il Premier Berlusconi ha presso due alti esponenti europei (che sono peraltro della medesima parte politica).
Merkozy hanno pertanto ragione da vendere perchè se lo devono sorbire da anni visto che la maggioranza relativa dei votanti lo ho voluto a quel posto.
Sanno perfettamente che è un "cialtrone inaffidabile" (come lo sa anche Putin e l'esterrefatto Obama), ma se non lo sostituiamo noi è l'interlocutore con cui fare purtroppo i conti.
Il Cav. Berlusconi sa perfettamente che possono pure snobbarlo, ma non possono snobbare lo stato italiano che vale (all'interno dell' euro) il terzo posto per ricchezza prodotta con 1953 milioni di Usd contro i 2.173 della Francia e i 2.975 della Germania (valori stimati il 22 aprile 2011 n.d.r.).
Anzi sono preoccupati perchè essendo troppo grossi, bontà nostra, se vacilliamo pericolosamente questi esponenti politici, e per loro gli stati rappresentati, si sentono in pericolo anch'essi.
Quindi il Cav. Berlusconi sa di non poter essere liquidato facilmente mentre i Merkosy insistono perchè si raddrizzi la nostra rotta con pressante azione di persuasione.
Al nostro Premier tutto questo lo sa,come sa che non gliene frega un bel niente nè dell'euro nè dell'Italia, ma gli interessa tirare innnanzi anche non combinando un bel fico secco, tanto di capri espiatori veri o inventati ne trova quanti ne vuole.
Ma andando con ordine ricordo che nel precedente mandato de Cav. Berlusconi ( 2001-2006) L'Itlalia si trovò nella stessa situazione di Fancia e Germania, di superamento cioè del rapporto deficit-pil e insieme a loro negoziò il rientro in alcuni anni.
Per questo fatto il Governo Berlusconi minimizzò poichè in quel "mare burrascoso" non eravamo i soli; quasi a dire: mal comune mezzo gaudio.
Francia e Germania però approfittarono di questo fatto negativo come una opportunità per modificare e migliorare i propri "fondamentali" strutturali di modo che  quando sopraggiuse la crisi finanziaria importata dagli Usa nel 2007/2008 ebbero spazio per sostenere questa bordata immane ricorrendo al debito di stato pur con un calo vistoso dei rispettivi pil.
Si erano cioè premuniti per cui la sopresa della crisi finanziaria li trovò riparati da una bella rete antigrandine per cui passata la bufera hanno velocemente risalito la china ritornando velocemente ai valori ante crisi, quasi fosse una "semplice" avversità congiunturale.
Il Governo Berlusconi allora ed anche l'attuale - nell'intermezzo prodiano  con quella maggioranza risicata e lo sbarramento dell'opposizione ha fatto anche troppo  - ha considerato quegli eventi come congiuntuali ed ha nascosto a se stesso e agli italiani fino a pochi mesi fa la amara verità.
Ce lo insegnano sino dalla scuola (Istituto tecnico per ragionieri) che alle crisi finanziarie fa sempre seguito una crisi economica poichè la prima è come un forte nubifragio con grandine per cui anche se protetti da reti i frutteti vanno in ginocchio.
Ne consegue che non solo si perdere quel raccolto e vanno al vento le spese sino ad allora sostenute, ma occorre reinvestire nelle colture per proseguire nella propria attività negli anni successivi (ecco la cisi economica) attendendo qualche anno per ritornare alla situazione pre crisi.
Invece il Governo in carica, ha preferito minimizzare e non ha colto l'opportunità per porre in essere quei cambiamenti strutturali utili ad ammodernare economicamente e strutturalmente il paese, pronti quindi a ripartire al sopraggiungere della ripresa.
Ancora oggi si persiste nel ripararsi dietro al fatto che la crisi è totale ed internazionale poichè risulta più comodo trincerarsi dietro le scuse, pur di non intraprendere iniziative scomode (anche elettoralmente).
Qualche tentativo modesto è stato fatto, mo è stato troppo timido ed incompleto per cui i risultati che si attendevano non si sono visti.
Per esempio sul tema pensioni si continua a rimuniginare facendo ipotesi, anche dopo l'incontro di ieri, che sono assolutamente incomplete.
Il taso delle pensioni non è un tabù per gli italiani, ma lo diventa se non si eliminano le paure e i timori che provocano.
Penso che gli italiani non siano contrari per principio all'allungamento dell'età lavorativa, ma quel che temono è il pericolo di trovarsi a 50/55 anni  con altri 10/15 di lavoro davanti e perderlo senza la ragionevole certezza di ritrovarne un altro; la dicotomia tra la necessità dello Stato di vederci lavorare più anni e l'economia che vorrebbe rottamarci alla mezza età è un nodo da sciogliere facendo assumere le dovute responsabilità a lavoratori e alle imprese.
Lo stesso vale per i giovani che non pensano certo all'età della pensione, ma non possono accettare posti di lavoro incerti sia per durata, sia per i rapporti contrattuali molto spesso "taroccati" che producono incertezza per oggi e per domani (assistiamo spesso a retribuzioni accettabili, ma metà in nero, o a retribuzioni in piena regola con "retrocessione" di un quantum al datore di lavoro, ecc).
Questa politica da cicala peraltro è reiterata perchè una volta superato il "picco" dell'autunno 2008 il Governo Berlusconi (che aveva riguadagnato una ampia e solida  maggioranza), per non mangiarsi la parola e per non scontentare i voti che secondo la maggioranza sarebbero contrari a certe manovre impopolari o impegnative ha usato la politica del "lassez faire", indaffarato a mantenere solido il potere, ma senza attuare iniziative determinanti.
Il risultato è stata una sequela di interventi reiterati, ma non efficaci ed oggi ci troviamo veramente nell'angolo perchè, come detto, essendo troppo grandi, economicamente parlando, rischiamo di mettere a repentaglio la nostra moneta ed anche quelle economie che sono tuttora solide.
Le cose da fare non sono poi molte, ma devono essere fatte con equilibrio, equità e rigore; se si persiste a commettere furbizie per scopi elettoralisitici, ecco che l'efficacia si perdere e la contestazione e lo scontento montano inesorabilmente.
Persistere poi in tesi veramente indecenti significa non aver capito che la campanella dell'ultimo giro è suonata; mi riferisco alle considerazioni di alcuni esponenti di maggioranza che accusano i nostri indignados (la cui manifestazione è stata annullata da dementi pseudo rivoluzionari) di voler mantenere i privilegi dei loro padri; ebbene la gente, tanta gente giovane e meno giovane, è indignata per come lo Stato attraverso le sue strutture politiche di turno li tratta.
Sanno perfettamente la gravità della crisi italiana, sanno perfettamente di poter aver beneficiato - forse - dei privilegi dei loro padri, ma sanno perfettamente che solo attraverso politiche chiare ed eque si può trovare la strada per risalire la china; i privilegi, ancora troppi, sono utilizzati indisturbati, dal ceto politico come dal ceto delle professioni tramandate di padre in figlio, del cetto della corruzzione come dal ceto degli evasori che sguazza nell'economia italiana indisturbato ormai da decenni (nonostante i numerosi condoni ottenuti). 
Tre giorni a questo punto sono veramente pochi poiché dell'elenco delle 27 cose che il Governo Berlusconi aveva promesso di fare non c'è traccia e non vedo trasparire, se non per i sussurri che si rilevano ora qua ora là, iniziative vecchie ed inefficaci.
Se si ritiene che il liberalismo possa essere una forte spinta alla crescita non si possono avere reticenze, tutelando ora una lobby, ora una cartegoria, ora un gruppo di professioni o una tipologia di aziende.
Se si decide di usare una  leva, questa va attivata in tutti i casi in cui serve, senza distinguo o favori.
Se una leva sono le liberalizzazioni questo deve riguardare tutto il liberalizzabile: dalle municipalizzate alle professioni.
Inoltre è inutile e dannoso ricorrere a concordati o condoni poiché oltre che inefficace ed estemporaneo, continuare a rimestare sui redditi - agendo su iva irpef, irap, ires, ecc - non può produrre ulteriore gettito; lo potrebbe essere se la crescita del nostro Pil ritornasse a livelli del 5/7% l'anno.
Continuiamo a sbandierare di essere un paese con un forte debito statale, ma con un contenuto debito privato e delle imprese, ed una grande ricchezza individuale sia immobiliare che mobiliare; ebbene se non riusciamo ancora ad equilibrare equamente la pressione fiscale sui redditi, proviamo almeno a recuperare con quella sui patrimoni, da utilizzare insieme ad altre iniziative (dismissioni) per redimere il nostro debito.
Quel che auspico è che il Premier si renda conto che ormai non ha più spazio nè credibilità politica interna ed internazionale e che velocemente si fermi: sono convinto che nel giro di pochissimi giorni il Parlamento italiano sarebbe in grado di esprimere una larghissima maggioranza a sostegno di un Governo di larghe intese che ponga in essere poche ma efficaci e determinanti iniziative che ci traggano d'impiccio e che rilancino veramente questo grande paese (l'italianità, Presidente Berlusconi, non è appannaggio della sola attuale maggioranza).

Nessun commento: