mercoledì, gennaio 11, 2012

LO SPREAD: QUESTO OGGETTO SCONOSCIUTO !

A partire dalla primavera del 2011 si è verificato un fenomeno veramente preoccupante per la finanza dello stato italiano poichè il differenziale dei tassi su titoli emessi dallo Stato Italiano a 10 anni rispetto a quelli dei titoli emessi dallo Stato Tedesco si è dilatato progressivamente sino a raggiungere livelli preoccupanti (oltre i 500 bp) in quanto questo significa - ed ha significato -  che il corso dei titoli del debito italiano già in circolazione con tasso nominale inferiore a questo spread si sono deprezzati in modo proporzionale e i detentori, i proprietari di questi titoli hanno visto deprezzarsi il loro investimento almeno in linea teorica e potenziale se non venduti prima della scadenza.
Per di più ciò significa nuovi tassi nominali molto elevati, oltre il 7%, che se perpetrati per molti mesi significa aumentare fortemente il costo del nostro debito per molti anni  venire, annullando fortemente tutti i tentativi di rimettere in sesto na nostra finanza statale.
In realtà questo "fenomeno" non è a noi sconosciuto, nè lo è per il Mercato finanziario e per tutti gli investitori possibili nella loro globalità, poichè quando i tassi correnti sono in controtendenza ai tassi fissi dei titoli in circolazione questa compensazione è un fenomeno del tutto automatico che si verifica in entrambi i casi: sia quando il tasso corrente aumenta rispetto al tasso fisso, sia quando avviene l'inverso.
Questo fatto avviene poi sopra tutto per i titoli a lunga scadenza dove la volatilità (la sensibilità) è quindi più elevata che per i titoli a breve scadenza e se a questo si aggiunge che una emissione ha entità contenute (ovvero è sottile), la variabilità del corso del titolo risulta ancora più sensibile alle variazioni dei tassi correnti.

Nel caso dello spread tra i tassi dei titoli di debito fra due stati come Germania ed Italia però sia aggiungono a questi elementi del tutto regolari e prevedibili le cause implicite che producono una differenza del tasso proposto all'investitore che portano quindi all'allargamento o meno del differenziale ovvero dello spread fra i tassi.
Nel senso che è l'affidabilità maggiore o minore dell'emittente che contribuisce alla determinazione del tasso e quindi alla differenza fra i tassi.
Dalla primavera scorsa lo spread è aumentato progressivamente poichè mentre il Mercato accettava alla Germania la proposta di titoli a 10 anni ad un tasso fisso assai contenuto, dall'Italia pretendeva tassi molto più alti (circa il 5% in più) per le nuove emissioni della medesima durata.
Questo perchè mentre la Germania aveva reagito, forse perchè punta più sul vivo, alla prima crisi della new economy del 2000, a quella dei subprime del 2007 e alla conseguente crisi economica del 2008 in modo molto più reattivo ed efficace che l'Italia; mentre questa, vuoi per sottovalutazione vuoi per incapacità politica, vuoi per la ricerca di politiche speudo liberiste,  non ha attuato politiche di rilancio adeguate.
Oggi, in questi giorni, ci stiamo stupendo che i tassi sui titoli tedeschi a breve, analoghi ai nostri, siano molto vicini allo zero, se non negativi, che i bund a 10 anni siano intorno al 2%, ma ci siamo scordati che questo evento è occorso anche ai nostri Bot;  e non sto parlando di secoli fa, ma dell'agosto 2009 quando i nostri bot rendevano lo 0,55% lordo, i Btp indicizzati a 10 anni l' 1,99%, quelli fissi al 4,05% (tutti in discesa), mentre il re dei titoli di stato, il bund tedesco a 10 anni, era al 3,26% (spread 79 bp).
Questo cosa significa ?
Non che l'Italia era nella stessa favorevole situazione economica e finanziaria della Germania, bensi che entrambi gli stati erano nella stessa simile crisi finanziaria ed economica; infatti la Germania azionava misure estremamente severe tanto da apparire esagerate  poichè aveva deciso non solo un intervento presso le banche tedesche scottate dagli effetti subprime traferitisi nel 2008 dagli Usa, ma anche una manovra finanziaria da 80 miliardi di euro in tre anni per del riprendere la rotta con decisione e riportare il debito a livelli veramente bassi e fisiologici.
L'Italia invece tramite il suo governo si è limitata ad azioni di piccolo cabotaggio rivelatesi inutili in breve tempo, ovvero negando che il paese fosse in siatuazione critica, oppure per non "mettere le mani nelle tasche degli italiani".
Quel che è poi mancata ancor di più è stata la concertazione a livello europeo delle iniziative da intraprendere sul piano economico e finanziario degli stati membri,  quasi a voler signoficare che era più che sufficiente l'unità costituita dalla moneta unica.
Per la verità alcuni Governi aveva evidenziato i pericoli, ma pagarono a caro prezzo la loro posizione nel giro di pochi anni (Schroeder).
Quel che è avvenuto lo avviamo riconosciuto tutti: quel "mal comune mezzo gaudio" tanto sbandierato si è rivelata una foglia di fico ed il Governo del NON fare ha dovuto rendere le armi.
Quel che più inquieta in questi ultimi due mesi è il fatto che si sfodera ancora una volta il "fattore spread" sostenendo che la speranza che un cambio di Governo avrebbe prodotto il suo progressivo abbassamento non si è verificata; ergo: l'aumento dello spread non era colpa del Governo dimissionario !
Penso a questo punto che si continui  a far finta di non capire: sono le mancate politiche di quando gli altri stati agivano con decisione, per cui risalire la china oggi, con un ritoardo di oltre due anni non è uno scherzo per nessuno.
Inoltre, molti lo sanno , ma nessun lo dice, due solo le cause implicite che ci impediscono di reagire con efficacia per vedere ritornare i tassi nominali e quindi lo spread a livelli del passato:
- il primo riguarda  la composizione del nostro debito; si tratta di oltre 1550 miliardi di euro con vita media di oltre 7 anni, il che significa che mediamente all'anno ne dovrebbero scadere circa 200 miliardi. In realtà nel 2012 ne scadranno molti di più - oltre 340 miliardi - e questo per effetto di una politica attuata proprio nel 2001/2002 laddove il Governo ed il Tesoro d'allora pensò bene di allungare per bene il passo alzando la durata media del debito, grazie ai bassissi tassi del momento.
Niente di più sbagliato perchè la buona vecchia regola del frazionamento del rischio impone sempre di dividere gli impegni per durata e per tipologia; per di più riemerge il fattore "volatilità" espresso in premessa che si accentua più si allunga il tempo a cui va aggiunto il fattore "sottilità" poiche le nostre emissioni pur importanti (si trata di 10/15 miliardi ogni due settimane) in un Mercato globale sono una goccia nel mare e si prestano pertanto in momenti di forte incertezza finanziaria ed economica a vari giochini da parte di investitori che cercano il loro massimo profitto.
Nel 2011 e soprattutto nel 2012 quindi accanto ad una mancata politica di rigore del Governo Italiano (almeno spero terminata) si è verificato un intasamento di debito da rinnovare, un eccesso di offerta insomma per cui la domanda ha si soddisfatto la richiesta, ma ha preteso, pian piano tassi a lungo ben più alti del passato, in contro tendenza a quelli emessi dal Tesoro tedesco o addirittura di quelli emessi dal Tesoro italiano a più breve durata.
La riprova è data dal fatto che il btp a 3 anni emessi a dicembre hanno spuntato tassi ben più bassi a quelli a 10 anni, intorno al 3,5%.
Peraltro la struttura degli altri tassi finanziari, come tasso di riferimento Bce, euribor ed Irs da 1 anno a 30 presentano saggi estremamente contenuti e compressi, quindi per nulla sintonizzati a quelli del nostro debito.
- come secondo, quel che infine è mancato,  ed in tal senso vedo che il Governo in carica cerca di provvedervi con decisione e velocità, è stata la concertazione delle politiche fra gli stati europei, Germania, Francia e Italia in primis per cui ogni stato è andato per i fatti suoi, forse perchè è nel dna dei Governi di centrodestra,  non pensando che l'unione fa sempre la forza, per cui nei momenenti difficili stare sul Mercato in ordine sparso si presta, come  abbiamo visto progressivamente accadere, ad accacchi speculativi che si insinuano nelle differenze, nei punti deboli di ogni economia europea, non trattandola come una economia continentale, ma come una sommatoria di ecomomie slegate fra di loro.
Se andiamo a vedere i "fondamentali" dell'economia europea presi nel loro complesso non sono poi così dissimili - e soprattutto non sono cosi' indecenti - rispetto alle altre economie come quella del Regno Unito, degli Usa o del Giappone.
Il Governo passato di questo non si è occupato nè preoccupato, occupandosi più dell'apparire che dell'essere, anche per effetto della propria fragilità interna politica oltre a quella economica, finanziaria e sociale.
La proposta dell'euro bond fatta dal precedente Ministro del Tesoro Tremonti non era certo una idea peregrina sulla quale far convergere gli altri stati europei, ma andava fatta da una posizione di forza che implicasse una situazione finanziaria dello stato italiano inattaccabile ed una economia i crescita decisa.
Per di più si sbandierava una situazione finanziaria sotto controllo, ma a questo fatto i principali partner europei - a ragione - non ci hanno creduto, visti i postfatti.
Farla da una posizione di debolezza lasciava la scusa agli stati più forti come Germania e Francia di chiamarsene fuori, rifiutandosi di accollarsi parte del costo del nostro debito provocato da sperpero, malgoverno, e spesa allegra.
Un pò come sta cercando di fare il Regno Unito che tiene il piede in due staffe (sta nella Ue ma non nell'euro) perchè stenta ad accettare politiche comunitarie coordinate che peraltro non vede, confidando  nel fatto di essere uno stato virtuoso ed  una "piazza" finanziaria di primo piano e quindi al riparo da eventuali speculazioni (se non uno dei centri di speculazione).
Oggi che il Governo in carica ci ha messo un bel tappo, si presenta con l'attuazione di politiche di assoluto rigore e si appresta a ricercare linee di rilancio e crescita della economia interna;  l'iniziativa va ripresa con decisione perchè la strada dell'unione è imprescindibile e su questo non possono giocare elementi fuorvianti come alcuni eventi elettorali di Germania e Francia che potrebbero essere di intralcio sia alle strade di politica comunitaria più logiche che agli stessi interessi dei loro connazionali.
La situazione resta critica per l'Italia se non si passa alla fase della crescita, ma lo sta diventando anche
per Francia e soprattuto Germania che non si può crogiolare sul fatto che l'efficenza e l'efficacia teutonica possa portare comunque vantaggi ai nostri partner d'oltralpe.
Germania e Italia sono i primi esportatori d'Europa e per di più sono i primi partner reciproci per cui se l'Italia non cresce non può soddisfare la domanda tedesca, ma per converso se non cresce non può nemmeno accogliere l'offerta tedesca.
Intendo dire che l'Italia può e deve crescere sia per consumi interni che per quelli esterni (tra cui la Germania), ma se non cresciamo si rischia di asciugare ciò che la Germania ci offre in termini di beni e servizi.

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