domenica, marzo 09, 2008

CAMPAGNA ELETTORALE: COMINCIANO A VOLAR GLI STRACCI

Manca poco più di un mese alla tornata elettorale generale (più altre numerose ed importanti a livello territoriale) e i buoni propositi enunciati dai vari esponenti politici cominciano ad assumere un carattere barricadiero che può attrarre l’elettorato, ma che può precludere l’obbiettivo principale che è quello di vincere le elezioni politiche e soprattutto cercare di governare bene nell’interesse del paese.

C’è innanzitutto un gran battage pubblicitario che risalta la composizione delle liste elettorali, per forza di cosa scelte dalle segreterie dei partiti, quando va bene, o da pochi accoliti negli altri casi.

Nonostante la legge elettorale in vigore è ragionevole pensare che la corsa elettorale si limiterà a soli quattro partiti o raggruppamenti di partiti per cui sarà molto probabile uno scenario, ad urne chiuse, che presenti alla Camera una maggioranza comunque chiara e netta, mentre al Senato, dove i premi di maggioranza sono attribuiti su base regionale senza quindi recupero dei resti, sarà molto probabile una maggioranza molto esigua se non addirittura opposta a quella generatasi alla Camera.

Infatti gli auspici della opposizione uscente (e spero tanto, riconfermata ) di vincere a mani basse si sta dimostrando difficilmente realizzabile nonostante i tanto strombazzati sondaggi che hanno sostenuto per venti mesi la tesi che ben l’80% degli italiani era contro il Governo Prodi.

Questa prospettiva non deve certo far abbassare la guardia ai vari contendenti che devono continuare ad agire per cercare di vincere in modo inequivocabile e netto le elezioni, ma imporrebbe per lo meno, la strategia di impostare la campagna elettorale molto più sui temi da affrontare e sulle ricette per affrontarli; questo perché la sfera di cristallo non ce l’ha nessuno ed i giudici alla fine dei conti saranno comunque gli elettori italiani e se esprimeranno il loro voto senza particolari addensamenti sui partiti o coalizioni in lizza, non sarà facile trovare una soluzione di governo che in fin dei conti è quello che interessa all’Italia.

Si parla tanto di abbattere la marea montante di antipolitica, ma le leve di attrazione o di attenzione attivata da quasi tutti i partiti o coalizioni riguardano esclusivamente la solita tecnica che evidenzia “le pagliuzze” degli avversari piuttosto che proporsi di rimuovere le travi che sono davanti a tutti noi.

Sinistra Arcobaleno, Udc e La Destra hanno cominciato il gran battage contro i due presunti big – Pd/Idv e Pdl/ed altri - sostenendo che questi vorrebbero strozzare la lotta elettorale o sostenendo la primogenitura e conseguente diritto di rappresentanza ora degli operai, ora dei cattolici ora della destra.

Di programmi invece se ne vedono pochini e se emergono appaiono molto spesso strumentali, demagogici o antistorici.

Sinistra Arcobaleno si dichiara l’unica di sinistra in rappresentanza della classe operaia: nessuno nega che la classe operaia esista e sia un ceto sociale importante, ma in realtà questa classe vota anche in altri schieramenti, compresi quelli della destra sociale e questo schieramento raccoglierà, come avviene da tempo, voti anche tra insegnanti, impiegati pubblici e privati,tecnici, imprenditori che rappresentano la media e piccola borghesia.

La realtà sociale non è più quella di un tempo dove i ceti sociali erano 4 o 5 per cui impostare oggi la campagna elettorale su questi presupposti può essere un modo per attrarre interesse e voti, ma non certo la possibilità di poter governare in prima persona.

Udc e La Destra cercano di sottrarre consensi al partito principale perché non hanno voluto, giustamente, andar sotto padrone e per controbilanciare accusano oltre che il Pdl anche il Pd di voler fare la parte del leone, ma di poste veramente poche (forse, tra una parola e l’altra, qualche idea originale esce dall’ Udc).

Il Partito Democratico è forse chiaramente impostato sui programmi sulle priorità, ma dovrebbe avere coraggio fino in fondo illustrando per bene anche le ricette, fregandosene altamente di quanto va dicendo il principale avversario: è lapalissiano che i temi principali sono senza discussione quelli enunciati anche dal Pdl; la differenza sta proprio nel modo in cui affrontarli e risolverli !

In questo contesto il rinnovamento di strategia scelto da Veltroni riguarda anche l’approccio con gli avversari (non disdegnando qualche replica quando ci vuole) perché il cambiamento sta proprio qui:
se si imposta la radicalizzazione della campagna elettorale, successivamente, nei casi di comune convergenza su temi istituzionali e costituzionali, le acidità che si sono coltivate diventano come macigni, impedendo di attuare con serenità le modifiche necessarie e tanto sbandierate da tutti.

Il Pdl invece dimostra ancora una volta il suo avventurismo politico non tanto e soltanto perché non spiega il suo programma che intenderebbe sviluppare in caso di vittoria, ma perché punta su coup de theatre – nel 2006 a Vicenza e ieri a Milano con il lancio di carte strappate – per cercare consensi.

E non è tutto qui perché questo atteggiamento è comune anche agli altri esponenti o portavoce che sparano analisi veramente impervie (come Tremonti quando mette sotto accusa l’allargamento a Wto dei paesi emergenti) e singolari che spostano comunque le responsabilità sempre al di fuori del perimetro in cui hanno operato o intendono operare; le contraddizioni poi si sprecano come quando si afferma che una situazione economico sociale come la recessione è stata un attenuante al suo operato, mentre diventa una aggravante quanto governa un altro schieramento.

Oppure quando si attaccano le istituzioni finanziarie, interessate all’evasione fiscale, perché hanno patteggiato con gli evasori, mentre si è stati in passato i sostenitori di condoni fiscali generalizzati (tra le due azioni il risultato potrà ance essere analogo – soldi subito -, ma il messaggio morale è ovviamente diametralmente opposto).

Tornando al fatto di Milano è evidente che il confronto politico in campagna elettorale stà cominciando a scadere drammaticamente perché la platealità dimostrata dal candidato premier è soprattutto di cattivo gusto, indegna cioè di un possibile futuro Presidente del Consiglio.

Non si tratta quindi di sostenere comportamenti paludati, ma evidenziare la mancanza di bon ton, nascondendo in modo evidente l’assenza di un progetto politico, una analisi sul da farsi e soprattutto sulle ricette da attuare.

Denigrare “il nemico” può avere il suo peso immediato, ma può risultare molto spesso come un boomerang che affievolisce la propria credibilità politica; si è mai domandato il Capo del Pld che cosa ne pensa il suo elettorato di riferimento degli apprezzamenti reciproci scambiati pochi mesi fa fra gli esponenti del Centrodestra ?

Capirà il suo elettorato perché l’ectoplasma Fini/An contribuirà alla nascita del partito unico (che non è più una comica finale), mentre l’altro, Casini/Udc, se ne va per la sua strada, mentre in Sicilia - ritorna sui suoi passi - rialleandosi, con l’aiuto degli Autonomisti di Lombardo ?

L’avventurismo politico sta proprio qui: non nelle singolarità o nelle originalità che si possono esprimere in campagna elettorale, bensì nel cattivo segnale di coltivare un modo di far politica che solo a parole si dichiara di voler abbattere, mentre in realtà è la prosecuzione di quello che gli italiani non sopportano più.


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