martedì, settembre 02, 2008

ALITALIA: LA STORIA INFINITA

Riprendo i miei pensieri sulla crisi Alitalia espressi nell’aprile scorso su mio blog.

Allora espressi scetticismo sulla riuscita dell’accordo con Air France – Klm, ipotizzando che la compagnia di bandiera sarebbe andata al fallimento (ovvero amministrazione straordinaria con modifica della Legge Marzano) con la nascita di una newco che avrebbe continuato a far volare la compagnia di bandiera, alleggerita dal piombo che, dalla liberalizzazione del mercato e privatizzazione conseguente in poi, ha appesantito sempre di più la nostra vecchia gloria aerea (61 anni).

Sul piano economico si sta giungendo comunque ad una soluzione sulla quale, per averne viste sul mio lavoro di tutti i tipi, non mi scandalizzo più di tanto.

La soluzione di Fenice non è obbiettivamente diversa da quella di Air France-Klm in quanto l’azione Alitalia sarebbe stata concambiata con azioni della società franco-olandese per cui all’ora avremmo partecipato tutti al più grande vettore mondiale ed ora, tramite la Cai, lo stesso vettore franco-olandese, la Lufthansa o la British Airways, sono disponibili da subito a partecipare, anche con quote significative, al rilancio della compagnia italiana.

Gli investimenti di “denaro fresco” fra le due ipotesi di rilancio sono sostanzialmente analoghe se si tiene conto che Airfrance-Klm aveva messo in campo 1,8 miliardi di euro “ritirando” la nostra compagnia di bandiera comunque appesantita, mentre l’esborso di Cai sarà di circa 1 miliardo per una compagnia molto più leggera.

Fra l’altro questo spiega anche perché solo in questo caso un pool di imprenditori italiani è sceso in campo: Roberto Colaninno è certamente stimolato da una impresa ed una sfida impegnative, ma una volta definito l’accordo sa perfettamente che non correrà il rischio di restare in mezzo al guado come gli accadde con Telecom Italia, troppo condizionato dal potere politico e dai soci che lo costrinsero a vendere – contro voglia - alla Pirelli.

Per gli altri soci, la scesa in campo, nasconde a malapena altri interessi convergenti su questa iniziativa o su altre che sono già state decise durante le ultime settimane del Governo Prodi (Expo).

Unica differenza tra l’ipotesi Aifrance-Klm e Fenice stà nel fatto che la seconda riesce a “salvare” pure AirOne in quanto la Cai le comprerà alcune rotte ed aerei, permettendole di riequilibrare la sua situazione finanziaria.

Al riguardo però evidenzio che AirOne era un competitor di Airfrance-Klm !

Non dimentichiamo infine i 300 milioni di euro messi sul tavolo dal Governo Prodi per mantenere in aria Alitalia e che non potranno essere utilizzati per il suo rilancio, denaro imputabile comunque, obbiettivamente, alla iniziativa Fenice; né dimentichiamo la causa intentata da Malpensa per 1,2 miliardi di euro che comunque resteranno – nell’ipotesi Fenice – sulla groppa dello Stato: a babbo morto !

Sul piano tecnico le differenze cominciano ad evidenziarsi un po’ di più perché con il vettore franco-olandese si riduceva l’hub alla sola Fiumicino con diminuzione delle rotte attuali(fatti entrambi che la “vecchia” Alitalia stava in parte mettendo in atto), mentre nel piano Fenice abbiamo una vera regionalizzazione della compagnia di bandiera, con l’eliminazione anche dell’ hub di Fiumicino ed una maggiore diminuzione di rotte e voli rispetto a quanto ipotizzato da Airfrance-Klm.

Questo fra l’altro spiega – in parte - i minori esborsi programmati dalla Cai: meno voli, meno aerei, meno personale, meno costi e quindi meno investimenti!

Sul piano sociale, dolente nota, le differenze si acutizzano non poco non soltanto per il fatto che le due ipotesi producono diversi, drammatici, risultati in termini di esuberi occupazionali, ma in primo luogo perché nel progetto Fenice, proprio perché è una newco, Cai acquisterà gli assets che le sono più utili, fra cui i dipendenti, mentre i restanti sono destinati ad essere sostenuti dai cosiddetti ammortizzatori sociali.

La cosa non è da poco perchè invece con Airfrance-Klm la maggior parte dei dipendenti (11,2 mila) restava in Alitalia mantenendo anzianità, tfr,gradi,ecc, i dipendenti di Az Service spa (4,5 mila) restavano nella loro azienda la cui proprietà passava a Fintecna spa.

L’accordo con si sindacati si è arenato per i 2,2 mila dipendenti in mobilità e mi appare tuttora incomprensibile perché Sindacati, Airfrance-Klm e Governo non siano riusciti a trovare una soluzione onorevole ed accettabile.

Nell’ipotesi Fenice è chiaro quanti saranno i dipendenti che ricominceranno daccapo nella nuova Alitalia(circa 11 mila), mentre è iniziato un balletto di cifre (chi dice 4,5 mila chi dice 7 mila) e soluzioni (Poste, Catasto, imprese private con agevolazioni ad hoc, ecc) per coloro che non parteciperanno al rilancio della compagnia di bandiera.

Nessuno parla di AZ Service preposta alla manutenzione degli aerei che, qualsiasi sia il proprietario della compagnia di bandiera, dovrà continuare ad essere erogata.

In questo caso l’intervento dei Sindacati sarà ben più complicato perché diverso dalla precedente ipotesi in quanto che si deve trattare sulla allocazione di tutti i dipendenti del gruppo Alitalia, allocazione sulla quale gli interlocutori sono sia la Cai che il Commissario straordinario Fanozzi che il Governo in carica.

Sul piano commerciale Colaninno, vista la sfida intrapresa, bene fa a sostenere la sua iniziativa per mantenere l’italianità della compagnia, ma nel contempo “confessa” che occorre un partner industriale internazionale di settore e che, una volta raggiunto nel medio periodo l’obbiettivo di lancio e stabilità (cinque anni ?), non esclude di farsi da parte.

Nulla contro questo imprenditore di cui ho grande stima, ma altri hanno invece sbandierato l’italianità ai quattro venti ben sapendo che questo non è un principio irrinunciabile: se ce ne sono le capacità e le condizioni bene, ma se questo non è proprio possibile (soprattutto in periodo di alti prezzi dei combustibili) non si può fare tanto gli schizzinosi.

Nel recente passato Klm ci ha mollato per Airfrance, Swissair è stata acquisita (dopo analoga operazione) da Lufthansa ed oggi British Airways è alla ricerca spasmodica di sposarsi con Iberia o addirittura con la nuova Alitalia.

Ragion per cui l’italianità è un elemento da tenere in considerazione, ma non può essere una condizione sine qua non: in fin dei conti agli italiani che volano e ai turisti che vanno e vengono dall’Italia interessa il servizio, la sicurezza ed il prezzo.

Quel che più mi fa imbufalire è però l’aspetto politico della possibile risoluzione della crisi Alitalia.

Infatti si sta rivoltando come una frittata l’effetto qualitativo dell’intervento del Governo in carica.

Innanzitutto l’attuale coalizione ha già governato per un quinquennio, ma del problema si è occupata ben poco; poi sbandiera decisionismo ed efficienza facendo passare il progetto Fenice, come un grande risultato politico, mentre in realtà risolve una crisi, ma non mantiene nessuna promessa fatta in campagna elettorale.

Il piano tecnico e commerciale che si raggiungerà è giusto l’opposto di quello tanto vagheggiato (in primavera Lega e Malpensa hanno fatto i diavolo a quattro ed oggi Alemanno paventa gravi preoccupazioni per l’eliminazione dell’hub di Fiumicino).

L’italianità sappiamo fin d’ora che prima o poi se ne volerà via per cui la prima promessa è già disattesa, se pur in prospettiva.

L’aspetto sociale presenterà risultati anch’essi opposti a quando auspicato perchè di lavoratori instabili ce ne saranno parecchie migliaia in più e se questo può rientrare nella logica di una mera ristrutturazione aziendale, questo non è stato detto a chiare lettere e soprattutto non sono state studiate soluzioni convincenti né per gli interessati né per l’opinione pubblica.

La funzione sindacale - che pure ha le sue responsabilità nella crisi - poi è svilita a ruolo di semplice comparsa in funzione – si dice - del poco tempo a disposizione (Alitalia commissariata e con poco denaro in cassa), mentre in realtà il Governo in carica nasconde l’intenzione di considerare il sistema rappresentativo dei lavoratori in genere come un fattore di freno allo sviluppo e quindi del tutto incidentale (ricordo l’intenzione dell’abolizione dell’ art.18 dello Statuto dei Lavoratori); questa intenzione ed obbiettivo sono stati - anch’essi – nascosti all’elettorato di riferimento che sappiamo essere costituito anche da dipendenti e pensionati.

L’aspetto economico infine è un altro grande flop perché il progetto Fenice non può tener conto di fatti che non lo riguardano; la spesa degli ammortizzatori sociali di qualsiasi genere per il personale in esubero è ben più grande della soluzione Airfrance-Klm; il prestito ponte di 300 milioni di euro si è liquefatto confluendo nei mezzi propri di Alitalia.

Ma soprattutto il commissariamento di Alitalia purtroppo presenterà un conto assai salato ad oggi difficilmente quantificabile, ma con danni certi per investitori, soci di minoranza, obbligazionisti, fornitori e pure per l’Inps (i crediti da lavoro che sono privilegiati verranno comunque soddisfatti da quest’ultima).

Concludendo posso confermare che la ristrutturazione di Alitalia deve perseguire un recupero di efficienza ed efficacia per poter continuare a volare , ma è fuor di dubbio che la soluzione paventata in campagna elettorale ha – si spera – raggiunto questo obbiettivo con il progetto Fenice, ma a costi mastodontici per le casse dello stato e per la collettività, suoi quali - politicamente – non sembra assolutamente dover pagare alcun prezzo.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

Perche non:)