sabato, gennaio 05, 2008

LEGGI ELETTORALI E GOVERNABILITA’

Dalla nascita della Repubblica il sistema elettorale italiano, fatta eccezione per il tentativo avvenuto nel ’54 con la cosiddetta “ Legge Truffa” abortito sin sul nascere per effetto di forti contestazioni, è rimasto sostanzialmente invariato sino ai primi anni 90, quando si è proposto ed approvato con apposito referendum una legge maggioritaria.

I motivi che hanno portato a questo primo cambiamento sono spiegati dal fatto che dopo molti anni non vi era più un partito di maggioranza assoluta o relativa come la Democrazia Cristiana, ma da almeno 20 anni si parlava di alleanze più o meno estese (dai monocolore, ai pentapartiti, agli appoggi esterni e via dicendo) che ne bene e nel male hanno governato e fatto progredire il paese.

Una caratteristica ha sempre contraddistinto comunque i governi susseguitisi alla guida del paese: che si trattasse di monocolori o di pentapartiti la vita media dei governi fu assai contenuta (quando 9, quando 13 o 18 mesi, quando governi balneari) e le legislature non duravano quasi mai i 5 anni previsti per effetto sia di divergenze politiche fra le varie anime della Democrazia Cristiana (correnti) sia per le crisi parlamentari che potevano essere ricondotte ai vari partiti delle alleanze che di volta in volta nascevano, crescevano e morivano.

Una governabilità davvero singolare comunque consentita da governi con vita media breve e tollerata o accettata dal corpo elettorale e dagli italiani.

Molto probabilmente la minor velocità delle evoluzioni economiche e sociali, rispetto alle attuali, potevano consentire un modus operandi come questo, ma soprattutto si trasformò in un assetto bloccato, con patti e contro patti più o meno palesi e leciti, che erano sempre meno adeguati ad operare in una società che si stava evolvendo a ritmi sempre più veloci.

La caduta del muro di Berlino e quella susseguente dell’ URSS da un lato lo scandalo “mani pulite” dall’altro hanno rimescolato radicalmente lo scenario politico italiano con la liquefazione di partiti storici e la nascita di nuovi e vi è stata sempre più convergenza e consapevolezza che occorreva raggiungere un modello politico bipolare che poggiasse sul principio dell’alternanza del potere di governo.

Il tipo di governabilità sviluppata dal dopoguerra era stata comunque in grado di rilanciare il paese, di tirarlo fuori dalle secche da crisi petrolifere e da diversi lustri di inflazione galoppante, ma aveva appesantito soprattutto dall‘ 83 in poi il bilancio dello stato sino a raggiungere livelli di debito enormi, ben superiori alla ricchezza prodotta ogni anno dagli italiani ed ecco perché occorreva ricercare un modello di governabilità che fosse più stabile e duraturo per perseguire una politica che da un lato procedesse al ridimensionamento del debito statale e dall’altro fosse adeguato alle sfide che l’economia mondiale imponeva anche al nostro paese.

L’obbiettivo del bipolarismo è stato senza dubbio raggiunto, ma la stabilità politica e soprattutto la governabilità – anche per i governi durati tutta la legislatura – invece no; infatti la governabilità si può verificare solo e soltanto con i risultati le la politica produce per tutta la collettività e le lo stato.

Si pensi soltanto al debito dello stato: sono ormai quasi 10 anni che è stato ricondotto in uno dei parametri di Mastricht (1°3% del Pil) ed i governi succedutisi non sono stati capaci –con il sostegno delle maggioranze parlamentari relative – a ridurlo perlomeno del 10% (l’uno per cento all’anno sono circa 15 miliardi di euro); si son fatte finanziarie più o meno pesanti, sono rifrullati miliardi di euro come fossero noccioline, ma risultati concreti zero.

Certamente occorre tener presente dei problemi contingenti, ma se l’obbiettivo è ottenere risultati positivi, questi non possono essere degli alibi per non raggiungerli mai; si potrà discutere del modi di come raggiungerli, ma alla fine, i risultati non devono assolutamente mancare.

Governabilità poca, quindi, perché di altri esempi se ne possono individuare a bizzeffe.

E non c’entra nulla la durata della legislatura e del governo poiché anche il precedente, pur con larga maggioranza, ha obiettivamente manifestato scarsa governabilità poiché non ha raggiunto gli obbiettivi dichiarati, ma ha galleggiato in modo poco produttivo.

Anche l’ultimo cambiamento della legge elettorale avvenuta nella primavera del 2006 non ha prodotto assolutamente governabilità perché il confezionamento della legge mirava – è nei fatti - più a prevedere o ipotizzare un risultato elettorato auspicato, piuttosto che individuare un modello che funzionasse adeguatamente per creare governabilità.

E non centra nulla il fatto che la coalizione di maggioranza attuale sia più articolata di quella di opposizione, la quale si sarebbe trovata anch’essa in forti difficoltà se il risultato fosse stato l’opposto.

Ora si parla di nuova legge elettorale accompagnata da adeguati e coerenti modifiche istituzionali o costituzionali; si parla di sistema tedesco, di sistema francese, di sistema ibrido (tedesco con correzione spagnola) con conseguenti schermaglie poste, come veti, da questo o quel partito per cui se ne parla molto, ma solo da pochi giorni la commissione ha portato in aula un disegno di legge, sul quale nascono aggregazioni più i funzione di propri interessi (compreso quello di mettere in difficoltà il governo in carica), lasciando chiaramente intendere che una convergenza non sarà certo facile (anche se il referendum in materia incombe).

I partiti, quasi tutti, confidano in cuor loro che tutti cambi perché nulla cambi: infatti l’ammissibilità del referendum e la consultazione conseguente non darà al paese un modello elettorale talmente efficiente da produrre governabilità per il semplice motivo che anch’esso poggia su basi troppo fragili.

L’efficienza e l’efficacia di un sistema elettorale è a prescindere dai partiti esistenti in quel momento sulla scena politica perché se, nella discussione, si pensa alla diretta convenienza (o sconvenienza) delle nuove regole per il proprio gruppo si perde di vista l’obbiettivo principale che è invece la governabilità; si confonde in buona sostanza questo termine con la rappresentatività, che è un’altra cosa.

La rappresentatività si raggiunge infatti con i programmi, con le alleanze, con candidati credibili (e soprattutto con i voti ottenuti) e non con la parcellizzazione del panorama partitico che porta, l’abbiamo visto, alla paralisi delle istituzioni.

La cartina di tornasole è costituita dall'esperienza di altre democrazie europee dove non occorre non occorrono maggioranza bulgare per governare (bastano quelle relative) e dove comunque l'opinione pubblica non fa sconti a nessuno (Francia compresa).

La vecchia legge elettorale del dopoguerra non andava più bene perché si è allargato il ventaglio dei partiti con rappresentanza parlamentare, ma quando fu istituita l’obbiettivo era quello della governabilità non della rappresentatività (i partiti civetta sparirono come neve al sole); così pure il sistema elettorale francese sorto nel 1948 aveva ed ha l’obbiettivo della governabilità ed ha imposto una semplificazione del quadro politico che non ha certamente ridotto la rappresentanza degli eletti e degli elettori.

Il timore quindi che possano essere adottati modelli che riducano la rappresentatività non esiste; esiste, qualsiasi sia il modello adottato o adottabile, la necessità di aggregare forze politiche omogenee, ma se le omogeneità non sono possibili ciò significa che ci si avvicina molto alle individualità e con queste non penso proprio si possa ottenere governabilità.

Di progetti non ce ne sono poi molti sul tavolo: soltanto il Partito Democratico ha esposto la sua proposta che ribadisce il principio del bipolarismo maggioritario per ottenere governabilità ed in prospettiva un rafforzamento ulteriori di questo modello, una volta modificato l’assetto delle due Camere, con l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Su questa proposta tutti assentono o dissentono pensando rigorosamente al proprio orticello pensando a machiavellismi che verrebbero da un partito che non ne può assolutamente fare visto che è l’unico che non ha passato – vista la sua recente nascita – il vaglio della prova elettorale.

Il partito potrà certamente auspicare a diventare una forza di governo, ma ora va apprezzata la buona volontà di proporre una formula che possa dimostrare la sua efficacia nel tempo.

Non so dire se questa proposta sia la migliore, ma è certo che il dibattito sul tema deve decollare senza alcuna riserva mentale. Nel va appunto della governabilità e del futuro del paese.

Nessun commento: