mercoledì, settembre 03, 2008

LIBERO MERCATO CHE LIBERO NON E’ !

Leggo oggi su Repubblica una serie di articoli ed interviste relative all’andamento del prezzo del petrolio al barile che continua a scendere, se pur a livelli parecchio inconsueti rispetto al passato, ed il prezzo dei combustibili che stentano a calare, dopo essere aumentati in un anno di oltre il 30%, proprio per effetto dell’aumento vertiginoso del greggio.

Dunque è chiaro che il prezzo del greggio è formato dalla capacità produttiva dei paesi Opec e dall’andamento dei consumi per cui i valori di domanda ed offerta sono sostanzialmente speculari.

A questo fatto va inserito il valore della moneta di regolamento, il dollaro americano, la cui minor o maggior debolezza verso le altre principali monete di conto valutario influisce sulla formazione del prezzo al barile (il produttore, se il dollaro si deprezza, ne vuol di più).

A questo va aggiunto infine il fattore sostanzialmente nuovo della speculazione finanziaria, la quale è costituita da edge found che hanno in questo periodo scommesso, con opportuni contratti a termine sull’aumento del prezzo al barile puntando addirittura ai 250 dollari il barile.

L’effetto speculativo sembrerebbe sgonfiarsi perché, nonostante il deprezzamento del dollaro che per la verità si sta riprendendo, è iniziata la diminuzione dei consumi per cui il “giochetto” sembrerebbe arrestato (comunque gli edge found hanno comprato al rialzo ed il loro guadagno, più modesto, dovrebbero averlo ottenuto).

Se guardiamo comunque la serie storica del prezzo al barile partendo dal 1950 questa evidenzia prezzi sostanzialmente stabili (tra i 9 e 14 dollari) se si escludono picchi avvenuti in concomitanza di gravi situazioni finanziarie o politiche; mi riferisco alla crisi petrolifera del 1973, di quella del 1978 che hanno prodotto violenti aumenti peraltro durati pochi mesi.

Dagli anni 90 il prezzo al barile si è assestato intorno al 20/25 dollari e nemmeno la crisi delle twin towers dell’ 11 settembre 2001 ha avuto effetti sul prezzo.

Nello stesso periodo l’andamento del dollaro ha avuto un percorso del tutto indipendente con influenza modesta sulla formazione del prezzo del greggio, se si esclude questo ultimo quinquennio dove il dollaro è passato da 0,88 a 1.48 rispetto all’euro ed il petrolio ha iniziato progressivamente ad aumentare, anno dopo anno, sino a raggiungere quasi i 150 dollari il barile (anche se è già successo di vedere il dollaro a 11oo lire e a 2200).

Vediamo quindi quanto questo fenomeno possa influenzare ed essere influenzato dalle varie economie che compongono quella globale in cui viviamo, ma quello che non è giustificato è l’andamento dei prezzi al consumo che viene influenzato in modo decisamente disarmonico.

Non è assolutamente condivisibile quanto affermato nell’intervista al Patron di Erg, Edoardo Garrone, perché se è vero come è vero che gli incrementi dei prezzi del greggio hanno prodotto l’incremento di benzine e gasoli è altrettanto vero che non si possono ora invocare tesi che sostengono la non correlazione dell’andamento dei prezzi.

E’ vero invece il contrario: se Fiat cresce in modo significativo, crescono pure i suoi fornitori, per cui una correlazione sull’andamento dei prezzi azionari, se tutti son quotati, esiste eccome (vorrei vedere il contrario con le azioni Fiat in calo e quelle di un fornitore unico in salita).

La verità è un'altra, invece, e questa riguarda la formazione di tanti prezzi di prodotti al consumo: esistono cartelli o accordi di categoria che nulla hanno a che fare con la concorrenza che dovrebbe sollecitare maggiori consumi a prezzi più bassi.

Sostengo che gli accordi di qualsiasi, di molti, prodotti sono concertati a livello locale per cui il consumatore si trova circondato da una ragnatela di prezzi (o tariffe) per singolo prodotto dalla quale non può, per ovvie ragioni di mobilità, uscire.

Lo dimostrano i prezzi: se a Firenze il gasolio di trova a 1.35/1,38, a Verona si trova a 1,42/147; il pane a Verona tra 2,90 (pan comune) e 3,80/4,10, a Roma 2,50 e a Firenze o Pisa, il filone di pane da un chilo a 0,90/1.0 euro !

Sui combustibili da trazione ne stiamo da anni vedendo delle belle e la convinzione dei più è quella di essere presi in giro continuamente in modo spregiudicato, senza che si muova foglia.

Esempi a frotte: quando non esisteva la benzina verde quella a maggiori ottani, meno usata, costava di più ed anche quando è stata introdotta la verde, proprio perché meno usata costava di più della “rossa”, mentre il gasolio, anch’esso meno usato rispetto alla benzina, costava circa la età.

Era il periodo in cui muovere con spregiudicatezza queste leve (manovrare con disinvoltura i prezzi di petrolio e benzine) era un esercizio pericoloso perché poteva risultare un boomerang: il cavallo smetteva di bere e la benzina restava li in deposito (ricordate le domeniche veramente a piedi ?).

Con l’eliminazione delle benzine inquinanti il sistema della formazione dei prezzi è stato rivoluzionato ed il gasolio, sfruttando l’aumento dei prezzi, ha raggiunto la parità con il costo della verde.

La rivoluzione sta proprio in questo: se un tempo la benzina meno usata costava di più, oggi avviene giusto il contrario e nel caso del gasolio (proprio perché usato oggi dal 65% degli automobilisti), solo per mero senso di pudore il prezzo non ha superato quello della verde.

Oltre agli accordi nel territorio che dividono il mercato in tanti mercatini giocando sul fatto che non posso obbiettivamente partire da Verona, per andare a Firenze a far gasolio e proseguire per Roma per acquistare le michette (fenomeno che si sta generalizzando in un po’ tutti i comparti merceologici); di altre genialità o rivoluzioni copernicane create da chi forma il mercato se ne trovano ancora di altre, parecchio curiose.

Ventenni fa gli impianti di riscaldamento erano quasi tutti a gasolio ed iniziò il “cablaggio” con gli impianti a gas meno inquinante, che costava un terzo a parità di calorie prodotte; poi qualche “genietto” ha ben pensato di collegare l’andamento del prezzo del gas ( e quindi dell’elettricità) a quello del petrolio ed ecco completata la catena intorno al collo del consumatore: comunque si muova è circondato.

Ma l’opinione pubblica, i consumatori sono forse inermi, ma non sono rincitrulliti: sanno perfettamente che i prezzi, in libero mercato, si formano per effetto dei rapporto domanda/offerta dove l’offerta contiene i prezzi produzione per cui qualcuno mi dovrebbe spiegare che centrano i costi per la produzione, raffinazione e distribuzione del greggio con quelli di estrazione e distribuzione del metano (non possono essere analoghi perché quando si consumava meno gas avrebbe dovuto costar di più !) .

E’ evidente che non esiste assolutamente alcun controllo per cui in un mercato aperto esistono troppe economie di vantaggio, contro le quali il consumatore ben poco può fare.

Il pericolo per questi produttori sarebbe quello che, a tirar troppo la corda, questa si spezzi o t'impicchi, ma e’ altrettanto evidente che in un mercato globale il giochino si può spostare da un luogo all’altro a piacimento, per cui di fronte a violente contestazioni, si torna apparentemente indietro per riapprofittarne alla prima occasione.

Il Ministro Brunetta sulla resistenza dei prezzi di benzine e gasoli afferma che … “c’è qualche cosa che non va “: bah c’è parecchio che non va ed il giochino l’hanno imparato in molti, in troppi, anche le municipalizzate dell’acqua potabile che fan pagare 0,10 centesimi a metro cubo, ma ne addebitano 0,98: la differenza e costituita da abbonamento, trattamento acque reflue ed utilizzo fognature(son sensibile agli aspetti ecologici ed ambientali, ma di economie di scala per contenere i costi non se ne parla).
Ci si "arrampica" sulle accise o sull'Iva, ma il primo problema da affrontare non è il prezzo in se di gasoli e benzine, bensì toccare con mano, alla pompa, un differenziale prezzi che sia ovunque significativo, come nel resto d'Europa (che sia Francia, Austria, Spagna o Germania) dove posso trovare nella stessa città o contrada gasolio a 1,4 ma anche as 1,10/1.15: questo dimostra la vera concorrenza che permette al consumatore di scegliere effettivamente.
Sui costi maggiori di distribuzione in Italia rispetto alla maggior parte d'Europa, anche qui si vogliono raccontare fanfaluche: in due decenni abbiamo eliminato migliaia di piccole pompe di benzina (si aveva il timore di metter per strada tanta gente) per averne di meno e di più grandi (economia di scala); ebbene l'obbiettivo s'è raggiunto, ma la contro indicazione è quella che com meno chioschi di benzina ci si mette d'accordo più facilmente.
Sugli orari d'apertura, infine, si raggiunge il massimo: è da anni che con il bancomat si può far benzina anche la notte e la domenica, ma perchè farlo se nella maggior parte dei casi benzine e gasoli costan di più (quando i costi variabili dell'impianto non ce ne sono)?
Se tutto questo è libero mercato penso proprio che avremo, tutti , molto su cui riflettere.

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