venerdì, gennaio 27, 2006

Palestina: una storia infinita

Le recenti elezioni in Palestina hanno innaizitutto sconvolto l'assetto politico di questo paese e conseguentemente vanno ripensati i rapporti politici con questo stato e Israele, aituati dalle politiche estere, in primo luogo di Europa e Stati Uniti.
Il radicalismo palestinese per decenni ha impedito una adeguata organizzazione politica e sociale dello stato, mentre Israele ha ripreso una politica di difesa, iniziata con la "guerra dei sei giorni" nel '67, dalle intenzioni bellicose di tutto il mondo arabo.
Occorre aggiungere che all'interno del mondo arabo ed islamico, il popolo palestinese, non è mai stato visto di buon occhio, per la sua "superiorità" intellettuale, sociale e politica per cui si è trovato incastrato tra le esigenze di difesa dei confini da parte di Israele, di definire i territori per un proprio stato da parte dei Palestinesi e di ampliamento dei propri territori da parte degli stati arabi confinanti, desiderosi di avere maggior accesso al Mediterraneo.
Al Fatah e Yasser Arafat hanno sviluppato una politica, ma anche una azione militare e terroristica,trasformatesi poi in una lunga marcia di normalizzazione a partire dal 1993 con gli Accordi di Camp David.
Da un lato quindi la ricerca di stabilità interna in Palestina e dall'altro la ricerca di accordi con Israele hanno prodotto una serie di accordi non ultimo quello sulla striscia di Gaza e quello per le votazioni dei palestinesi a Gerusalemme, ma l'opionione pubblica non ha conosciuto i reali mutamenti che nel frattempo si stavano creando all'interno della comunità palestinese, e le politiche internazionali si son ben guardate dall'ipotizzare i nuovi scenari che sono apparsi prepotentemente in questi giorni.
Non si è percepito per nulla il motivo per cui in Palestina sia sorto e sviluppato un movimento, apparentemente radicale verso Israele come Hamas, ma nella realtà antagonista anche verso Al Fatah; non si son capite le radicalità sviluppate da Sharon, contro la politica di Arafat; non si son capite le ragioni che hanno portato Sharon a formare una realtà politica di centro sviluppatasi in pochi giorni.
L' opinione pubblica, per nulla aiutata dai plenipotenziari internazionali, ha spesso percepito queste azioni come de fossero esercizi di "machiavellismo" medio orientale, mentre ora, a cose fatte, la situazione appare molto più logica e chiara.
La realtà, in Palestina era che per troppo tempo Al fatah aveva assunto una posizione dominante senza, in forza di questo, cercare di dare un ordinamento efficente allo stato e solo recentemente
sono apparse le prime regole concrete con le elezioni del 2004, ma se ben ricordate gli esponenti di governo palesinesi andavano spesso in rotta di collisione con il principale esponente di Al Fatah.
In questo ambito lo spazio politico e sopattutto sociale che Arafat perdeva nella comunità veniva
occupato progressivamente da Hamas, percepito nella comunità internazionale soltanto come terrorista anti istraeliano.
Nel frattempo Sharon aveva scelto la politica di isolare e ridimensionare fortemente il ruolo di Arafat, assumendo posizioni assai decise, anche militarmente, per sancire che lo stesso Arafat era l'ostacolo per accordi di pace duraturi tra Israele e l' Olp Palestina.
Con la morte di Yasser Arafat, Sharon ha effettivamente dimostrato, con la sua politica, che lo "scoglio" era superato e la fase di normalizzazione è aumentata anche con la chiusura delle colonie israeliane nella striscia di Gaza e l'apertura di alcuni confini.
Inoltre l'operazione compiuta da Sharon di costituire per le prossime elezioni di marzo un nuovo soggetto politico di centro poteva fino a pochi giorni or sono apparire soltanto una evoluzione politica per creare uno strumento più utile al confronto politico interno.
Vi è invece ora il forte convincimento che Sharon avesse previsto per tempo il cambiamento politico all'interno della comunità palestinese e che occorresse quindi uno nuovo strumento per contrastarla e con cui confrontarsi.
Purtroppo la morte di Arafat non ha alla lunga aiutato Israele, ma ha dato spazio ad Hamas e la grave malattia di Sharon ci impedisce di sapere quale sarebbe il sul atteggiamento sulla nuova maggioranza assoluta raggiunta da Hamas in Olp Palestina.
La realtà dei fatti è comunque che in Olp Palestina il partito di governo dei prossimi anni sarà quello di Hamas e piaccia o no, con questo si dovrà confrontare Israele e la comunità internazionale.
Certamente la nuova situazione creatasi è assai complessa e quindi preoccupante perchè è sorto un nuovo oggetto politico e non è ben chiaro come con questo si possa trattare; ma è altrettanto vero che è apparsa una nuova connotazione, accanto a quella terroristica, di partito parlamentare, che tutti auspichiamo debba prevalere.
Le chiusure generalizzate apparse di primo acchito da parte di Israele e di Olp, ma anche di Europa e Stati Uniti sembrano quindi poco realistiche e più emozionali, proprio perchè non è pensabile che questi non avessero previsto anche questa novità, nè si possono sottrarre al confronto disconoscendo l'avversario politico.
Lo stesso Presidente Bush ha oggi affermato "" non si può esportare la democrazia e poi lamentarsi dei risultati della democrazia"": ciò sta a significare che una soluzione alla ripresa dei rapporti destinati alla pacificazione dell'area medio orientale vada comunque ricercata.
D'altro canto se lo scopo dichiarato di Hamas era quello di contrastrare, con il terrorismo, Israele, ora che è forza di governo potrà cercare di modificare accordi esistenti, ma non potrà continuare su una strada che troverebbe oppositori anche all'interno della comunità palestinese.
Non è pensabile infatti che la comunità palestinese abbia dato mandato, con il voto, per sostituire l'azione terroristica con quella parlamentare: la maggioranza ha scelto nuovi uomini in primo luogo per meglio governare lo stato poi per ridefinire i rapporti internazionali fra i quali c'è certamente Israele, ma anche Stati Uniti ed Europa.
Grande è quindi il ruolo di questi due ultimi perchè grandi sono i rapporti fra questi ed i due principali stati contendenti; in particolare l'Europa da sempre vicina ad Israele, ma, con forti aiuti economici, anche con Olp.

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