lunedì, maggio 07, 2012

"REPORT" SU BANCA MONTE PASCHI

Il "Report" di Milena Gabanelli di ieri sera nel quale si denuncia la situazione in cui si trova la Banca Monte dei Paschi di Siena, mi ha fatto accapponare drammaticamente la pelle poichè nello sviluppo del programma emergono i connotati attuali della Fodazione e della Banca Monte che non ho mai conosciuto in tanti anni di lavoro in azienda.
Parlo di un periodo, iniziato da giovane - ancora universitario - moltissimi anni fa fino a fine carriera, conclusasi otto anni or sono, durante il quale ho appreso che certamente gli equilibri politici e sociali (Università, Diocesi e Sindacati), anche riservati (Grande Oriente d'Italia) potevano apparire complicati e non facilmente intelleggibili da parte dei non senesi come me, ma che il filo conduttore di banca e fondazione, allora un tutt'uno come ente di diritto pubblico, era il miglioramento della potenza del Monte nel'interesse sia di se spessa che della città e dei clienti.
Intendo dire che il meccanismo di governo mirava all'incremento della potenza della Banca e della Città, che l'ha portata a crescere incessantemente, assegnando peraltro ai suoi uomini di spicco tangibili, ma non esagerati, riconoscimenti.
Inoltre ho visto la "presunione" professionale di crescita al servizio sempre prima della Banca e della Città e solo conseguentemente a favore del manager stesso.
Nella denuncia di Report emerge invece una situazione in cui i riconoscimenti autoreferenziali agli uomini di governo vengono prima del raggiungimento degli obiettivi ed emergono operazioni finanziarie in Italia e all'estero di rischio assurdo, in netto contrasto con la filosofia storica di attenzione, cautela e cura del rischio.
Certamente nel passato ci possono esser state operazioni risultate pù costose e rischiose del previsto, ma circoscritte e quindi tutto sommato digeribili sotto il profilo patrimoniale in poco tempo.
Mi riferisco ad impegni nel Sistema bancario richiesti/suggeriti dalla Autorità per sanare situazioni bancarie esterne drammatiche non solo in Campania, Sicilia, ma nella stessa Lobardia; ma poi le acquisizioni volontarie più recenti  hanno mostrato qualche crepa; mi riferisco non a Banca Agricola Mantovana, ma a Banca 121 e qualche anno fa a Banca Antonveneta che ha oggi fortemente influenzato il risultato negativo sul bilancio, economico e patrimonale.
Cosa ha cambiato l'atteggiamento e l'approccio del Monte ?
Certamente l'evoluzione in banca "mista" consentito, ma non obbligatorio e l'apertura concomitante al capitale privato possono essere le origini, ma nel contempo si è rivoluzionato l'equilibrio politico e sociale che, stando alla denuncia di Report, ha invertito gli obiettivi storici del suo passato.
Anche l'estromissione di una larga fascia direttiva intermedia ha certamente favorito gli impegni ed impieghi dei giovani managers, ma ha evidentemente resa più fragile la struttura, mentre i pochi hold managers hanno tralasciato la etica storica.
Intendo dire che se sono giunti alla ribalta giovani dirigenti quarantenni, apparentemente si poteva pensare che forze giovani, avrebbero avuto più impegno per una sana crescita, ma poi in questi tempi recenti assistiamo  alla loro sostituzione con uomini più anziani (il change da Parlangeli a Pieri lo evidenzia).
Direttamente connesso è l'equilibrio instabile tra politici e dirigenti, tra Comune, Provincia e Banca e Fondazione, che con il passar degli anni si è rivelato sempre più di scarsa qualità.
Queste sono le cose emerse nella denuncia di ieri sera e questo fa ancor più male perchè sono in grande contraddizione con la genilità,l'intelligenza politica ed economica dimostrata dagli esponenti della cultura e della società senese nel tempo.
Non è stato il macchiavellismo di Siena (città di torri, di campane e di figli di.........) che mi ha sconvolto, nè la capacità di far carriera agrappandosi a più cordate, ma l'insipenza - oggi - anche di uomini insospettabili che ha infragilito la banca nata 20 anni prima della scoperta dell'America.


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